Addio sgravi fiscali, la Serie A trema: senza il decreto Crescita sarà dura competere con i top club europei
La Serie A trema. Nella serata di giovedì, dopo un lungo braccio di ferro, il governo ha decretato la fine degli sgravi fiscali per i calciatori provenienti dall’estero. Una decisione arrivata a sorpresa, che gela i club del massimo campionato italiano.
Nessuna proroga per il discusso decreto “Crescita”, che dal 2019 concedeva enormi agevolazioni fiscali per gli acquisti di giocatori stranieri in quello che è stato un vero e proprio assist per le casse dei top club negli ultimi anni. Ma ora tutto cambia: senza più lo “scudo fiscale”, il calciomercato rischia di subire un drastico ridimensionamento. Le società dovranno rivedere le proprie strategie e fare i conti con le nuove politiche governative. Una doccia gelata per chi puntava a rifarsi il look in vista del mercato invernale e della prossima stagione.
SERIE A, IL CALCIOMERCATO RISCHIA IL TRACOLLO
La Serie A si lecca le ferite dopo lo stop agli sgravi fiscali per i calciatori dall’estero. Una norma, quella inserita nel discusso decreto “Crescita” del 2019, che aveva rivoluzionato il calciomercato italiano. L’obiettivo era attrarre talenti e “cervelli” con ingaggi milionari grazie a particolari agevolazioni. In sostanza, i top player provenienti da fuori confine potevano beneficiare di una tassazione IRPEF ridotta al 30%, addirittura al 10% per chi sceglieva di trasferirsi al Sud.
Un assist formidabile per i club di Serie A, che negli ultimi anni hanno potuto contare su uno “scudo fiscale” per gli acquisti esteri. Ma ora è tutto finito. Il governo ha deciso di non rinnovare la misura, tra lo sgomento generale. Le società dovranno rivedere le strategie di mercato e fare i conti con le nuove politiche e senza più sconti fiscali, anche convincere le stelle straniere a sbarcare in Italia sarà sempre più complicato.
ADDIO “LEGGE BECKHAM” ALL’ITALIANA
La Serie A piange la sua “legge Beckham”. Così era stata ribattezzata da molti la discussa norma sugli sgravi fiscali del decreto “Crescita”. Un paragone che riporta alla mente gli anni d’oro della Liga spagnola tra il 2005 e il 2010. Allora, Madrid attrasse i migliori talenti grazie a una tassazione agevolata per gli stipendi milionari. Da Cristiano Ronaldo a Kakà, i campioni accorsero da tutto il mondo.
E il campionato iberico conobbe una rapida ascesa: un assist formidabile che ha permesso ai club di offrire ingaggi faraonici e rendere la Liga appetibile per le stelle globali e di vincere a ripetizione Champions ed Europa League. Ma ora, senza più la “legge Beckham” nostrana, il rischio è un rapido declino. Perdendo appeal fiscale, sarà dura competere con Premier, Liga e colossi come PSG e Manchester City. Una mazzata per le ambizioni italiane. Urge un piano B per evitare l’emorragia di talenti. Altrimenti la Serie A finirà ai margini del calcio che conta.
CALCIATORI DALL’ESTERO ADDIO?
Con la mancata proroga del discusso decreto “Crescita”, il calciomercato italiano deve fare i conti con una drastica sterzata del governo. Dal 2019, la norma aveva concesso enormi agevolazioni ai club per gli stipendi dei calciatori provenienti dall’estero. Un vero e proprio sfondamento per le casse delle società, che potevano offrire ingaggi milionari a parità di spesa.
Un assist formidabile che aveva rivoluzionato le strategie di mercato tanto che i presidenti spingevano per una proroga fino a febbraio, per sfruttare ancora gli sgravi durante la sessione invernale. Ma ora, a partire dal gennaio 2024 si volta pagina. E per attrarre nuovi talenti dall’estero non basteranno più gli incentivi fiscali.
LA SERIE DEVE RINVENTARSI SUL MERCATO
Una doccia gelata, accolta con “stupore e preoccupazione” dalla Lega, che paventa conseguenze nefaste: minore competitività, ricavi in picchiata, investimenti ridotti sui vivai e pure minor gettito per l’erario. Insomma, un assist alle squadre che ora viene a mancare. Negli ultimi anni, gli sgravi fiscali avevano spinto i club a puntare quasi esclusivamente su acquisti dall’estero, trascurando i talenti italiani. Una posizione condivisa dall’AIC, secondo cui il “decreto Crescita” avrebbe penalizzato i calciatori del Belpaese. Di parere opposto il presidente della Lazio Claudio Lotito in prima linea a difesa della Serie A.
Il decreto “Crescita” non riguardava solo gli acquisti di calciatori dall’estero, ma anche i giocatori italiani potevano beneficiarne, a patto di provenire da campionati differenti dalla massima serie. Insomma, non si trattava di una misura ad appannaggio esclusivo degli stranieri. Certo, gli sgravi fiscali hanno spinto molti club negli ultimi anni a comprare soprattutto top player internazionali, trascurando i talenti di casa nostra, ma tecnicamente anche questi ultimi avrebbero potuto godere delle agevolazioni.
Dunque, la mancata proroga del decreto non può essere vista solo come una stretta sugli ingaggi esteri. È una sterzata che colpisce in generale la competitività della Serie A, costringendo a rivedere da cima a fondo le strategie di mercato. Che si tratti di riportare in Italia cervelli in fuga o attirare fuoriclasse globali, gli incentivi fiscali hanno indubbiamente giovato alle casse dei club. Ora le cose cambiano. E la sfida diventa attrarre talenti, italiani o stranieri, senza più lo “scudo” garantito finora dal governo.