Nel grande libro della storia della Formula 1, tra le pagine che compongono il capitolo dedicato alla stagione del 1998 ve n’è una dedicata a quella che viene considerata una delle vittorie più “astute”. Siamo a Silverstone, e i protagonisti sono la Ferrari e Michael Schumacher…
Dalla terra del valzer alla culla della Formula 1. Dall’appuntamento segnato dai “limiti” e dalle penalità, a quello che rappresenta la chiamata più importante della stagione per la rossa di Maranello.
Nella corsa in solitaria di Red Bull verso l’ennesima conquista mondiale, c’è chi, un po’ più indietro, cerca di salvare un campionato difficile e tutto in salita. Silverstone, per la Ferrari, è un appello d’esame che non prevede una promozione con un solo 18. Si arriva a un anno dalle polemiche, a quasi un anno di digiuno di vittorie, a una settimana da un podio che avrebbe potuto essere doppio, senza una doppia e pesante penalità.
In passato, la Rossa ha saputo fare, però, della penalità, un punto di forza. Un’occasione per mostrare la sua eccellenza strategica nella fase della costruzione di un dominio inarrestabile per un quinquennio.
Facciamo un salto temporale di 25 anni per atterrare al weekend del Gran Premio di Gran Bretagna del 1998. La situazione in cui ci troviamo è la seguente: Mika Hakkinen, pilota di punta di una McLaren ai vertici delle classifiche iridate è leader del campionato con un vantaggio di sei punti sul rivale in Ferrari, Michael Schumacher.
In qualifica, è il finlandese a far sua la partenza dal palo, davanti al rivale in rosso, seguito da Villeneuve, Coulthard, Irvine e Frentzen.
Domenica 12 luglio, tutto è pronto per dare inizio alla corsa. Si parte, tutti con gomma intermedia, grazie alla pioggia intensa che si abbatte sul circuito da giorni. Al via sia Hakkinen che Schumacher partono bene, mentre il ferrarista Irvine scivola al decimo prima di riguadagnare piazzamenti nelle tornate seguenti.
Il Gran Premio sembra già tinto McLaren, soprattutto quando, al quinto giro, Coulthard supera Michael alla curva Abbey.
Damon Hill è il primo a ritirarsi, finendo fuori pista a Brooklands al 13esimo passaggio, seguito da Frentzen. Arriva il momento dei primi pit stop, in una fase in cui anche la pioggia aumenta la sua intensità. Non solo, oltre all’intensità aumentano anche i colpi di scena. Ma andiamo con ordine.
Hakkinen, Coulthard e Schumacher occupano le prime tre posizioni. La Sauber di Johnny Herbert finisce fuori pista, ma rientra in pista grazie alla spinta dei commissari: roba da squalifica, direte, ma si ritira prima che questo possa avvenire.
Salo, Rosset e Tuero concludono la loro corsa nell’erba, seguiti anche da Coulthard. Per la gioia dei tifosi in rosso, lo scozzese è costretto al ritiro a causa di un testacoda avvenuto nel tentativo di passare il doppiato Wurz. Intanto, la McLaren superstite continua incontrastata verso la vittoria con un vantaggio di 24 secondi sul tedesco.
Il tempo passa, la pioggia no. Le uscite di pista continuano, per Trulli, Verstappen e anche Hakkinen, che va lungo alla curva Bridge per poi rientrare in corsa. E ancora: barriere per Barrichello e Panis.
Ecco che allora scende in campo la Safety Car. Schumacher, però, durante questa fase supera il doppiato Wurz per mettersi alla caccia della McLaren. Alle curve Becketts Hakkinen fa un lungo e Schumi ringrazia. E mentre Irvine cerca di insidiare il finlandese senza successo, anche Alesi esce dai giochi salutando la sua quarta posizione per colpa di noie all’impianto idraulico.
Alla fine della gara mancano ormai pochi minuti. Pochi minuti che sono abbastanza per sconvolgere i piani della Ferrari: uno stop&go di dieci secondi viene inflitto a Schumacher per il sorpasso su Wurz.
Per evitare di essere sopraggiunto dal rivale e perdere la corsa rientrando subito ai box, al muretto box della rossa si accende il genio: Ross Brawn decide di fermare il tedesco solamente all’ultimo giro, facendogli tagliare il traguardo… dalla pit lane!
Così facendo, Schumacher vince davanti ad Hakkinen. In maniera certamente non povera di dubbi e polemiche. Ma, altrettanto certamente, frutto del rapido ingegno e di quella sana furbizia che, in molti, vorrebbero rivedere anche nella Ferrari di oggi.