Da procuratore a presidente: l’intuizione di Romeo Anconetani che ha cambiato per sempre il calcio

Romeo Anconetani, il presidente-manager che ha rivoluzionato il calciomercato inventando la figura del procuratore sportivo

Durante una mattinata di sole, i giocatori della Fiorentina si allenavano sul campo dello stadio Artemio Franchi. Tra i tifosi assiepati sugli spalti, spiccava un uomo corpulento e rumoroso, con una voce roca e stridula che attirava l’attenzione. Quell’uomo, indicando un centrocampista esile e minuto appena acquistato dalla squadra piemontese dell’Asti, esclamò convinto:

“Se quel ragazzino magrolino mangiasse più bistecche, diventerebbe forte come Cruyff!”.

In pochi conoscevano il suo nome, Romeo Anconetani, ma la sua intuizione sul giovane talento astigiano, certo Giancarlo Antognoni, si sarebbe rivelata azzeccata.

In realtà molti conoscono già quel signore corpulento e chiassoso, con modi che non passano inosservati: è Romeo Anconetani, considerato l’inventore del mestiere di procuratore calcistico. Lo chiamano “Mister 5%”, per la sua abitudine di guadagnare una percentuale sui trasferimenti che mediava. Negli anni ’70, quando i calciatori non avevano ancora procuratori, lui fiutò l’opportunità: ottenne una licenza per fare da mediatore e iniziò a rappresentarli nei contratti. Per primeggiare in quel ruolo pionieristico ci voleva talento imprenditoriale: Anconetani l’aveva, come dimostrano i suoi primi affari, da Selmosson a Claudio Sala.

Anconetani diede prova del suo fiuto per i talenti emergenti, ma il personaggio complesso era già tutto lì, con luci e ombre. Certo, ebbe grandi intuizioni nel calcio, ma in passato la FIGC lo aveva già radiato per aver orchestrato, da dirigente, una combine tra Poggibonsi e Pontassieve. Il suo carattere fumantino lo portò più volte nei guai, ma dalla natia Toscana non si allontanò mai. Dopo anni da manager riuscì a tornare nel mondo del pallone come dirigente del Pisa, la squadra che divenne la sua creatura e per la quale è maggiormente ricordato. Tra idee rivoluzionarie e un temperamento vulcanico, Anconetani lasciò un’impronta indelebile nel calcio italiano.

Quando nel 1978 rileva il Pisa tramite il fratello, Anconetani non può ricoprire ufficialmente la carica di presidente. Pochi anni prima era stato radiato per un tentativo di combine. Ma il suo estro gli consente di legittimare la presenza in società come “consigliere per gli acquisti”, grazie a un accordo con la Camera di Commercio pisana. Il ruolo di presidentissimo si concretizzerà solo nel 1982, quando l’amnistia post-Mundial spagnolo gli permette di mettersi ufficialmente al timone. In quei primi anni Anconetani agisce dietro le quinte, ma la sua personalità vulcanica è già il motore del club toscano. Quattro anni durante i quali mette le basi per un quadriennio che segnerà la storia del Pisa.

Iniziò così la sua leggenda, fatta di ritiri-punizione, sfuriate coi giornalisti e litigate con i giocatori. Li riempiva di regali per poi punirli al minimo sgarro, anche pubblicamente. Era mago nell’acquistare campioni, meno nella gestione quotidiana. Nel corso della sua turbolenta presidenza del Pisa, Anconetani tentò di tutto per evitare le temute retrocessioni, arrivando a spargere sale sul campo dell’Arena Garibaldi. I frequenti esoneri degli allenatori erano un altro dei suoi metodi, quasi scaramantici.

Da presidente, Anconetani lavorò per ampliare gli orizzonti del Pisa oltre i confini nazionali. Organizzò tournée e amichevoli in giro per il mondo, dando visibilità internazionale al club nerazzurro. Per due volte riuscì a partecipare col Pisa al prestigioso Torneo Anglo-Italiano. Inoltre, fu artefice dell’assegnazione della fase finale della Mitropa Cup all’Arena Garibaldi: competizione che i toscani vinsero per due volte sotto la sua presidenza, nel 1985 contro il Debrecen e nel 1988 con il Vaci Izzo. Un successo che spinse Anconetani ad organizzare anche una Supercoppa Mitropa per celebrare le vittorie europee del suo Pisa. Perse contro i cecoslovacchi del Banik Ostrava, ma grazie alla sua visione, rese una piccola realtà di provincia una squadra conosciuta anche oltreconfine.

Di sconosciuto – Mitropa Cup, su pisanellastoria.it, 20 marzo 2013., Pubblico dominio, https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=4948247

Sul finire della carriera, quando il Pisa lottava per non retrocedere dalla A, Anconetani credette di aver trovato in Lamberto Piovanelli l’ultimo talento da valorizzare e magari lanciare in Nazionale. Ma in una fatale gara all’Olimpico contro la Lazio, il giovane attaccante si ruppe una gamba tra le urla di Anconetani, decretando idealmente la fine di un’era. Lasciato il Pisa dopo tante promozioni e retrocessioni, collaborò con Genoa e Milan concentrandosi su ciò che gli riusciva meglio: scovare nuovi campioni, anche se ancora acerbi. La sua personalità vulcanica aveva segnato un’epoca del pallone italiano.

Quando si parla del calcio pisano degli anni d’oro, è impossibile non pensare alla figura del “presidentissimo” Anconetani. Un personaggio che sembrava uscito da una commedia all’italiana, capace di mixare religiosità e scaramanzia, bontà d’animo e autoritarismo vulcanico. La sua immagine incarna quel periodo non solo per Pisa, ma per tutto il pallone tricolore. A differenza di altri presidenti mossi da interessi imprenditoriali, Anconetani era spinto solo dalla passione.

Il suo rapporto col Pisa fu contraddistinto da un mix di amore viscerale e dedizione assoluta. Tra promozioni e retrocessioni, sfuriate e lacrime, Anconetani visse il calcio in modo totalizzante, anche quando questo non rispondeva alla ragione. Un uomo del suo tempo, che rese grande una provincia.

A proposito di Cristian La Rosa

Cristian La Rosa. Classe ’76, ama il calcio e lo sport in generale. Segue con passione il calcio internazionale e ha collaborato con alcuni web magazine. È il fondatore, ideatore ed editore.

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