Dall’ascesa con l’Hoffenheim alla consacrazione a capo del Lipsia: Ralf Rangnick, vicinissimo alla panchina del Milan, sarà il volto nuovo sulla panchina del Manchester United.
Ci sono allenatori, in Premier League, che continuano a produrre più debiti che punti in classifica e non titoli. È il caso del Manchester United orfano di un manager all’altezza di Sir Alex Ferguson. Un club che ha letteralmente sperperato sul mercato un sacco di denaro senza raccogliere nulla in cerca di un uomo in grado di durare e che sia in grado di ricostruire una grande squadra con spese mirate.
Siamo di fronte all’ennesima stagione travagliata e rivoluzione in vista: non c’è pace in casa dei Red Devils che pensano ancora al cambio di allenatore dopo l’esonero di Ole Gunnar Solskjaer. Il nuovo progetto prevede di inserire nel proprio organigramma un uomo che sappia creare valore, come ai tempi dell’indimenticato manager scozzese, bravo nelle strategie mirate senza casualità o improvvisazione per accontentare la piazza. Condizionamenti, capricci di giocatori, procuratori potenti capaci di fare e imporre affari al club, allenatori sbagliati. Una frenesia per l’acquisto che ha portato la squadra a non avere più una identità
Il club ha affidato a Michael Carrick il compito di assumere la guida della squadra, in attesa che di annunciare a breve il manager ad interim fino alla fine della stagione. È molto probabile che l’ex vice di Solskjær guidi ancora per una partita lo United nella difficile trasferta con il Chelsea. Infatti, nelle ultime ore, sull’Old Trafford aleggia l’ombra di Ralf Rangnick, più volte accostato in passato alla causa del Milan, quando alla proprietà di Elliott piaceva parecchio.
Dall’ascesa con l’Hoffenheim alla consacrazione a capo del Lipsia: Rangnick sarà inizialmente il volto nuovo sulla panchina del Manchester United in attesa di capire il suo ruolo come direttore tecnico.
Chi è Rangnick
Non tutti conosceranno Ralf Rangnick. Si tratta di uno dei fautori, forse il principale, dell’immensa crescita del RB Lipsia negli ultimi anni. Nato a Backnang 63 anni fa, Rangnick non ha un passato da giocatore professionista: sin dai primi anni della sua carriera nel mondo del calcio si divide tra il ruolo di allenatore e dirigente. Inizia a farsi un nome alla guida dello Stoccarda nelle serie minori, ma è a metà dello scorso decennio che arriva la prima importante chiamata dello Schalke 04.
Un anno e mezzo vissuto con buoni risultati, poi la grande scommessa Hoffenheim, che guida dalla terza serie alla Bundesliga con una scalata che non passa inosservata in Germania. Nel 2011 lo Schalke lo riporta poi a casa e qui vince il suo primo grande trofeo: una coppa nazionale. Lo ricorda bene anche l’Inter, che in quella stagione fu eliminata dalla Champions League con un sonoro 5-2 a San Siro firmato proprio dalla squadra di Rangnick.
L’anno successivo prende in mano il Lipsia e si alterna nei ruoli di allenatore – con ottimi risultati – e direttore sportivo, contribuendo alla crescita di una squadra capace di arrivare al terzo posto in classifica, a ridosso di due colossi come il Bayern Monaco e il Borussia Dortmund. Ma soprattutto ha valorizzato decine di giocatori. Da Firmino, Mané a Keita, da Kimmich a Werner, sino ad Haaland, tutti venduti per parecchi milioni di euro ai grandi club europei. Un laboratorio fatto di lavoro duro. Il suo credo sarà “piccoli investimenti per grandi crescite”.
Vicino al Milan: Rangnick poteva sostituire Pioli
Il Milan aveva seriamente fatto passi concreti verso Ralf Rangnick. Il club rossonero, nel gennaio del 2020, prima dello scoppio della Pandemia Covid-19, voleva il tedesco ufficialmente con il doppio incarico, ovvero quello di allenatore e direttore sportivo nel tentativo di riportare il club tra le big. Rangnick in merito all’offerta del Milan si era dimostrato aperto a parlare, dopo aver rifiutato in modo secco due proposte del Bayern Monaco e dell’Everton.
Il tecnico aveva confermato tutto alla ‘Bild’ dopo aver informato la Red Bull, poi saltò tutto e il manager tedesco spiegò le ragioni al ‘Corriere della Sera’.
