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30 anni fa debuttava lo show che ha rivoluzionato il racconto del calcio in TV: te lo ricordi?

“Quelli che il calcio” il mix perfetto di comicità, varietà e cronaca sportiva che ha rivoluzionato il racconto del nostro calcio in televisione

Era un afoso pomeriggio di fine settembre, l’anno 1993. L’Italia del pallone stava vivendo una stagione di grandi cambiamenti: gli anni d’oro di Maradona erano ormai un ricordo, Capello e il suo Milan stavano dominando in Italia e in Europa. In questo scenario di novità irrompeva in tv un esperimento senza precedenti: alle 14.25 di quel 26 settembre debuttava su Rai 3 “Quelli che il calcio”. Un’ora e mezza di puro divertimento in cui il gioco più amato dagli italiani veniva raccontato in modo ironico e scanzonato, tra sketch comici, ospiti vip e collegamenti dai campi. Un mix rivoluzionario che conquistò subito il pubblico, trasformandosi in un appuntamento imperdibile della domenica pomeriggio.

Siamo nei primi anni ’90, il calcio italiano vive una fase di profondo cambiamento. In Rai c’è una persona, Angelo Guglielmi, che più di ogni altro sta plasmando l’identità del terzo canale. Un direttore innovativo, pronto a nuove sfide. È lui ad avere l’intuizione: realizzare un programma che unisca comicità, musica e sport, tre ingredienti mai mescolati prima. Per la conduzione pensa inizialmente a Dario Fo, nome di spicco del panorama culturale, che di lì a poco avrebbe vinto il Nobel. Il titolo non poteva che essere un omaggio a una vecchia canzone di Enzo Jannacci. Quando il 26 settembre 1993 va in onda la prima puntata di “Quelli che il calcio”, nessuno può immaginare che sta nascendo un format destinato a fare la storia della TV italiana.

Siamo nella frenetica vigilia del debutto. Negli uffici Rai fervono i preparativi, si limano i dettagli del nuovo esperimento televisivo. Per la conduzione Guglielmi aveva adocchiato Dario Fo, figura eclettica capace di unire cultura e intrattenimento. Ma quando gli autori lo contattano, la reazione dell’artista spiazza tutti. Secondo la versione di Marino Bartoletti, fu rifiuta sdegnato: “Il mio Dario una stronzata così non la farà mai”, avrebbe sentenziato la moglie Franca Rame. Risate in saletta, sconcerto nei corridoi Rai. Alla fine la scelta cadrà su un volto poco conosciuto, Fabio Fazio. Sarà lui il timoniere del vascello “Quelli che il calcio”, pronto a salpare verso lidi inesplorati.

Siamo agli sgoccioli, manca poco al debutto di Quelli che il calcio ma la conduzione è ancora un’incognita. Dopo il rifiuto di Fo, la palla passa a Bartoletti e Bruno Voglino. I due optano per Fabio Fazio, giovane volto Rai fino ad allora relegato ai programmi per ragazzi. Una scommessa rischiosa che lascia perplesso Guglielmi: “Ve ne assumete la responsabilità, secondo me questo Fazio non buca”, tuona il direttore. Gli autori tirano dritto, convinti della loro scelta. In quello studio 3 arriverà un conduttore ancora acerbo, che negli anni si rivelerà una colonna portante del programma. Le resistenze iniziali lasceranno presto spazio al successo di pubblico.

È il giorno della prima. C’è fermento nello studio 3, tra poco partirà la sigla di “Quelli che il calcio”. Il debutto di un esperimento senza precedenti, con una grande incognita: la Rai non può trasmettere le partite in diretta. Come raccontare la domenica di Serie A? La soluzione è creativa: inviati negli stadi, opinionisti e ospiti vip in studio commenteranno live le azioni salienti. Un modo nuovo di vivere le emozioni del campo, tra ironia e leggerezza. Una scommessa vinta: gli spettatori si appassionano a questa insolita trasmissione. L’ingrediente segreto è lo stile scanzonato, lontano dalla rigida narrazione tradizionale. È la ricetta vincente di un programma che entra nella storia della TV.

Si alza il sipario sulla prima stagione di Quelli che il calcio. Per raccontare le gesta dei campi arrivano in studio due voci storiche: Nando Martellini e Sandro Ciotti. Sono loro ad aver narrato per anni le imprese del pallone alla radio, quando ancora la tv calcistica non esisteva. Inviati d’eccezione per sperimentare un nuovo modo di vivere la domenica di Serie A. Col passare delle stagioni il testimone passerà però a volti noti dello spettacolo, tra comicità e gag. Ma nei momenti chiave torneranno le voci di Tutto il calcio minuto per minuto. Come nell’anno dei trionfi delle romane, o nel famigerato 5 maggio 2002, quando l’Inter gettò al vento lo scudetto e la Juve festeggiò incredula. Attimi entrati nella leggenda del calcio italiano.

