Ventisette anni fa, il 20 maggio ’92, il sogno infranto dei blucerchiati. In finale di Coppa dei Campioni decide “Rambo” Koeman
Luca Garbarino, tifoso blucerchiato, quel giorno c’era. E visse quel 20 maggio 1992 da molto vicino:
“In quei giorni avevo vissuto il massimo che un sampdoriano traslocato a Londra potesse sognare: una finale a Wembley, il vecchio mitico Wembley. Grazie a mio cognato, vecchio amico di Domingo Arnuzzo, ero infiltrato all’Hide Park Hotel dove soggiornava la Samp alla vigilia della finale. All’epoca solo poche edicole vendevano la Gazza, una era nella City. Arrivai nella hall dell’albergo, i miei eroi erano lì, sereni. Mi siedo su una poltrona vicino al grande Vialli, mi guarda, mi chiede “È di oggi?” rispondo “Sì!”, eccitato gliela passo. La apre, sfoglia due pagine e mi chiede “Hai una siga?” “Certo!”. Che bel momento, peccato che dopo un attimo Vujadin passasse di lì e redarguì Luca (mi sentii in colpa…)”.
Non era mai capitato prima, non è più capitato dopo e chissà quando e se capiterà in futuro. La Sampdoria, la Genova blucerchiata e i suoi tifosi trasferiti in massa a Londra, nella terra dei padri fondatori del football per vivere la finale della Coppa dei Campioni contro il grande Barcellona di Cruijff.
I quattro anni di dominio del nuovo Milan sacchiano che avevano cambiato non solo le gerarchie ma anche il modo di fare calcio in Italia e in Europa, non avevano certo offuscato l’intero dominio continentale delle italiane, negli anni d’oro del pallone italico. Due coppe dei Campioni nel 1989 e 1990, l’Intercontinentale e la Supercoppa Europea per i rossoneri. Nell’anno dei Mondiali italiani il paese aveva poi fatto il tris vincendo tutte e tre le coppe europee, e proprio la Sampdoria era stata una delle tre regine, facendo sua la Coppa delle Coppe a Goteborg con l’Anderlecht.
Nel 1991 Inter e Roma si erano anche contese la Coppa Uefa, finita ai nerazzurri. E in campionato, dopo lo scudetto dei record dei nerazzurri e quello del Napoli di Maradona, era arrivato il sorprendente titolo della Sampdoria di Boskov. Ma solo fino a un certo punto: squadra validissima, con la coppia-gol Mancini-Vialli, Pagliuca in porta, e soprattutto una ossatura costruita nel tempo: Vierchowod, Mannini, Pari, Katanec Invernizzi e Lombardo, tutti arrivati tra il 1981 e il 1989, e un presidente, Paolo Mantovani, che evoca ancora una volta quel calcio romantico ormai definitivamente archiviato. La squadra aveva vinto anche tre Coppe Italia in poco tempo, nel 1985, nel 1988 e nel 1989.
In quel giorno di maggio in Inghilterra sarebbe stata comunque la prima volta: nemmeno il Barcellona era mai riuscito a vincere quel trofeo che aveva perso due volte in finale contro il Benfica (1961) e la Steaua Bucarest (1989). Johan Cruijff, dopo la diaspora all’Ajax che chiuse il ciclo di quella storica squadra che segnò gli anni Settanta, approdò al Barcellona prima da giocatore e poi, nel 1988, da manager. E col suo calcio basato sullo spettacolo e il possesso palla, aveva portato i catalani al terzo tentativo di conquista nell’Europa che conta.
Il nostalgico Zubizzarreta tra i pali, la diga Koeman che agiva praticamente da centromediano metodista data la linea difensiva alta del Barça, Guardiola in cabina di regia, e il “falso nueve” Laudrup davanti, con Stoichkov e Salinas a pungere. Cruijff rivoluzionerà il club: sarà lui a puntare sul settore giovanile e su un metodo di gioco che parta sin dalle nuove leve della squadra, e grazie a questa filosofia il Barcellona vanta una storia di successi negli ultimi quindici anni non paragonabile a quelli ottenuti in tutto il resto della sua storia.
La Samp vola a Wembley ma paga Koeman: addio Vialli, il sogno svanisce sul più bello!
È l’ultimo anno della denominazione Coppa dei Campioni: dalla stagione seguente ecco l’alba del calcio moderno, con gli sponsor e i diritti tv che influenzeranno sempre più questo sport. Il nuovo nome della competizione sarà Champions League. L’edizione 1991-92 vede comunque l’introduzione di una fase a gironi per la prima volta nella storia della competizione, che sarà la regola nel nuovo formato. Dopo due turni a eliminazione diretta (la Sampdoria fa fuori il Rosenborg con un complessivo 7-1, il Barcellona si sbarazza dell’Hansa Rostock), le otto squadre in lizza vengono divise in due gruppi da quattro in un vero e proprio girone di semifinale. Le due prime andranno direttamente a giocarsi la coppa a Wembley.
La Sampdoria ritrova l’Anderlecht sconfitto due anni prima in Coppa Coppe, e i detentori del trofeo della Stella Rossa di Belgrado, battuti 2-0 a Genova e 3-1 al Marakanà, ribaltando l’iniziale vantaggio di Mihajlovic, in campo nelle file degli jugoslavi e futuro sampdoriano. Con l’Anderlecht sconfitta in Belgio (3-2) e vittoria in casa per 2-0, mentre sono i greci del Panathinaikos gli altri avversari, con pareggio per 0-0 in Grecia e 1-1 in casa, nell’ultima giornata del girone, risultato che spedisce gli uomini di Boskov a Wembley.
La finale è combattuta e lo 0-0 al termine dei novanta minuti è in realtà una bugia: ci sono molte occasioni, con il Barcellona che comanda il gioco e la Sampdoria che agisce di rimessa, ma che con Vialli, già venduto alla Juventus, ha grandi occasioni per cogliere il vantaggio. Il futuro bianconero viene sostituito nei supplementari e a nove minuti dai rigori arriva la frittata: lo specialista dei calci di punizione, Ronald Koeman, calcia dal limite dell’area un destro perforante che buca Pagliuca nonostante il portiere sia del tutto proteso e riesca a sfiorare il pallone.
Una beffa per le migliaia di blucerchiati arrivati nella capitale inglese e per il grande lavoro di squadra e società in quegli anni d’oro, che avrebbe certamente meritato la ciliegina sulla torta. Il 2-2 contro la Cremonese del 24 maggio, chiuderà una settimana di lacrime: oltre a Vialli salutano anche Cerezo e Pari, quest’ultimo a segno su calcio di rigore per gentile concessione dei compagni di squadra. La Sampdoria vincerà un’altra Coppa Italia nel 1994, ma quegli anni Novanta si chiuderanno nel modo più inglorioso possibile con la retrocessione del 1999. E quel sogno solo accarezzato in una notte di primavera lassù in Inghilterra.