Un cammino europeo esaltante, sino alla finale di Manchester. E la grande delusione
di Stefano Ravaglia
Erano in duecentomila. Una invasione biblica, favorita anche dalla vicinanza con la città della finale. La Scozia attendeva il suo primo trofeo europeo dopo 25 anni di attesa: nel 1983 fu l’Aberdeen di Ferguson a vincere la Coppa delle Coppe.
Impresa riuscita anche al Rangers Glasgow, che nel 1972 aveva vinto la stessa manifestazione. La Coppa dei Campioni del Celtic nel 1967 e la Supercoppa Europea ancora dell’Aberdeen in quel 1983, fissavano a quattro i successi internazionali del paese delle Highlands.
Il 14 maggio 2008 all’Etihad di Manchester, lo Zenit San Pietroburgo e i Gers scendevano in campo per contendersi la Coppa Uefa, anch’essa contaminata dalla formula dei gironi che aveva mandato in pensione la cara, vecchia formula delle gare a eliminazione diretta per tutto l’arco della competizione.
La squadra protestante di Glasgow per la verità era una delle escluse dalla Champions League. Nel girone con Barcellona, Stoccarda e Lione gli scozzesi hanno poche chances, ma racimolano i 7 punti utili al terzo posto e al “trasloco roma” nella seconda competizione europea, presentandosi agli ottavi di finale.
Diverso il percorso dei russi, che si sbarazzano dei modesti cechi del Moravce, eliminano lo Standard Liegi (3-0 e 1-1) e accedono alla curiosa formula dei gironi: cinque squadre e gare di sola andata. Lo Zenit trova Everton, Norimberga, AZ Alkmaar e i greci del Larissa. Mentre l’Everton fa bottino pieno e il Norimberga arriva secondo, lo Zenit acciuffa per i capelli il terzo posto, l’ultimo valido per la qualificazione, vincendo solo una delle quattro partite (3-2 con il Larissa) e ringraziando gli inglesi che battono i greci all’ultima giornata. È la squadra allenata dal santone Dick Advocaat e con in campo la stella Arshavin, che si trasferirà poi all’Arsenal.
Anche nei sedicesimi il successo è risicato: in Russia, contro il Villarreal, lo Zenit passa 1-0 ma in Spagna dovrà soffrire e non poco. Il “sottomarino giallo” vince 2-1 ribaltando il vantaggio iniziale di Pogrebnyak grazie anche a un gol dell’ex milanista Tomasson allo scadere. Non va meglio agli ottavi, avversario il Marsiglia. I francesi in 54 minuti vanno sul 3-0 con l’attaccante Mamadou Niang in grande spolvero, ma Arshavin segna un gol vitale e si prodiga a zittire per lungo tempo con il dito sul naso il pubblico del Velodrome. Lo Zenit ribalta tutto al ritorno con una doppietta di Pogrebnyak, un gol per tempo e russi ai quarti di finale, un epilogo insperato dopo quella prima ora da incubo a Marsiglia.
Tra lo Zenit e la finale si frappongono due tedesche: il Bayer Leverkusen è travolto 4-1 a domicilio e la sconfitta per 1-0 in casa non lascia strascichi. La semifinale con il Bayern Monaco sembra a senso unico, ma lo Zenit coglie un importante 1-1 all’andata in Germania: Ribery sbaglia un rigore ma segna sulla ribattuta nel primo tempo; nella ripresa il futuro interista Lucio mette nella propria porta il pareggio. Al ritorno, finisce addirittura in goleada per i russi: 4-0, con le reti di Fayzulin, Zyrianov e un’altra doppietta di Pogrebnyak. La partita, nel 2010, andrà sotto la lente d’ingrandimento della giustizia: il settimanale tedesco Stern accusa alcuni giocatori e un dirigente del Bayern di aver ricevuto 50 milioni dalla mafia russa per lasciar vincere l’incontro ai padroni di casa, ma il tutto si chiude con un nulla di fatto.
Il Rangers Glasgow di Walter Smith invece inizia il suo nuovo percorso europeo dal Panathinaikos: 0-0 in Scozia e 1-1 in Grecia, risultato che qualifica gli scozzesi. Agli ottavi, il Werder Brema viene battuto 2-0 ad Ibrox, grazie anche a un clamoroso errore del portiere Wiese che non trattiene una conclusione di Cousin dalla grande distanza, prima del raddoppio di Davies, e il Rangers deve resistere in Germania, quando la vittoria per 1-0 dei tedeschi non è sufficiente per il passaggio del turno. Ai quarti di finale lo Sporting Lisbona: ancora 0-0 in Scozia e successo in Portogallo grazie alle reti del francese Darcheville e al raddoppio nel recupero di Whittaker con un diagonale chirurgico.
Nel frattempo, a tenere alta la bandiera italiana è la Fiorentina. I viola superano il girone ed eliminano il Rosenborg, piegano l’Everton in una autentica battaglia vinta ai rigori a Goodison Park (2-0 per entrambe le squadre le due sfide) e in semifinale vanno a vincere ad Ehindoven col PSV dopo l’1-1 a Firenze, grazie a una doppietta di Mutu. Oltre al rumeno, anche Pazzini, Osvaldo e Vieri completano un super attacco. L’ultimo ostacolo prima della finale è proprio il Rangers: in 180 minuti non succede nulla, nei supplementari al “Franchi” nemmeno. Si va ai rigori: questa volta per la Fiorentina non ci sono sorrisi. È proprio Vieri, dopo l’errore di Liverani, a calciare alto il tiro decisivo. Novo realizza e per gli scozzesi si aprono le porte di Manchester.
Il 14 maggio però è un giorno da dimenticare non solo perché Dick Advocaat col suo Zenit punisce la sua ex squadra, allenata per quattro anni dal 1998 al 2002, ma anche perché quei duecentomila arrivati in Inghilterra creano disordini non di poco conto. Nel giorno della finale provocano incidenti nella zona del maxi-schermo allestito per seguire la partita per coloro che non sarebbero stati allo stadio, a Piccadilly Gardens, distruggono autovetture e lanciano bottiglie, un gruppo fa addirittura irruzione in una banca e viene persino accoltellato un tifoso dello Zenit: i presunti colpevoli vengono però rilasciati per assenza di prove.
In campo, Denysov rompe l’equilibrio dopo 72 minuti, e nel recupero Zyryanov arrotonda. Peccato.
Il Rangers, quattro anni dopo, finirà in amministrazione controllata e verrà retrocesso in Third Division. Ora, condotto dalla leggenda del Liverpool Steven Gerrard, è tornato a sfidare il Celtic e a giocare l’Europa League, ma chissà quanto tempo dovrà ancora passare per essere ancora lì, all’ultimo atto. A un passo dal sogno.