Atletico Catania: quando i tifosi scendono in campo

Nella cittadina etnea, i sostenitori sono stati ben più del “dodicesimo uomo in campo”: disputando un buon numero di partite, hanno evitato la radiazione della compagine.

di Giuseppe Livraghi

Ormai è luogo comune affermare che la tifoseria è il “dodicesimo uomo in campo” delle compagini calcistiche, in quanto il supporto dei propri tifosi è un importante aiuto per il morale e per l’autostima dei calciatori.

Alcune compagini hanno costruito (e altre costruiranno) le proprie fortune nelle gare interne, ove il calore dei sostenitori mette in crisi gli avversari e le ali ai beniamini di casa. Valga ad esempio il quasi inespugnabile stadio degli argentini del Velez Sarsfield: benché ufficialmente denominato “José Amalfitani”, è universalmente ed informalmente noto quale “El fortin” (il fortino, dato quanto sia arduo uscirne con un risultato positivo).

Ma nella scorsa stagione si è avuto un caso ove i tifosi non sono stati il “dodicesimo uomo” in senso figurato, bensì sono consistiti in tutti i giocatori del sodalizio, scendendo in campo e difendendo i colori della loro squadra del cuore: ciò è accaduto in Sicilia, per la precisione nella società dell’Atletico Catania. La compagine etnea, seconda realtà calcistica cittadina (ma per alcune stagioni, nella seconda metà degli Anni Novanta, prima squadra, viste le disavventure del più blasonato Catania 1946, impegnato nella risalita dai campionati dilettantistici, dopo la radiazione dell’estate 1993), si presenta al campionato di Eccellenza da compagine neopromossa, ma con l’intento di far bene.

Dopo 13 giornate, la squadra ha all’attivo 13 punti, frutto di 3 vittorie, 4 pareggi e 6 sconfitte, con 9 reti realizzate e 14 subite, occupando una posizione di classifica magari non entusiasmante, ma in piena corsa per la conquista della permanenza nella massima categoria regionale. Ad un tratto, però, succede qualcosa.

Vista la difficile situazione finanziaria, la dirigenza si defila, i giocatori se ne vanno (ad eccezione di qualche ragazzo delle giovanili), il che fa presagire che la fine della compagine della città del “liotru” (“l’elefantino”, con riferimento alla famosa statua posizionata nel complesso di una bella fontana cittadina) sia quella conosciuta in precedenza da varie società, cioè quattro forfait (a causa dell’assenza dei calciatori) e la successiva radiazione.

E qui entra in scena l’amore per la propria squadra, unito alla voglia di non cedere: i tifosi si tesserano, scendendo in campo, onde evitare la radiazione, pur consapevoli d’andare incontro a goleade. Così è: la prima partita dell’Atletico “tifoso” si conclude con una sconfitta per 1-8 sul campo del Catania San Pio X (che in realtà gioca nella limitrofa Mascalucia), quindi, in successione, arrivano altri nove capitomboli: 0-9 in casa col Biancavilla, 0-5 in casa col Giarre, 0-7 in trasferta col Pistunina, 0-5 in casa con l’Adrano, 1-14 in trasferta col Camaro, 0-5 in casa col Paternò, 0-8 in trasferta col Sant’Agata di Militello, 0-4 in casa col Città di Messina e 1-6 a Ragusa.

Quando sembra che la stagione debba essere un calvario del quale si spera giunga presto la conclusione, si ha, invece, il colpo di scena: dalla vicina Acireale arriva un “cuore atletista” di vecchia data, l’avvocato Vincenzo Drago, che diventa presidente, ricostruendo la società. In fretta e furia (ma con grande perizia) viene assemblata la squadra, guidata dall’esperto bomber (con trascorsi anche in Serie A) Giorgio Corona: l’obiettivo è evitare la retrocessione diretta, per poi giocarsi la permanenza ai play-out.

I tifosi, fondamentali per evitare la radiazione (e grazie al cui “sacrificio” si è guadagnato tempo, in attesa di una nuova dirigenza poi effettivamente arrivata), sono ben lieti di tornare sugli spalti, incitando i beniamini rosso-azzurri.

