Da modelli a disastri, com’è potuto accadere il tracollo senza precedenti di Ajax e Olympique Lione
È davvero insolito vedere club blasonati come Ajax e Olympique Lione annaspare nei bassifondi della classifica a campionato appena iniziato. Entrambe considerate modelli da imitare fino a poco tempo fa, oggi arrancano tra sconfitte, contestazioni e un futuro incerto.
L’Ajax, fucina di talenti e protagonista di imprese europee negli anni ’70 e ’90, oggi stenta a ritrovare la retta via in Eredivisie, lontana anni luce dai fasti del passato. Situazione simile per il Lione, potenza francese reduce da annate trionfali con 7 titoli consecutivi tra 2002 e 2008. Ora guidato dall’italiano Fabio Grosso, campione del mondo nel 2006, il Lione non riesce più a sfondare in Ligue 1, con i tifosi sempre più delusi da risultati e prestazioni. Due crisi insolite e inattese, che devono far riflettere Ajax e Lione su come ripartire per tornare grandi. La storia è dalla loro, ma serve un cambio di rotta immediato.
L’Ajax vive il momento più difficile della sua gloriosa storia
La squadra che ha fatto la storia del calcio olandese, vincendo 36 titoli con il suo gioco spettacolare e lanciando campioni su campioni, oggi è irriconoscibile. Ultima in Eredivisie dopo una partenza shock, l’Ajax sembra aver smarrito la sua identità. Quell’identità costruita sulla valorizzazione dei giovani talenti olandesi e sul gioco offensivo e avvolgente che ha incantato il mondo. Oggi non diverte più, subisce troppo e fatica a segnare. Un declino difficile da accettare per i tifosi, abituati a dominare il calcio nazionale insieme a Feyenoord e PSV. Serve una svolta immediata, nella mentalità e nel gioco, per rispondere alle aspettative di un club leggendario che merita di tornare grande. L’Ajax ha nel suo DNA la capacità di rinascere dalle crisi: deve solo ritrovare la retta via.
L’avvio di stagione è a dir poco shockante. Un solo successo nelle prime 7 giornate di Eredivisie sono un bottino impensabile per il club più titolato d’Olanda. Ora i Lancieri sono incredibilmente in zona retrocessione, con 4 sconfitte di fila che hanno fatto precipitare la situazione. Il punto più basso è stato toccato nel derby contro il Feyenoord, interrotto sul 3-0 per i padroni di casa a causa dei disordini provocati dai suoi ultras. Scene inimmaginabili fino a poco tempo fa per un club abituato a primeggiare con il suo calcio spettacolare. Ora l’Ajax sembra smarrito, incapace di reagire e lontano dai suoi standard. Serve una scossa, nella testa e nelle gambe dei giocatori, per evitare di compromettere irrimediabilmente una stagione partita con ben altre aspettative. È il momento delle scelte forti e coraggiose per provare a risollevarsi.
L’Ajax non può continuare a naufragare in questo modo
Le immagini del derby contro il Feyenoord resteranno una macchia indelebile nella storia dell’Ajax. La rabbia e la frustrazione dei tifosi per il pessimo avvio di stagione sono sfociate in violenze inaccettabili. Lanci di oggetti in campo e fumogeni hanno portato alla sospensione del match sul 3-0 per i rivali. Ma non è finita: assalto alla tribuna della dirigenza, danni allo stadio, scontri con la polizia fuori dall’impianto sedati solo con cariche e lacrimogeni. Scene che quell’ambiente non merita e che macchiano la reputazione di uno dei club più gloriosi al mondo.
L’Ajax prova a reagire all’annata da incubo con decisioni forti e immediate. Dopo i gravi fatti del derby, la dirigenza ha licenziato il direttore tecnico Sven Mislintat, ritenuto tra i principali responsabili del deludente mercato estivo. La rosa allestita si è rivelata inadeguata, lontana dagli standard di una big abituata a vincere come l’Ajax. Ma neanche l’esonero di due allenatori, Alfred Schreuder e John Heitinga, e l’arrivo di Maurice Steijn hanno invertito la rotta. Così, dopo l’ennesimo ko in campionato, è stato sollevato dall’incarico anche il tecnico. Troppi errori nella costruzione della squadra e nelle scelte tecniche per una società che punta sempre in alto. Ora servono scelte oculate e il ritorno a quello spirito vincente che ha reso grande il club in passato per uscire al più presto da questa crisi senza precedenti.
L’Ajax ha fatto dell’auto-rigenerazione il proprio mantra
Negli anni ha saputo reinventarsi costantemente, lanciando nuovi talenti e ripartendo dopo aver venduto i campioni di turno. Un modello efficace che l’ha resa una delle fabbriche di talenti più prolifiche d’Europa. Ma stavolta il rinnovamento è stato troppo radicale e rapido. Della rosa che solo 4 anni fa aveva sfiorato la finale di Champions non è rimasto più nessuno. E anche l’allenatore Erik ten Hag, artefice di quel percorso, è volato al Manchester United. Troppi addii in pochi anni che hanno minato identità e chimica di squadra. Ora serve tornare alle origini: puntare sui giovani del vivaio, creare nuove certezze tecniche e ripartire pianificando con cura il turnover dei giocatori. L’Ajax ha le risorse e la mentalità giusta per risollevarsi, ma deve solo ritrovare armonia tra passato e presente per costruire un futuro ancora vincente.