“Una risposta semplice può essere: c’è stato il Covid. Ero stato contattato dal Milan a ottobre, quando erano a 3 punti dalla zona retrocessione. Mi ha colpito la conoscenza che avevano nel mio lavoro passato. Poi Pioli ne ha vinte 9 e pareggiate 3, i discorsi si sono chiusi. Eravamo d’accordo che cambiare nell’immediato non sarebbe stato saggio. Sul medio-lungo termine non so”.
L’ex allenatore del Lipsia e dell’Hoffenheim aveva spiegato nei dettagli la propria filosofia e l’incompatibilità con alcune scelte del Milan, in particolar modo con quella del club di riportare l’allora 38enne Zlatan Ibrahimovic, spiegando che il suo compito sarebbe stato quello di creare valore, non comprarlo. Per lui i calciatori vanno cercati quando non li conosce quasi nessuno come ha sempre agito alla Red Bull, dove insieme al suo staff ha lavorato di continuo sugli scout.
Il modello Rangnick, comunque, difficilmente poteva funzionare anche in Serie A per come è strutturato il campionato a livello di gerarchie. Nel Milan soltanto sfiorato, un matrimonio naufragato poco prima che si compiesse, difficilmente avrebbe potuto mettere in atto la sua filosofia. A Milano servono risultati immediati, non c’è tempo per arrivare per due o tre campionati fuori dalla zona Champions. Ed per questo che dopo essersi promesso ai rossoneri, decise poi fare il dietrofront in estate.
Anche a causa delle pesanti dichiarazioni di Paolo Maldini rilasciate all’Ansa sul manager tedesco accostato al Milan e che avrebbe chiesto pieni poteri gestionali per accettare il ruolo al club rossonero senza il suo consenso. Il ds non capiva su quali basi vertessero le sue dichiarazioni, anche perché dalla proprietà non gli era mai stato comunicato nulla. Del tecnico tedesco infatti non gradì il suo voler un ruolo con pieni poteri gestionali sia dell’area sportiva che di quella tecnica, perché avrebbe invaso delle zone nelle quali lavoravano già dei professionisti con un regolare contratto.
L’ex capitano lo liquidò così:
“Avrei dunque un consiglio per lui, prima di imparare l’italiano dovrebbe dare una ripassata ai concetti generali del rispetto, essendoci dei colleghi che, malgrado le tante difficoltà del momento, stanno cercando di finire la stagione in modo molto professionale, anteponendo il bene del Milan al proprio orgoglio professionale”.
Anche Zvonimir Boban, l’ex Chief Football Officer rossonero, non era andato giù il contatto della proprietà – nell’espressione dell’Ad Gazidis – con Rangnick, avvenuto alle spalle della guida tecnica. Lo definì un evento destabilizzante in un momento durante il quale la squadra stava crescendo grazie al grande lavoro di Stefano Pioli. Non averlo avvisato per lui venne considerato irrispettoso e inelegante. Non da Milan. Nell’intervista alla ‘Gazzetta dello Sport’ non aveva nascosto il malcontento per quest’azione, che incrinò definitivamente i suoi rapporti con la società e che successivamente portarono al suo addio.
Con quale modulo gioca Rangnick
Dal punto di vista tattico il ‘diktat’ del ‘professore’ (così viene chiamato in patria) è sempre stato un pressing organizzato: una speciale ‘passione’ che lo stesso Rangnick è arrivato a spiegare anche in televisione in una vera e propria lezione. L’allenatore tedesco gioca abitualmente con la difesa a quattro e alterna spesso il 4-3-3 al 4-3-1-2, con una flessibilità tattica che lo porta a esaltare le caratteristiche dei migliori giocatori a disposizione.
Chi allena attualmente Rangnick
Rangnick dopo essere stato a capo del settore sport della Red Bull nello speciale ruolo di ‘Head of Sport and Development Soccer’, attualmente è il responsabile dell’area sportiva della Lokomotiv Mosca. Le voci delle ultime ore hanno confermato che il tedesco ha risolto il proprio contratto con il club russo. Il rapporto tra il club moscovita e Rangnick si è concluso con tre anni di anticipo sulla scadenza originaria del contratto del tedesco, datata 30 giugno 2024. L’allenatore tedesco è ora atteso all’Old Trafford dove assumerà ruolo il manager ad interim dei Red Devils fino al prossimo giugno e, nelle due successive stagioni, avrà un contratto da consulente.
Spetterà a lui scegliere il nuovo manager. Una rivoluzione con pochi eguali e personalità forte: gli servirà per sopportare la pressione di una piazza che continua a cullare grandi ambizioni. La concorrenza del City è avvisata.