Pierino Prati compie 72 anni. Dalle giovanili del Milan a quella tripletta all’Ajax, ha vinto tutto. Anche l’Europeo con la Nazionale
di Stefano Ravaglia
“Avevo chiesto il calciatore, non il cantante. Rimandatelo indietro”.
Quando Pierino Prati da Cinisello Balsamo si presenta così a Nereo Rocco nel 1966, capello lungo e pantaloni a zampa d’elefante, l’allenatore triestino non può che sfoggiare un’altra delle sue mille perle. Verrà mandato in prestito al Savona, ma ben presto il nostro caro Paròn si accorgerà di che pasta è fatto il Pierino integrandolo nella rosa che vincerà lo scudetto nel 1968.
Cresciuto nel settore giovanile dei Rossoneri, che lo mandano in prestito a Salerno a farsi le ossa (“Mi dissero che poi mi avrebbero ripreso. Volevo tornare a Milano con tutto me stesso, avevo il Milan nel cuore”), l’attaccante che spegne oggi 72 candeline ha attraversato gli anni d’oro del football italico a suon di reti. Pane per Rivera, che lo riempie di assist, in quel Milan dei Sessanta che ingrana la marcia e vince tutto.
Nel palmares del Pierino infatti, forse manca solo il mondiale e un campionato di B che pure disputò con la Salernitana. Scudetto, coppa Italia, Intercontinentale, il campionato di C e pure la classifica cannonieri. E una Coppa dei Campioni sua, ma proprio sua.
Perché il 28 maggio 1969 Pierino è una autentica peste. “Chi ha paura dell’Ajax non scenda dal pullman”, intimó ancora Nereo ai suoi prima della finalissima di Madrid. Il Milan c’era arrivato grazie soprattutto al suo attaccante, che a Glasgow nei quarti di finale aveva segnato il gol decisivo per eliminare il Celtic, dopo lo 0-0 dell’andata. Scesero tutti, meno che lui. Quanto manca uno così al calcio di oggi. Prati di paura ne aveva veramente poca e quella sera di primavera inoltrata diede sfoggio a tutto il suo repertorio: entrò su un traverso e dalla sinistra con uno stacco imperioso, sganciò un missile terra-aria di destro e raccolse l’ennesimo invito di Rivera, un cross al bacio che sigillò il 4-1 finale. Tripletta, a una sola rete da Puskas che nella finale del 195 contro l’Eintracht ne fece quattro.
“Quella che battemmo 4-1 era già una squadra forte, con un giocatore che per parecchi anni sarebbe poi stato uno dei più forti al mondo, se non il più forte, parlo di Cruyff. Ma mancava ancora di una caratura internazionale che noi già avevamo”, ebbe a dire.
Nel 1970 viene convocato per la spedizione messicana ai Mondiali che l’Italia perde in finale col Brasile di Pelé. Pregio e difetto di quella Italia era avere Gigi Riva, che agli altri attaccanti, compreso Prati, lasciava le briciole. Nel 1968, due anni prima, Prati aveva esordito in nazionale contro la Bulgaria, all’Europeo. E anche lì, nessun timore: entrò nel tabellino subito, con una rete nel 3-2 finale per gli avversari. Al ritorno, ci pensa ancora lui, segnando uno dei due gol con cui gli azzurri ribaltano la contesa ed eliminano i bulgari.
L’unico successo continentale dell’Italia Pierino può dire di averlo dunque vissuto, quando gli azzurri batterono a Roma la Jugoslavia per 2-0, altro successo che va a impreziosire la sua bacheca. Nel 1973 Prati saluta Milano dopo 72 reti e la grande delusione, nella coda della sua esperienza rossonera, a Verona, dove il Milan dopo aver vinto la Coppa Coppe, perde un clamoroso scudetto che pareva già vinto.
Ma la delusione più grande arriva dal suo presidente, Albino Buticchi:
“Fui venduto perché gli ero antipatico. Se fossi stato ceduto per motivi tecnici, su indicazione di Rocco, avrei capito. Ma non potevo tollerare il comportamento di Buticchi. Secondo lui ero un polentone”.
Dopo il Milan, la Roma. E altro colpo di fulmine nel vero senso della parola: una succinta ragazza romanista ad ogni partita era solita consegnargli un mazzo di fiori tanto era l’affetto della gente romanista. In giallorosso resta 4 anni, tra alti e bassi e 28 reti in serie A. Le cartucce sono state tutte sparate anche quando si accasa a Firenze dove mette insieme solo una decina di partite. Lascia il calcio a 35 anni dopo aver segnato ancora a Savona dal 1979 al 1981, e allena intorno a casa: Saronno, Pro Patria, Solbiatese, che nel 1989 porta in C2 dall’interregionale.
Poi torna a casa, al Milan, entrando nel settore giovanile. E raccontando ai ragazzi come si segna una tripletta in finale di Coppa Campioni.