Il re è tornato, ma in realtà non è mai andato via. È sempre stato lì, a lottare per riappropriarsi del suo posto dei vittoriosi, dei vincenti, dei più forti. Lewis Hamilton, dopo 945 giorni, torna a sedersi su un trono che, in realtà, non ha mai abbandonato.
Ci sono vittorie, nella vita, in grado di farti sentire improvvisamente potente. Vivo. Invincibile. Perché sconfiggere i dubbi, la rabbia, la frustrazione, ti regala una vampata di energia positiva. Ti travolge, come uno tsunami. Ti pervade, come una botta di calore, o un brivido.
Ci sono vittorie, nella vita, che hanno più valore di quelle precedenti. Ti fanno esplodere in un pianto liberatorio, un pianto che si espande tanto da arrivare a tutti quelli che ti amano, che ti supportano, che ti hanno sempre seguito.
Quando sei un uomo che ha vinto tutto, o quasi, in 17 anni di velocità, rischio e passione, e all’improvviso la tua corsa ha un punto improvviso d’arresto, accade qualcosa.
Lewis Hamilton ha firmato nuovi record nella storia della Formula 1 e non solo. Otto titoli mondiali, di cui uno mai annunciato, e tanto altro, lo rendono il più vincente di sempre. È stato odiato, è stato amato, è amato, Lewis. Un pilota sulla cima più alta del monte della gloria che improvvisamente cade, e dal fondo, non ha più la stessa vista.
Quella notte, ad Abu Dhabi, mentre la festa era di qualcun altro, in Lewis il senso di ingiustizia e tradimento da parte di quel mondo per cui aveva lottato tanto iniziarono a prendere il sopravvento. Si è preso una pausa, Lewis, da quel 2021. Una pausa dal resto che aveva gli occhi puntati su di lui, sulle sue reazioni, sull’ascesa della sua carriera improvvisamente bloccata da un nuovo nemico. Max, Red Bull, la FIA. E poi, dopo il silenzio, ritornare. Sperando di potersi riprendere quello che gli era stato tolto. Qualcosa è andato storto. La Mercedes, da astronave, diventa un monoplano. E Lewis non vince più. “Per due anni e mezzo, ogni giorno mi sono alzato per allenarmi, combattere. Sia fisicamente che mentalmente. Ci sono stati dei momenti in cui sono persino arrivato a pensare di non essere più all’altezza… Oggi non riesco a smettere di piangere”.
Queste parole sono state pronunciate proprio da Lewis, domenica 7 luglio, dopo aver tagliato il traguardo del vincitore a Silverstone. Lì, davanti alla sua gente, nella sua terra, torna a sventolare la bandiera del Regno Unito, con le lacrime che scorrono incessanti sul suo volto.
È una vittoria storica, arrivata dopo 945 giorni di sofferenza, rapporti incrinati, decisioni, cambiamenti, dubbi. Una vittoria che tutti, persino il rivale del 2021, hanno compreso. Una vittoria che fa bene alla Formula 1, ma soprattutto a sé stesso. Per chiudere un cerchio ed essere pronto ad aprirne un altro, probabilmente l’ultimo da pilota nella massima serie in cui ha raccolto di tutto.
Ha chiuso un’epoca, un capitolo. Quello con la Mercedes, la freccia d’argento che Lewis ha tramutato in oro, quello con Toto, con cui i rapporti da febbraio non sono gli stessi di sempre. Ha chiuso un capitolo, e non è un caso che lo abbia fatto proprio a Silverstone, il suo Gran Premio, tra l’abbraccio con il padre e le congratulazioni dei colleghi, tra il boato dei tifosi e le lacrime dei sostenitori. Forse per ricalpestare il gradino più alto del podio ci vorrà altro tempo, ma aver conquistato il Gran Premio di casa ripaga Lewis di tutto quello che in due anni e mezzo ha sofferto.
Per poi sperare di poter sventolare la sua bandiera, ancora, ancora e ancora, vestito di rosso.