Calcio Giovanile azzurro, una crisi senza fine? L’eliminazione dell’Under 21 dall’Europeo e il sogno olimpico ancora rimandato: è l’ora di riflettere seriamente per la FIGC.
Il risveglio è stato brusco. Ancora una volta l’Italia Under 21 non è riuscita a centrare l’obiettivo minimo, la qualificazione ai quarti di finale dell’Europeo di categoria, fallendo così anche l’accesso alle Olimpiadi. Contro la Norvegia è arrivata una sconfitta immeritata, decisa da un gol casuale di Botheim, attaccante della Salernitana fin qui più abituato alla panchina che alla rete.
La beffa sta nella classifica avulsa, che premia la Svizzera e condanna gli Azzurrini per un solo gol di differenza negli scontri diretti. Il sogno olimpico sfumato per poco, ancora una volta, brucia come una sconfitta netta. Sulla carta questa Under 21 sembrava pronta al definitivo salto di qualità, ma si è sciolta al primo ostacolo di una certa difficoltà.
Salta così per gli Azzurrini non solo la qualificazione ai quarti di finale, ma anche il vero grande obiettivo di tornare alle Olimpiadi. Sono 16 anni, un’era geologica nel calcio, che l’Italia non disputa il torneo a cinque cerchi. L’ultima apparizione risale a Pechino 2008, poi il nulla: eliminate dalla Bielorussia (Londra 2012), da Portogallo e Svezia (Rio 2016), dalla Spagna in casa (Tokyo 2020). Un’altra generazione di talenti che non potrà farsi le ossa in una competizione così prestigiosa.
L’ultima apparizione dell’Italia alle Olimpiadi, come scritto in precedenza, risale a Pechino 2008. Una spedizione partita bene, con due vittorie nette contro Honduras (3-0) e Corea del Sud (3-0), che faceva presagire un torneo di alto livello. La successiva X contro il Camerun (0-0) non compromise il primo posto nel girone, ma ai quarti la corsa azzurra si interruppe bruscamente per mano del Belgio (3-2).
Nonostante l’eliminazione precoce, quell’edizione resta indimenticabile per lo splendido traguardo di Giuseppe Rossi: capocannoniere della competizione con 4 gol, secondo italiano nella storia olimpica a vincere la classifica marcatori dopo Annibale Frossi nel lontano 1936. Un record che resiste ancora oggi e che conferma, qualora ce ne fosse bisogno, il valore assoluto del talento dei vivai italiani in quegli anni.
L’Italia è sempre stata un avversario ostico per chiunque, ma l’ultimo risultato di rilievo risale ormai al bronzo conquistato ad Atene 2004 dalla selezione Under 21. Non ci si meraviglia più di nulla, d’altronde anche la nazionale maggiore non prende parte ad un Mondiale dal 2014.
Quel terzo posto olimpico rappresenta l’ultimo squillo di una generazione che avrebbe potuto dire la sua anche nella competizione open, se solo ne avesse avuto l’opportunità. Ma tant’è, la medaglia vinta contro l’Iraq dopo la batosta subita in semifinale dall’Argentina resta una magra consolazione, l’unica peraltro ottenuta dall’oro di Berlino 1936 contro l’Austria.
Da allora, il vuoto. Un susseguirsi di fallimenti, occasioni perse, talenti sprecati. Dagli Europei alle Olimpiadi, passando per i Mondiali, l’Italia ha progressivamente perso smalto e appeal. Le nuove leve stentano ad emergere, i giovani preferiscono emigrare all’estero. Un circolo vizioso che la Federazione non è ancora riuscita a spezzare.
Forse è il caso di guardare proprio ad Atene 2004, a quella medaglia di bronzo che oggi quasi commuove. Per riscoprire la voglia di stupire, di sognare in grande, di tornare a primeggiare anche laddove nessuno se lo aspetta più. Perché questa Italia, sembra proprio non meravigliarsi più di nulla.
Pechino 2008 rimane l’ultimo ricordo felice del calcio italiano a cinque cerchi. Da allora, una sequela di eliminazioni che ci sta tenendo lontani dalla competizione più importante per le selezioni giovanili. Troppi fallimenti per una nazione che ha nella valorizzazione dei talenti uno dei suoi punti di forza. Tornare alle Olimpiadi deve essere una priorità per la Figc, per consentire alle nuove leve di bruciare le tappe in un palcoscenico che profuma di leggenda.
La sensazione è che il calcio olimpico non sia una priorità per la Federazione, nonostante sia un palcoscenico importantissimo per i giovani. Quando torneremo alle Olimpiadi? Il futuro è sempre più incerto. Intanto, finisce con amarezza anche il ciclo in panchina di Paolo Nicolato, destinato a lasciare la guida dell’U21 dopo quest’ultimo fallimento.
Nicolato è stato un tecnico che in tre anni ha raccolto meno di quanto seminato. Non è il colpevole di questo ennesimo fallimento. Il tecnico ha messo anima e cuore nella sua avventura sulla panchina dell’Under 21. La rosa a sua disposizione era di buon livello, ma evidentemente ancora acerba per sbocciare al momento giusto. Certo, qualche scelta discutibile c’è stata, ma addossare a Nicolato la croce di questa eliminazione sarebbe ingeneroso.
Il problema è ben più profondo e strutturale. L’Italia fatica ormai da anni a sfornare talenti pronti non solo per l’Europeo di categoria, ma anche e soprattutto per il salto nella nazionale maggiore. I vivai stentano, i giovani di belle speranze si perdono strada facendo, il passaggio alle squadre di club è tutt’altro che agevole. La Federazione ha le sue colpe, certo, ma anche i club dovrebbero investire di più sui settori giovanili per preparare al meglio i campioni del futuro.
In un simile contesto, Nicolato quantomeno ci ha provato. Ha fatto il possibile con il materiale a disposizione, ha provato a plasmare una squadra a sua immagine e somiglianza. Non ce l’ha fatta, ma non può portarsi sul groppone l’incapacità di un intero movimento di valorizzare adeguatamente il talento nostrano. Ora le strade si separeranno, ma sarebbe ingiusto additare l’ormai ex ct come principale responsabile di questo fallimento. C’è bisogno di una rivoluzione culturale che parta dalle fondamenta. Altrimenti tra due anni staremo qui a porci le stesse domande. E a cercare un altro capro espiatorio.
Se la Federazione ha davvero a cuore le sorti delle selezioni giovanili, è arrivato il momento di una riflessione profonda sui metodi di crescita e valorizzazione dei talenti. Perché se in Serie A proliferano giovani stranieri, un motivo ci sarà. E forse è lo stesso che ci sta tenendo fuori dalle Olimpiadi ormai da troppo, troppo tempo.
Per ripartire, la Figc dovrà fare un’attenta analisi e capire gli errori che ci hanno escluso ancora una volta dalla competizione a cinque cerchi. Il tempo stringe, il conto alla rovescia per Los Angeles 2028 è già partito.