L’Ajax sta vivendo una crisi che va oltre l’aspetto tecnico-tattico
I problemi sono soprattutto psicologici, di testa. Una squadra fragile, che amplifica ogni errore e fatica a reagire alle difficoltà più i frequenti cambi dirigenziali stanno sortendo pochi effetti. Certo, la rosa non è più quella degli anni d’oro, ma resta di buon livello. Basti pensare che molti elementi vestivano la maglia della nazionale Oranje agli ultimi Mondiali. Eppure in campo appaiono timorosi, insicuri, incapaci di esprimersi. Un atteggiamento che alimenta la contestazione dei tifosi, sempre più insofferenti. L’Ajax non può deprimersi così, deve ritrovare il coraggio di osare e divertirsi con lucidità, lavoro e compattezza interna tornerà grande.
Se l’Ajax sta vivendo una crisi senza precedenti, all’Olympique Lione le cose vanno persino peggio
Il club che dominava in Francia nei primi 2000, forgiando talenti su talenti, oggi è irriconoscibile. Ultimo in classifica, ha già perso contatto dalle rivali dopo poche giornate. Domenica il tracollo casalingo con il Clermont, diretta concorrente per la salvezza, ha certificato il momento drammatico. E pensare che il Lione sembrava pronto a tornare grande, con una solidità societaria ritrovata per competere con il PSG. Invece è notte fonda, tra risultati deludenti, gioco assente e contestazione dei tifosi. Ora deve guardarsi alle spalle provando anche a rilanciarsi puntando sui giovani talenti che restano il suo patrimonio più prezioso. Con umiltà ma anche coraggio, la risalita è possibile.
L’ascesa del Lione negli anni 2000 è una favola calcistica
Da club di provincia a potenza assoluta in Francia grazie al progetto illuminato di Jean-Michel Aulas. Sette titoli consecutivi, una squadra modello che attirava i migliori talenti. Da Lloris a Benzema, da Tolisso a Mendy, autentiche stelle francesi sbocciate qui con un settore giovanile prolifico e all’avanguardia, capace di sfornare campioni a ripetizione. Il Lione divenne un top club, temuto da tutti in patria e rispettato in Europa. Un modello gestionale e tecnico ammirato ovunque. Poi, dopo l’avvento del PSG qatariota, il lento declino. Ma quel decennio dorato ha scritto pagine leggendarie che i tifosi non dimenticheranno.
Il passaggio di proprietà dell’estate 2022 segna una svolta epocale nella storia del Lione
Dopo 35 anni, l’era Aulas finisce con la cessione del club all’americano John Textor. L’ambizioso imprenditore a stelle e strisce, già presente con quote di minoranza in realtà come Crystal Palace e Botafogo, si è detto innamorato del calcio francese e intenzionato a riportare in alto questo “club enorme”. Parole importanti, che hanno alimentato grandi aspettative. Textor si è presentato come risorsa aggiuntiva, elogiando il lavoro del suo predecessore Aulas, ma promettendo di competere per vincere in Francia e in Europa. Finora però le premesse non sono state mantenute: il Lione arranca e Textor deve dimostrare con i fatti la solidità del suo progetto. Servono investimenti oculati e scelte manageriali coerenti per risollevare un club che merita palcoscenici importanti. I tifosi attendono risposte concrete.
L’idillio tra Aulas e Textor è durato poco
Dopo nemmeno un anno, l’ex patron ha lasciato il Lione per divergenze con la nuova proprietà americana. Textor ha pagato oltre 840 milioni per il club, una spesa ritenuta eccessiva da molti. Così è iniziato un piano di austerity: mercato in entrata limitato, cessioni dolorose per riequilibrare i conti. Addii eccellenti che hanno indebolito la rosa e scontentato i tifosi, come quelli dei gioielli del vivaio venduti proprio alle rivali di Ligue 1. Scelte comprensibili dal punto di vista economico, ma che hanno impoverito il progetto tecnico. I tifosi sono stanchi delle false promesse: pretendono fatti concreti per tornare protagonisti.
La situazione al Lione è critica, ma il presidente Textor prova a mostrarsi ottimista
Nonostante l’ultimo posto, nega il rischio retrocessione, difende la scelta di Fabio Grosso e si dice fiducioso in una pronta risalita. Parole di facciata, vista la contestazione dei tifosi. Dopo l’ennesimo ko col Clermont, i giocatori hanno lasciato il campo tra i fischi ironici del pubblico che inneggiava alla Ligue 2. Una scena impensabile fino a poco tempo fa per un club abituato a primeggiare. La rosa ha valore superiore alla classifica e deve dimostrarlo così come la società è chiamata a scelte manageriali coerenti.
L’Olympique Lione ha nel suo DNA la capacità di rinascere dalle crisi. Con umiltà e spirito di sacrificio può risalire e tornare competitivo. I presupposti ci sono, ora devono tradursi in fatti concreti.