Panchine che scottano ma stipendi assicurati: il bizzarro mondo degli esoneri, dove gli allenatori salutano ma restano a libro paga
Nel turbolento mondo del pallone, la parola “esonero” rimbalza frequentemente sulle prime pagine. È ciò che accade quando una società solleva il proprio allenatore dall’incarico, come recentemente vissuto da José Mourinho alla Roma. Si tratta di una pratica diffusa nel calcio professionistico, che però differisce sostanzialmente da un licenziamento.
A dispetto dell’apparente somiglianza, esonero e licenziamento hanno implicazioni economiche e legali completamente diverse. Con il secondo, il rapporto di lavoro si interrompe definitivamente e il tecnico perde ogni diritto. Con il primo, invece, l’allenatore continua a percepire il lauto stipendio fino alla naturale scadenza del contratto, semplicemente venendo esentato dal compito di sedere in panchina e guidare la squadra.
Insomma, nel pallone gli esoneri sono all’ordine del giorno, tra risultati deludenti e divorzi inconciliabili. Ma per i tecnici sono pur sempre un arrivederci dorato, non un addio. Le panchine girano, gli ingaggi restano.
ESONERI DORATI
Nel pallone, esonerare un allenatore è più semplice che licenziarlo. Anche con risultati deludenti, infatti, è improbabile che una società abbia realmente una giusta causa per rescindere legalmente il contratto. Serve qualcosa di più grave, come violazioni disciplinari, accordi loschi con altri club o palesi inadempienze contrattuali.
Mandare via un tecnico solo perché la squadra annaspa è rischioso sul piano legale. Ecco perché nel calcio si ricorre all’esonero: l’allenatore viene sollevato dall’incarico ma continua a percepire il lauto stipendio fino alla naturale scadenza. Un arrivederci dorato, previsto anche dall’accordo FIGC-AIAC.
C’è però un vincolo: il tecnico esonerato non può accasarsi altrove finché non termina il rapporto con la vecchia società, restando formalmente a sua disposizione. Insomma, le panchine girano, gli ingaggi restano e le carte bollate si evitano. Tutti, in fondo, ci guadagnano da questo strano balletto.
VALZER DI PANCHINE
Nel vorticoso valzer delle panchine, può capitare che un allenatore esonerato voglia liberarsi dal vincolo contrattuale per accasarsi altrove prima della scadenza. In questi casi, serve un accordo di risoluzione consensuale con la vecchia società, solitamente accompagnato da una buonuscita come compensazione per il residuo ingaggio.
Non è raro, inoltre, che un club si ritrovi a pagare due stipendi in contemporanea: quello del tecnico in carica e quello, beninteso, del suo predecessore esonerato. Una situazione bizzarra ma comprensibile, considerati i rischi legali del licenziamento.
Può perfino accadere, seppur di rado, che una società richiami addirittura l’allenatore precedentemente esonerato a poche settimane dall’allontanamento. Del resto, meglio un cavallo di ritorno che ritrovarsi a pagare tre stipendi insieme.
Nelle altalene emotive del pallone, la ruota degli esoneri e dei lauti arrivederci gira vorticosamente. Un valzer dove chi balla sono gli allenatori, ma a pagare il biglietto sono le società.
QUANDO L’ADDIO È SENZA PREAVVISO
Sulla carta, le società dovrebbero sollevare un allenatore dall’incarico solo dopo averne constatato il fallimento tecnico. Nella realtà del pallone, invece, la ruota degli esoneri gira vorticosamente, spesso anche dopo poche partite.
I casi eclatanti, come quello di Marcello Lippi cacciato dall’Inter dopo la prima giornata, testimoniano l’ampia discrezionalità dei club. Del resto, mandar via un tecnico senza rischi legali è facile. Molto più raro è invece imbattersi in un autentico licenziamento, come quello comminato da Massimo Cellino a Davide Ballardini nel 2012.
In quel frangente, il vulcanico patron del Cagliari ruppe gli indugi accampando giusta causa. I motivi? Top secret, ma evidentemente gravissimi per arrivare alla rescissione unilaterale del contratto, pratica ardita nel calcio.
Mentre gli esoneri abbondano, i licenziamenti di allenatori sono eventi più unici che rari. Segno che le società, pur tra alti e bassi, preferiscono sempre lasciarsi una porta aperta con gli ex.
QUANDO L’ESONERO È DI MODA
La girandola di panchine in Serie A non accenna a placarsi. Prima di Mourinho, altri 5 tecnici avevano già salutato anzitempo in questa tribolata stagione. Da Aurelio Andreazzoli a Paolo Zanetti (Empoli), passando per Rudi Garcia (Napoli), Andrea Sottil (Udinese) e Paulo Sousa (Salernitana): tutti travolti dal vortice incessante di risultati e aspettative.
E la sensazione è che non sia ancora finita qui. Tra presidenti impazienti e piazze incandescenti, è probabile che altri allenatori saliranno presto sul valzer, tra esoneri, dimissioni e divorzi consensuali. Del resto il pallone è questo: panchine bollenti, poltrone traballanti e stipendi garantiti. Per i tecnici, anche quando finisce è solo un arrivederci.