La prima partita del ritrovato Atletico, ironia della sorte, viene rinviata per l’impraticabilità del campo catanese di “Zia Lisa”: il confronto con l’ostico Rosolini, originariamente in programma il 25 febbraio, viene rinviato al successivo 14 marzo. Perciò, il debutto degli atletisti ha luogo proprio nella vicina Acireale (da dove è giunto – o meglio, tornato – il presidente Drago): la sconfitta per 1-2 col Real Aci dimostra che, una volta trovato (velocemente) l’amalgama, l’Atletico potrà giocarsi la permanenza.

Da lì in poi si assiste alla risalita degli “elefantini” etnei: 3-1 fra le mura amiche dello “Zia Lisa” nello scontro diretto con l’Avola (con l’intramontabile Corona che realizza la terza rete con un calcio di punizione “da manuale”), 1-0 interno nel recupero col Rosolini, 1-1 in trasferta col Caltagirone, 0-1 casalingo con l’ostico Scordia (terza forza del campionato) e decisivo 3-1 interno con il Catania San Pio X, successo che vale la matematica qualificazione a quei play-out che fino ad un mese prima sembravano una chimera.

La successiva sconfitta (0-3) all’ultima giornata sul campo del Biancavilla interessa solo la statistica. L’avversario nel play-out “secco” (con gara di sola andata) è il Caltagirone, squadra che potrà contare sul fattore campo, per via del miglior piazzamento in campionato.

La gara dello stadio “Pino Bongiorno” è sconsigliata ai deboli di cuore: l’Atletico passa a condurre al 18′, grazie ad un incredibile errore del portiere avversario Polessi, che si lascia sfuggire un innocuo traversone, ma i padroni di casa pareggiano già al 21′ con Genovese. Pochi minuti dopo (28′) un destro di “Re Giorgio Corona riporta avanti gli etnei, che chiudono la prima frazione in vantaggio per 2-1. Nella ripresa, il Caltagirone impatta con Floridia al 55′: il pareggio porterebbe le due squadre ai tempi supplementari, che in caso di ulteriore parità darebbero la salvezza ai calatini (per via del miglior piazzamento nella stagione regolare).

Invece, negli ultimi scampoli di gara accade di tutto: al 90′ Gallipoli (entrato da soli otto minuti) insacca il nuovo vantaggio atletista su un’azione derivante da calcio d’angolo, quindi al 98′ il Caltagirone spreca l’occasione del possibile pareggio con Italiano, che centra la traversa da un metro dalla linea di porta.

La gara finisce, quindi, col meritato successo per 3-2 dell’Atletico, bravo e caparbio nel raggiungere una salvezza che vale quanto una promozione: soddisfazione immensa per il gruppo rosso-azzurro che, una volta giunta la nuova dirigenza, ha marciato compatto verso quel sogno che pareva irrealizzabile. I meriti vanno, ovviamente, divisi tra tutti i componenti del clan del “liotru”: la dirigenza guidata dal presidente Vincenzo Drago, i giocatori (che hanno effettivamente conquistato la permanenza), lo staff, tutti i collaboratori, oltre (ultimi ma non ultimi) i tifosi.

Quei tifosi che, una volta “svanita” la precedente dirigenza, si sono messi in gioco, scendendo in campo, evitando che l’Atletico venisse radiato e (col senno di poi) consentendo di “prendere tempo”: senza la loro iniziativa, infatti, il club atletista sarebbe stato cancellato, quindi non si sarebbe assistito né all’arrivo della nuova dirigenza, né all’arrivo dei “veri” giocatori, né (ovviamente) alla meravigliosa salvezza. Varie volte si sente affermare che un gruppo è compatto: in questo caso, la frase è totalmente azzeccata, poiché tutto l’ambiente dell’Atletico ha dato tutto (e anche di più), restando coeso fino al raggiungimento della permanenza.

Stiamo parlando “solo” di Eccellenza? No, stiamo parlando di valori: e i valori vanno ben oltre le categorie.

Congratulazioni, Atletico Catania: chi ama il calcio non può che essere felice per questa storia a lieto fine.

 

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