Il match sta per iniziare, le telecamere inquadrano le tribune gremite. Sui maxischermi scorrono le formazioni, l’adrenalina sale. Ma le immagini si fermano qui, il campo resta un miraggio. Tocca alla voce degli inviati dipingere le azioni salienti. In studio il clima è scanzonato: ospiti, comici e giornalisti commentano e scherzano, tra pronostici azzeccati e autogol dialettici. Nel frattempo in giro per l’Italia i cronisti seguono eventi di ogni tipo, anche i più bizzarri. Un turbinio di contenuti in cui lo sport fa da collante. Un mix riuscito, capace di appassionare i tifosi ma anche chi al pallone proprio non ci pensa. È la ricetta perfetta che ha decretato il successo di “Quelli che il calcio”.

È il giorno del debutto in studio, l’atmosfera è elettrica. Bartoletti e Carlo Sassi, abituati al rigore della Domenica Sportiva, si guardano perplessi. Fazio è un volto nuovo, finora relegato all’intrattenimento per ragazzi. Riuscirà a gestire un programma così complesso? I dubbi iniziali svaniscono presto. Già alla terza puntata Sassi si ricrede: “Mi scuso Fabio, non credevo fossi così bravo”. Il timoniere dimostra di saper navigare a vele spiegate tra comicità e dati tecnici, senza snaturare la sacralità del pallone. È l’alchimia perfetta tra leggerezza e professionalità che conquista il pubblico. “Quelli che il calcio” decolla, grazie anche all’intuito di chi credette in quel conduttore acerbo dagli esordi difficili.

Fazio è consapevole che il nuovo programma parte svantaggiato: “Era nato senza speranze, la domenica pomeriggio Rai 3 faceva il 5-6%”. Un esperimento dal futuro incerto, tra scetticismi e pronostici negativi. E invece già dalla prima puntata la scommessa vince: il pubblico apprezza la formula innovativa tra calcio e varietà. Gli ascolti crescono stagione dopo stagione, nonostante i continui cambiamenti. Poi nel ’98 il passaggio su Rai 2 consacra definitivamente il successo: picchi di oltre 7 milioni di spettatori. “Quelli che il calcio” entra nell’olimpo della tv italiana, smentendo chi non ci aveva creduto. Un trionfo costruito puntata dopo puntata.

Sono passati 30 anni, ma i volti di Quelli che il calcio rimangono indelebili nella memoria degli spettatori. Come dimenticare le maschere di Teo Teocoli, i siparietti di Anna Marchesini, l’Atletico Van Goof del presidente-cantante Peter Van Wood? E ancora, il tifoso bianconero Idris, Paolo Brosio, Suor Paola… Una galleria di personaggi bizzarri capaci di dare un tocco di leggerezza al racconto del pallone. Poi le mille iniziative folli, come la squadra di calciatori-attori allenata da Luigi Maifredi per riproporre dal vivo i gol della Serie A.

È l’alba del nuovo millennio, in Rai tira aria di cambiamento. Dopo un decennio da timoniere Fazio lascia il timone del programma che lo ha lanciato, per dedicarsi a nuove sfide. Al suo posto arriva Simona Ventura, volto fresco e di rottura. Gli ascolti restano alti, tra gag e nuovi personaggi, ma incombono le prime nubi. Il calcio sta mutando: le pay-tv frammentano il palinsesto, le partite non sono più concentrate solo di domenica. Diventa complicato raccontare uno sport dai ritmi frenetici. Dopo anni d’oro, Quelli che il calcio deve reinventarsi per non essere sopraffatto dalla rivoluzione televisiva. Una sfida complessa, che segnerà gli anni a venire.

Gli anni 2000 segnano l’inizio del declino. Le partite perdono centralità, il focus si sposta sull’intrattenimento puro. Da fedele compagno di viaggio la componente calcistica diventa un contorno sacrificabile. Snaturando così l’idea originale del format. Dopo Ventura si alternano al timone Victoria Cabello, Nicola Savino, Luca Bizzarri, Paolo Kessisoglu e la Mia Ceran: volti noti che non riescono però ad arrestare il declino. Gli ascolti calano inesorabilmente fino alla chiusura nel 2021. È la parabola discendente di un programma che ha fatto la storia della tv italiana. Vittima dei nuovi ritmi del pallone e di una rivoluzione televisiva inevitabile.

A proposito di Cristian La Rosa

Cristian La Rosa. Classe ’76, ama il calcio e lo sport in generale. Segue con passione il calcio internazionale e ha collaborato con alcuni web magazine. È il fondatore, ideatore ed editore.

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