Alla sua prima partecipazione a un Mondiale, dopo la sconfitta all’esordio con l’Olanda, gli arabi raggiungono gli ottavi di finale. E segnano il gol più bello del torneo
di Stefano Ravaglia
“Non qualificata”, “Non partecipante”. Questo era il vero deserto arabico, peggio di quello che si estende sulla penisola per più di due milioni di chilometri quadrati. Era la casella delle presenze a un Mondiale di calcio: nessuna. Almeno fino al 1994, anno dei Mondiali americani e della prima volta dell’Arabia Saudita che azzerò così quella infausta casella. Il 18 maggio 1993 la nazionale di Jorge Solari, soprannominato “El Indio”, zio di Santiago, futuro interista, e discreto centrocampista in particolare del River Plate nei Sessanta, batte 2-0 a Ryadh il Kuwait nella sfida decisiva per il primo posto del girone di qualificazione al secondo turno. Dove in un maxi gruppo con le due Coree, il Giappone, l’Iran e l’Iraq, arriva anche qui prima senza perdere una partita. Una strada verso l’America straordinaria, con zero sconfitte e tante speranze. Alla nazionale araba è infatti toccata la medaglia d’argento nella Coppa d’Asia di due anni prima (sconfitta dal Giappone 1-0 nella finalissima) e due anni dopo quel primo Mondiale arriverà il riscatto, con il terzo successo nella competizione.
Negli Stati Uniti, tutti i giocatori che militano nei “Leoni del deserto” giocano in patria. L’età media è bassa e spicca solo il trentaquattrenne Majed Abdullah, veterano della compagnia e miglior marcatore della storia della nazionale verde. Sono anni di grandi investimenti laggù: Re Fahd rispondeva al dominio di Kuwait e Iraq nel panorama calcistico del Golfo Persico a suon di petroldollari, costruendo un grande stadio a Ryadh con 67.000 posti tutti al coperto e generando quella che in futuro diventerà la Confederations Cup: la King Fadh Cup. La nazione ospiterà nel 1989 anche i Mondiali Under 20. Il girone ai Mondiali dei grandi invece, è difficile ma non impossibile: ci sono confinanti Olanda e Belgio, e il Marocco. L’esordio al RFK Stadium di Washington, ore 12.30, ma santificata fu la copertura dello stadio che consentì un evento al coperto, contro l’Olanda è sfortunato. Passata in vantaggio con un colpo di testa del baffuto Amin, gli olandesi pareggiano con una botta terrificante di Jonk dalla distanza. A quattro minuti dal termine, il subentrato Taument insacca di testa dopo una disgraziatissima uscita di Al-Deayea. Per gli arabi era già un successo esserci al Mondiale, e si pensa che le due partite con Marocco e Belgio siano solo altre due esibizioni da giocare per la gloria. Il 25 giugno 1994 invece l’Arabia Saudita torna subito in corsa per la qualificazione vincendo la prima, storica partita ad un Mondiale: il Marocco è battuto 2-1 grazie al calcio di rigore trasformato dal “Platini del deserto”, Sami Al-Jaber, e al gol del 2-1 di Amin (dopo il momentaneo pareggio marocchino di Chaouch) piuttosto audace e rocambolesco, ossia una conclusione a effetto dalla grande distanza che trova totalmente impreparato l’estremo difensore del Marocco Azmi, considerevolmente colpevole della beffa.
L’ultima partita con il Belgio è quella decisiva. E sugli scudi, questa volta, ci va il numero dieci, Saeed Al-Owairan. Una storia curiosa la sua. Preso il pallone più o meno all’altezza della sua trequarti, il nostro fa il Maradona e punta centralmente verso la porta, saltando quattro avversari e infilando Preud’Homme in uscita. Proprio il portiere che al termine del torneo si aggiudicherà il “Premio Yascin”. Un gol strepitoso, forse il più bello dell’intero torneo. “Un gol che mi ha rovinato la vita e mi ha aperto le porte del carcere”, dirà invece il diretto interessato anni dopo al “New York Times”. Nel febbraio del 1996 infatti il giocatore viene arrestato in Egitto all’uscita da un locale dopo esserla spassata con due ragazze russe e alcuni conoscenti, in balia del delirio di onnipotenza e di fama scaturito da quella prodezza. Tre anni di carcere e squalifica dai campi, ma in realtà l’anno di reclusione sarà soltanto uno. Nel 1998, trentenne, giocherà, senza raggiungere nemmeno lontanamente le vette americane, un altro Mondiale in Francia. E come finì invece il Mondiale americano dei sauditi? Agli ottavi di finale la Svezia li eliminò nei novanta minuti, vincendo 3-1. Poco male: gli svedesi alla fine arriveranno terzi, permettendo agli arabi, seppur in negativo, di dare un senso a quella sconfitta. “El Indio” i suoi ragazzi, soprattutto il “Maradona del deserto” Al-Owairan, avevano fatto decisamente abbastanza.