I bianconeri, al terzo anno in serie A, si qualificano per la Coppa Uefa. Sarà un cammino brevissimo, ma storico.
di Stefano Ravaglia
Il 29 giugno 1976 il Napoli travolge il Verona nella finale di Coppa Italia all’Olimpico di Roma. Apparentemente, a nessuno interessa a parte i tifosi partenopei. E invece c’è una squadra bianconera, che non è né l’Ascoli, né la Juventus e nemmeno l’Udinese, che accoglie quel risultato con grandissima euforia.
È il Cesena di Pippo Marchioro, che alla sua terza stagione in Serie A ha centrato uno storico sesto posto, che non le permetterebbe però di accedere alle coppe europee. La vittoria degli azzurri in quella finale, però, qualifica il Napoli per la Coppa delle Coppe liberando un posto per la Uefa. Il Cesena esulta: nel settembre successivo sarà ai nastri di partenza della seconda coppa europea per club.
La squadra che fu nelle mani del conte Alberto Rognoni, nel 1964 passa all’imprenditore ortofrutticolo Dino Manuzzi, al quale oggi è intitolato lo stadio dei bianconeri. Dopo anni nei bassifondi delle categorie inferiori, il presidente e il suo staff portano il club all’agognata serie A nel 1973, terminata con un undicesimo posto e un margine ampio sulla zona retrocessione. I bianconeri si permettono anche il lusso d’impattare 2-2 a Torino con la Juventus e di battere il Milan 1-0 tra le mura amiche. Stessa posizione di classifica anche nell’anno seguente, mentre nel 1975-76 a un certo punto del campionato il Cesena è anche terzo. Arriva sesto e batte di nuovo il Milan in casa, ma soprattutto la Juventus campione d’Italia, entrambe 2-1.
Capitanato dalla bandiera Giampiero Ceccarelli, cresciuto nel vivaio della squadra nella quale esordì nel 1966 e militò per tutta la carriera, chiusa nel 1985, il Cesena fa il suo esordio in Europa il 15 settembre 1976 superando il muro e andando a giocare nella Germania Est, contro il Magdeburgo. Due anni prima, in Coppa delle Coppe, i tedeschi avevano superato il Milan in finale vincendo il trofeo e tra di loro militava il celebre Jurgen Sparwasser, che nell’estate di quel 1974 beffò la Germania Ovest al Mondiale.
La partita di andata non ha storia: 3-0, reti di Steinbach e doppietta di Joachim Streich. Il Cesena è costretto, per l’espulsione di Oddi, a giocare un’ora in dieci uomini. Un posto all’Ernst-Grube-Stadion, demolito nel 2005, costava 10 marchi e il programma della partita mezzo marco orientale. La Rai si collegò solo in diretta radiofonica e i romagnoli furono seguiti da 800 tifosi partiti da Cesena. Il clima della vigilia è quasi surreale: i giocatori vengono scortati dalla polizia mentre passeggiano durante il ritiro e le strade della città sono deserte. Salvo poi trovare un clima infuocato all’interno dello stadio tedesco.
La partita di ritorno si presta a uno di quei tanti romanzi calcistici fatti di rimonte insperate. Il Cesena spera di scrivere la storia, e per poco non ci riesce: Mariani alla mezz’ora e Pepe al minuto cinquanta, fanno sognare i tifosi romagnoli prima che proprio Sparwasser indovini il diagonale del 2-1 che riporta la qualificazione in mani tedesche. Mariani viene espulso e anche in questa occasione il Cesena finisce in dieci uomini, ma segna ugualmente il 3-1 con Macchi a un quarto d’ora dalla fine, inutile per la qualificazione ma che fissa un risultato comunque storico.
Il Magdeburgo avanza e verrà eliminato dalla Juventus ai quarti di finale. Il mini ciclo positivo del Cesena terminerà nel peggiore dei modi quella stagione: ultimo posto con 14 punti e ritorno in serie B.
Il 24 e 25 aprile 2017 in occasione di Cesena-Benevento, in una assolata giornata di primavera inoltrata alcuni tifosi del Magdeburgo vengono ospitati a Cesenatico. È l’occasione per un incontro di amicizia tra le due compagini, con i tifosi tedeschi che donano un grande quadro raffigurante la loro tifoseria e pranzano insieme ai supporters bianconeri.
Al di là del risultato e nel nome di un sogno spezzato che avrebbe meritato ulteriori pagine di narrativa sportiva.