ph: Scuderia Ferrari

F1: Ad Imola è tornata domenica

Il ritorno della Formula 1 ad Imola si è colorato di ricordo ed emozione: un fine settimana di altalene tra passato e presente, dove il passato vive ancora e il presente non è più così irraggiungibile…

Max ha vinto, ma qualcosa è cambiato. Non è scappato via, non ha guidato per sessantatré tornate da solo. L’astronauta, stavolta, era senza la sua incredibile astronave. Raggiunto da un avversario che inizia a poter essere temibile, un Lando galvanizzato da una vittoria che sembrava impensabile e che lo ha sbloccato nel livello successivo: quello dei vincenti.

Qualcosa è cambiato, la Ferrari deve stare attenta. Nella prima gara di casa avrebbe potuto festeggiare un’incredibile doppietta, se al sabato… Basta. Coi se e coi ma, si sa, non si va mai molto lontano. C’era molta aspettativa, gli stessi piloti avevano buone sensazioni, ma non è stato abbastanza. Un podio non può colmare la voglia di esserci, di essere acclamati perché vincitori.

ph: Mark Sutton / Motorsport Images

Non si può giudicare il nuovo solo da Imola, per le sue caratteristiche particolari. Aspettiamo Monte Carlo, aspettiamo Montréal. Sarà un lungo anno: per molti si era già chiuso a fine marzo. Invece, eccoci. Con nuovi scenari, con l’imprevedibilità che condiziona ogni pronostico. E questo stuzzica, esalta. Esalta come il fiume rosso che ha invaso il tracciato dopo lo sventolio della bandiera a scacchi. Esalta come quell’inno italiano intonato all’unisono senza stonature, così forte, così potente, da coprire ogni altro suono e farlo suo, come se sul gradino più alto del podio ci fosse stato un uomo dalla tuta rossa.

ph: Scuderia Ferrari

C’era tutta la felicità delle persone, in quell’inno cantato a squarciagola. C’era la voglia di mettere da parte tutto ciò che il 2023 ad Imola aveva tolto. C’èra l’emozione di esserci, dopo un anno esatto. C’era commemorazione, emozione. C’era quella bandiera austriaca sventolata da Vettel, c’era la sua tuta gialla con i richiami verdi bianchi e blu del casco di Ayrton. C’era quella McLaren che lo aveva reso campione tra i campioni. C’era che, da quella Imola del 1994, erano trascorsi trent’anni. Un dolore che non è stato mai dimenticato, e che è stato tramandato di generazione in generazione per rendere Ayrton vivo. Da quel primo maggio, ad Imola, non era più domenica. Una domenica che adesso è tornata, più orgogliosa che mai.

ph: Formula 1

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