Il destino di San Siro: contraddizioni alla milanese

Nel giorno del trionfo di Milano, che prende insieme a Cortina, le Olimpiadi invernali del 2026, Milan e Inter danno un colpo di mannaia al fiore all’occhiello degli impianti milanesi

 

di Stefano Ravaglia

 

“Il nuovo campo del Milan, situato a San Siro presso l’ippodromo delle corse del trotto, è pressoché ultimato. Ieri, una delegazione di giornalisti in visita ufficiale ha potuto ammirare la grandiosità del nuovo stadio. Verrà inaugurato il 19 corrente in un torneo nel quale, oltre al Milan, parteciperanno ottime squadre italiane e un undici spagnolo”. E’ il settembre del 1926 e così il Corriere della Sera annunciava l’imminente taglio del nastro dello stadio di San Siro e di quasi cento anni di storia che raccontarla tutta è impossibile. Proprio nell’anno del centenario dell’impianto, il 2026, l’Italia avrà un regalo sperato e ottenuto nel tardo pomeriggio del 24 giugno, quando a Milano e Cortina sono stati assegnati i giochi invernali di quell’anno. Stride dunque quanto affermato da una dichiarazione congiunta dei due esponenti di Milan e Inter, l’ad Antonello e il presidente Scaroni, che hanno annunciato a Losanna, prima della cerimonia di assegnazione e in modo quanto mai avventato, che le milanesi costruiranno uno stadio nuovo a gestione congiunta proprio accanto alla Scala del calcio. Se negli anni Novanta San Siro era sulle prime pagine per la sua erba maledetta, causa di mille infortuni e di altre mille rizollature salvo poi trovare l’odierno equilibrio, negli ultimi anni è invece salito agli onori delle cronache come succulento boccone per il calcio moderno, quello degli stadi tutti poltroncine e Sky Box, dai prezzi esagerati e da molte concessioni al lusso che inghiotte tutto, anche i monumenti sacri come il Meazza.

Scaroni e Antonello si sono dimenticati che San Siro è del Comune, che il travaglio per il suo destino finale è ormai infinito e che le future Olimpiadi non potranno partire senza il più importante impianto milanese come fiore all’occhiello. Il sindaco Sala si è infatti affrettato a frenare le ambizioni e le sventolate certezze dei due in questione dicendo, in sostanza, che prima dovranno passare sul suo cadavere. Il 19 di quel mese di settembre furono proprio Milan e Inter a inaugurare l’impianto e finì con il trionfo nerazzurro per 6-3, seppur il primo gol nel nuovo impianto portasse la firma del rossonero Santagostino. Il calvario è ancora lungo, le autorizzazioni non sono roba da poco e l’idea di avere uno stadio condiviso (unico caso nei principali stadi europei, da quando il Bayern ha fatto sua l’Allianz Arena dopo un periodo di condivisione con i cugini del Monaco 1860) con conseguente ripartizione dei costi ma anche divisione di ricavi, lascia, almeno per chi scrive, piuttosto perplessi. Le uscite di lunedì pomeriggio da parte dei due club dimostrano ancora una volta l’inadeguatezza dei piani futuri, dopo anni di ribaltamenti di fronte dove dapprima pareva l’Inter a dover sloggiare e lasciare l’intero impianto al Milan e poi vice versa, sino ad arrivare a una idea congiunta. Noi crediamo che San Siro debba restare al suo posto, pur comprendendo la necessità di un nuovo corso che all’estero è già iniziato da un bel pezzo e che in Italia, in quanto a infrastrutture e stadi, è spesso ancora fermo al Medioevo.

Ma, seppur non utilizzato per la “pedata”, rubando dal gergo di Gianni Brera, la struttura, anche in caso di abbandono, potrebbe trovare una funzione centrale nel quadro della città e non essere trasformata in cumuli di macerie, provando a trovare una zona nuova e più lontana per l’eventuale nuovo impianto. Ad onor del vero, gli inglesi non si sono molto preoccupati di far macerie del loro storico Wembley (le torri almeno potevano lasciarle su…), seppur ricostruito ammodernato sulle stesse rovine, per cui, in un paese sinceramente molto meno tradizionalista del Regno Unito, la cosa potrebbe essere certamente, seppur tristemente, equiparata.  Di certo, quella unità di intenti e compattezza del paese sbandierata dal premier Conte nei minuti successivi al successo olimpionico, stride con la mancanza di sintonia tra i club e le istituzioni milanesi, punta di un iceberg di dubbi e contraddizioni legate a San Siro che si trascinano da troppo tempo. E per il quale, comunque, prima o poi dovremo preparare i fazzoletti. Ma c’è ancora tempo: il 2026 è ancora lontano. Ma ai 100 anni San Siro merita proprio di arrivarci.

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