Il 21 ottobre del 2018, Kimi Raikkonen conquista la sua ultima vittoria in Formula 1. Lo fa, come pilota Ferrari. Lo fa, in quella che è la sua ultima stagione con la Scuderia del Cavallino Rampante…
Amato da tutti senza volerlo. Senza volerlo appositamente. Iceman, l’uomo di ghiaccio, un nomignolo che gli piace così tanto che decide di tatuarselo sul braccio. Un uomo di ghiaccio sui generis, un inconsapevole quanto spontaneo comico, detentore di quello che, ad oggi, è l’ultimo titolo mondiale piloti conquistato dalla Scuderia Ferrari.
Era il 21 ottobre del 2007. La terra di quella domenica era brasiliana, di Interlagos. Il palcoscenico di una stagione fatta di sorprese e scandali.
E in tutto quel marasma scatenato dalla McLaren di Ron Dennis, a sbucarla è proprio Kimi. Mentre nella sua casa a Porkkalanniemi, sua madre Paula ha chiuso le porte alla stampa. Il padre, Masa, preso dall’euforia afferra un paio di forbici e si taglia i capelli. Una telefonata di urla e pianti come antipasto dei festeggiamenti del finlandese una volta tornato in patria, dopo la fine di quella stagione 2007.
Il 2007 dello spionaggio: la McLaren aveva acquisito illecitamente delle informazioni tecniche appartenenti alla Ferrari.
Un furto che il team di Woking avrebbe pagato con la squalifica dal campionato e con una multa di cento milioni di dollari. A rivelare il tutto, però, fu l’allora pilota di Ron Dennis, Fernando Alonso. Lo spagnolo fornisce le prove in cambio di un sedile rosso.
Quello di Kimi Raikkonen. Una promessa mantenuta da Maranello all’alba del 2010. Poi, il ritorno di Kimi in Italia, nel 2014. E un secondo congedo decisamente diverso dal primo.
Prima di arrivare a quel weekend a stelle e strisce di cinque anni fa, è bene quanto doveroso fare un passo indietro.
Nell’estate del 2018, la Scuderia Ferrari viene travolta dalla scomparsa del suo presidente, Sergio Marchionne. Di conseguenza, Raikkonen si rende conto di quanto la sua seconda avventura in rosso stia giungendo al termine per dare spazio al giovane talento allevato con cura dalla FDA che porta il nome di Charles Leclerc.
Il sabato del Gran Premio d’Italia, qualche giorno prima dell’annuncio del suo passaggio all’Alfa Romeo Sauber per il 2019, Kimi regala ai suoi tifosi una pole position leggendaria fatta di un record stellare. Una manifestazione concreta della sua tenacia e della sua forza interiore, maggiori del suo disagio. La risposta migliore a quella notizia ricevuta poco prima, a quella fine della sua lunga storia con la rossa che gli era stata riferita.
Arriviamo ad Austin, il 21 ottobre. Del 2018.
Un boato si leva dagli spalti texani per celebrare un momento storico. Mai, nella storia della Ferrari, un suo pilota era riuscito a vincere a distanza di undici anni dal primo successo al volante di una rossa. E poi, una vittoria che persino lo stesso Kimi sapeva che, molto probabilmente, sarebbe stata la sua ultima in Formula 1. L’ultima, vestito di rosso.
Una visione romantica, per chi è attento alle date, se pensiamo a quel finale di stagione arrivato esattamente undici anni prima. Di domenica, in America. Anche se in due stati diversi.
Fedele al suo personaggio, sul podio Raikkonen non regala particolari emozioni sul podio. Indossa i suoi soliti, grandi e scuri occhiali da sole, affiancato da Verstappen ed Hamilton. Sorseggia lo champagne, consapevole – forse – che sarebbe stata l’ultima occasione di vedere il fiume dei tifosi dal gradino più alto. Da pilota Ferrari. Da pilota di Formula 1.