GP Argentina 1955: Fangio sconfigge il terribile “Pampero”, il vento caldo che arroventa ogni cosa, con una mossa vincente.
di Francesco Tassi
La mattina del 3 gennaio 1955 all’aeroporto di Caselle la scuderia Lancia è in procinto di decollare alla volta dell’Argentina: si è scomodata perfino la presidentessa in persona, Adele Lancia Miglietti, per ‘augurare buon viaggio’.
Tra i partenti c’è anche il figlio Gianni, uno degli artefici insieme a Vittorio Jano di quella strana scommessa denominata D50. Il viaggio del DC-6 è infinito: fa scalo a Lisbona, Dakar, Recite e Rio de Janeiro prima di atterrare a Buenos Aires nel pomeriggio di mercoledì 5.
In Argentina, tappa inaugurale del campionato del mondo di Formula 1, il caldo asfissiante attende la carovana. Niente di nuovo qua.
Scesi in pista, tutti i piloti devono fare i conti con inevitabili problemi ai freni che causano testa coda a ripetizione: non fa eccezione nemmeno Alberto Ascari, uno che è considerato maestro della guida pulita. Al termine delle qualifiche Ciccio – che ha puntato tutto su questa vettura, rinunciando di fatto alla stagione ’54 – stacca il secondo tempo, mezzo secondo dietro al ferrarista Froilan Gonzalez, terzo Juan Manuel Fangio e quarto Behra.
Ferrari – Lancia – Mercedes – Maserati nell’ordine. Altri tempi.
L’indomani è il presidente Peron a dare il via alle 16:00 locali in presenza di quattrocentomila spettatori dichiarati. Fangio, che corre in casa ed è un volpone, sapendo cosa attenderà i piloti in gara si è allenato appositamente per resistere alla sete. Esattamente il contrario di quello che hanno fatto gli altri, idratatisi a più non posso per tutta la settimana che precede il GP.
Infatti inizia una folle gara di resistenza, tra cedimenti fisici, uscite di pista e continui cambi d’auto, all’epoca consentiti per regolamento. Quella domenica 16 gennaio la Lancia schiera un giovane pilota lodigiano al debutto, si chiama Eugenio Castellotti. In qualifica se l’è cavata abbastanza bene, dodicesimo, ma in gara resiste appena 16 giri prima di arrendersi ad una insolazione e cedere la vettura a Villoresi.
Ascari esce di pista dopo 22 giri, ad oggi ancora non è chiaro se per una macchia d’olio o per la vettura inguidabile. Quello che sembra essere messo peggio di tutti è l’inglese Stirling Moss: si arrende al 29° giro e quando scende dalla Mercedes W196 S crolla al suolo esanime.
Gigi Villoresi esce di pista al 36° giro: è trascorso poco più di un terzo di gara e le 3 Lancia sono già fuori gioco. Gianni inizia a fare frettolosamente le valigie.
Fangio dal canto suo domina permettendosi anche una sosta. Non ci sono ovviamente le radio per comunicare e quando al box se lo vedono arrivare il sudore improvvisamente si gela al box Mercedes. In realtà è un semplice cambio gomme.
Quello che succede in quei frangenti la dice lunga. Qualcuno della squadra gli passa una bottiglia d’acqua per dissetarsi ma anziché berla se la versa in testa e addosso.
Riparte e si aggiudica la corsa dopo 96 tornate percorse in oltre 3 ore e 38 minuti di cui praticamente uno e mezzo di vantaggio sulla Ferrari di Gonzalez, guidata anche da Nino Farina e da Maurice Trintignant. Al terzo posto, staccata di due giri, arriva la Ferrari originariamente di Nino Farina, condivisa sempre con Trintignant e guidata da Umberto Maglioli che addirittura non aveva preso il via ed era subentrato in corsa.
Al quarto posto si piazza la Mercedes di Hans Herrmann, alternatosi con Kling e….portata al traguardo dal redivivo Moss. Quinto è l’argentino Roberto Mieres con la prima Maserati, unico insieme a El Chueco a non essere ricorso al cambio pilota.
Altri tempi.
Con la 14esima vittoria Fangio ritocca il record di Ascari, per lo squadrone tedesco è appena la numero 5.
“Io sapevo – scrisse Fangio – che cosa avremmo provato in quella corsa. Avevo fatto tutto il possibile per allenarmi coscienziosamente alla terribile disidratazione che ci avrebbe colpito. I piloti europei avevano passato tutta la settimana a ingurgitare qualsiasi tipo di liquido purché fosse fresco. Cercavo di resistere con non più di un litro di acqua minerale”.
Il gp d’Argentina purtroppo segna anche l’ultima partecipazione in Formula 1 di una promessa italiana, Sergio Mantovani: sabato 27 marzo 1955 durante le prove del VII Gran Premio del Valentino, – non valido per il mondiale – sarà vittima con la sua Maserati di un gravissimo incidente che gli costerà l’amputazione di una gamba.