La surreale punizione del regime militare in Costa d’Avorio che trasformò i calciatori da eroi a prigionieri dopo l’eliminazione in Coppa d’Africa
Dopo l’amara eliminazione nella fase a gironi della Coppa d’Africa dell’edizione 2000, i giocatori della Costa d’Avorio salirono sull’aereo per il volo di ritorno verso casa con un misto di delusione e vergogna stampato sul volto. L’umore era pessimo, pochi scambiavano parole durante il viaggio.
Improvvisamente il velivolo deviò la rotta, facendo presagire ai calciatori che qualcosa non andava. “Problemi all’aeroporto di Abidjan, dobbiamo atterrare a Yamoussoukro”, annunciò il pilota. Una volta atterrati, i giocatori si aspettavano di proseguire via terra, ma con stupore videro ad attenderli due camion militari. Caricati a bordo, vennero trasportati in un campo militare a 30 km di distanza, senza spiegazioni. Un epilogo amaro e beffardo per una spedizione già di per sé deludente.
COPPA D’AFRICA 2000: L’ILLUSIONE SPEZZATA DELLA COSTA D’AVORIO
La Coppa d’Africa 2000, torneo disputato da Ghana e Nigeria, fu un duro colpo per una nazionale ambiziosa, in un’edizione attesa da tutto il calcio europeo. Per un mese gli occhi degli scout si sarebbero posati sul continente africano, terra fertile di nuovi talenti da reclutare. Al Real Madrid, intanto, emergeva un giovane camerunese destinato a scrivere la storia: Samuel Eto’o. Proprio lui avrebbe trascinato il Camerun alla vittoria di quella edizione ai rigori contro la favorita Nigeria, mentre la Costa d’Avorio riponeva nel cassetto i sogni di gloria.
L’urna non fu benevola con gli Elefanti, inserendoli in un girone di ferro con Camerun e Ghana, oltre al più abbordabile Togo. Tre corazzate del continente, di cui solo due sarebbero passate il turno. Sulla carta i togolesi sembravano destinati a fare da vittime sacrificali, ma il campo avrebbe riservato sorprese amare.
La Coppa d’Africa tradizionalmente si gioca d’inverno, e quella del 2000 prese il via il 22 gennaio. Un mese prima, un colpo di stato aveva portato al potere in Costa d’Avorio il generale Robert Guéï, a capo di una turbolenta giunta militare. Un clima di tensione che evidentemente condizionò i calciatori ivoriani, incapaci di esprimere il loro potenziale in un girone di ferro che li vide clamorosamente eliminati.
L’IMPRESA SFUMATA TRA SOGNO E INCUBO
La spedizione della Costa d’Avorio alla Coppa d’Africa 2000 partì con i presagi di un paese sull’orlo della guerra civile. I giocatori speravano di portare gioia a un popolo sofferente, ma il torneo iniziò subito in salita. Dopo il pareggio inaugurale contro il modesto Togo, arrivò la batosta contro i favoriti del Camerun, un sonoro 3-0 che compromise il passaggio del turno. Nell’ultima sfida, bisognava vincere in casa del Ghana con 3 gol di scarto.
Di fronte a 40.000 tifosi in delirio all’Accra Sports Stadium, la Costa d’Avorio sfoderò una prova maiuscola, vincendo 0-2 ma senza completare l’impresa. Con amarezza, il Camerun che poi avrebbe alzato il trofeo e i padroni di casa ghanesi passarono il turno, lasciando una squadra valorosa ma sfortunata fuori già alla prima fase. Un colpo durissimo per un popolo che di lì a poco sarebbe piombato in una straziante guerra civile.
L’AMARO RITORNO IN PATRIA
Con l’amaro in bocca per l’eliminazione beffarda, la Costa d’Avorio fece le valigie e tornò in patria. C’era la consapevolezza di aver dato tutto, sfiorando l’impresa contro il Ghana padrone di casa. Se solo nella gara inaugurale col Togo fosse arrivata la vittoria invece del pareggio…Invece, all’aeroporto di Abidjan non c’erano applausi ad attenderli, ma ben altro.
Caricati su camion militari e trasferiti nel campo di Zanbrako, ai giocatori venne detto che sarebbero stati “rieducati” a civiltà e disciplina, valori che secondo il nuovo regime militare non avevano dimostrato in Coppa d’Africa. Derubati di ogni avere, si ritrovarono prigionieri in un campo di detenzione, puniti ben oltre i propri demeriti sportivi da autorità che ne approfittarono per dare una dura lezione a dei ragazzi rei solo di aver deluso le aspettative di un intero Paese.
LA NAZIONALE IVORIANA PRIGIONIERA DI GUÉÏ
La detenzione della nazionale ivoriana nel campo di Zanbrako ad opera del regime militare fu un episodio surreale e drammatico. I giocatori furono sottoposti a un duro programma di addestramento e “rieducazione” patriottica, tra marce forzate sotto il sole e letture imposte. A decidere il loro destino era il generale Robert Guéï, l’uomo forte del paese dopo il colpo di Stato.
La notizia fece presto il giro d’Europa, dove molti di quei calciatori giocavano nei campionati nazionali. I club (l’Inter in Italia per Cyril Domoraud, altri due in Belgio e uno in Olanda, Scozia e Svizzera) fecero pressione sui rispettivi governi affinché intervenissero. Dopo soli quattro giorni, Guéï liberò la nazionale, adducendo la scusa di aver voluto evitare l’ira dei tifosi. Una versione poco credibile.
Sei anni dopo, Kalou, uno di quei giocatori, avrebbe segnato il gol della prima, storica qualificazione ivoriana al Mondiale del 2006 in Germania. Guéï, invece, venne ucciso nel 2002, travolto dalla spirale di violenza della guerra civile che aveva contribuito a scatenare.