FC St. Pauli: Un oceano ci separa. Ma l’amor mio non muore

Tra i tanti gruppi di sostenitori di squadre estere, Davide Ravan ha avuto il piacere di intervistarne uno davvero particolare: tifano dall’altra parte del mondo e loro sono il Bloqueo Mexico del F.C. Sankt Pauli.

È un anno strano questo, e non me ne accorgo certo io per primo. Partito con il rischio di un’escalation che sarebbe potuta sfociare in una guerra dai risvolti potenzialmente distruttivi per l’umanità (le tensioni USA-Iran), è proseguito presentandoci il conto di una pandemia che così grave non si vedeva da almeno un secolo, quando nel Vecchio continente (complice una guerra massacrante) apparve la cosiddetta Spagnola, che uccise più di venti milioni di persone in tutto il mondo.

I numeri dei morti per Coronavirus per fortuna sono nettamente inferiori grazie ai progressi della scienza e della medicina in questi ultimi cento anni e a un’attenzione posta a livelli altissimi in quasi tutti i paesi.

L’uso della mascherina, il lockdown, il distanziamento sociale, al momento ci stanno consentendo -almeno in Italia- di vivere un’estate il più possibile simile alle centinaia di estati che l’hanno preceduta nell’ultimo secolo.

Ma è proprio su uno dei tre punti citati poco fa che vorrei tornare: il distanziamento sociale.

All’improvviso, una società come quella occidentale, fatta di scambi, di contatti, di attraversamento di frontiere, di libertà e di convivialità, si è trovata spiazzata dall’arrivo di questo virus, che ci ha costretto a rivedere i nostri concetti di libertà individuale e salute comune e ha avuto come conseguenza il lungo lockdown di due mesi a cui tutto il paese è stato sottoposto.

E così, da un giorno all’altro, ci siamo trovati impossibilitati ad andare fuori a cena, al cinema, a teatro, a trovare i nostri parenti, a frequentare bar e circoli e ad abbandonare -per i pochi che ancora ci andavano- gli stadi, luoghi dove per natura il distanziamento sociale non esiste e dove tutti toccano tutto e tutti, abbracciandosi e insultandosi.

E così abbiamo visto nascere il calcio del post-Covid, con stadi tristemente silenziosi e spalti completamente deserti, in Serie A come in Bundeseliga, Liga, Premier e fra poco anche in Europa League e Champions League.

Ma il calcio senza tifosi (come affermato anche da Mihajlovic e Gattuso) è un altro sport (e fa abbastanza schifo, diciamocelo dai) e quello a cui abbiamo assistito sino a ieri è un umile surrogato dello sport più seguito e amato in Europa.

Ma a proposito di distanziamento sociale mi sono chiesto una cosa: noi siamo abituati a tifare le squadre delle nostre città (o del nostro paese in casi limite tipo la Juventus, che raccoglie tifosi in tutta Italia così come Inter e Milan, ma con le milanesi che seguono a debita distanza i bianconeri) e dall’oggi al domani ci siamo visti privare della nostra libertà di prendere posto sugli spalti e tifare, e ci siamo trovati costretti a ridurre la nostra passione a un divano con birra e patatine con di fronte un piattissimo schermo televisivo che ci trasmetteva le immagini delle cattedrali nel deserto. Ma chi tifa -e ce ne sono, e anche tanti- squadre che militano in campionati stranieri, magari anche in continenti diverso dal nostro, come hanno vissuto il problema degli stadi vuoti? Molto probabilmente non ne sono stati toccati, o quantomeno si rammaricano della mancanza di una cornice di pubblico che condivide con loro la medesima fede, ma loro le partite della propria squadra del cuore già prima erano costretti a seguirle in tv, quindi nulla di nuovo e sconvolgente.

Ma tra i tanti gruppi di sostenitori di squadre estere ho avuto il piacere di intervistarne uno davvero particolare. Particolare perché intanto non tifano uno squadrone come Real Madrid o Liverpool, ma una squadra -nemmeno forte- della Zweite Liga, la serie B tedesca. E poi perché la tifano dall’altra parte del mondo. Loro sono il Bloqueo Mexico del F.C. Sankt Pauli.

Breve bio del Sankt Pauli

Il Sankt Pauli è la squadra del quartiere del porto di Amburgo, quartiere dal quale prende il nome. Sankt Pauli è famoso in Germania per essere il quartiere a luci rosse della città sul fiume Elba: marinai, prostitute, sottoproletariato vario e qualche conflitto sociale. La storia di Sankt Pauli, per chi vuole fermarsi all’apparenza, si potrebbe riassumere in questa riga.

Ma in realtà questo quartiere è molto di più: è casa degli ultimi e dei reietti, di chi è stato sputato via dalla società per bene; è casa di solidarietà, mutuo soccorso; è zona di case occupate, di squatter, di centri sociali; di locali che piano piano stanno diventando di moda affiancati a vecchi bar dove ancora si può bere una birra pagandola meno di una bottiglietta d’acqua; di dock affacciati sull’Elba e ristoranti italiani e cinesi. Ed è calcio. Perché sì, il Sankt Pauli non sarà uno squadrone, ma ormai vive stabilmente in Zweite Liga da diversi anni e da un paio di stagioni si toglie la soddisfazione di sfidare nel derby cittadino la gloriosa prima squadra della città, l’HSV Amburgo, nobile teutonica retrocessa per la prima volta nella storia al termine della stagione di Bundesliga 2017/2018 e non ancora riuscita a risalire nel campionato che per storia e blasone più gli competerebbe.

Il Sankt Pauli ha un suo stadio, il Millertnor, che si trova proprio al centro del quartiere, che può contenere poco meno di 30’000 spettatori: i posti, a prescindere dai risultati della squadra, sono quasi sempre esauriti (e stiamo parlando di serie B, va ricordato).

Ma perché questa umilissima squadra riesce ad avere un gruppo di sostenitori dall’altra parte del mondo, in Messico?

In realtà i gruppi di tifosi del Sankt Pauli sparsi nel mondo sono molti di più e coprono tutti i continenti, ed è presto spiegato il perché: negli anni ’80 il tifo dei BraunWeiss ha virato decisamente a sinistra, coinvolgendo in questa strada politica anche la società stessa, che ha deciso di dare, anno dopo anno, sempre più peso al lato sociale, fino ad arrivare ai risultati odierni, dove F.C. St. Pauli è sinonimo di accoglienza, integrazione e aiuto agli ultimi.

Ci sarebbero molte più cose da dire su questa squadra dalla storia affascinante, ma non è questo l’articolo giusto per farlo. Per tanto mi permetto di consigliarvi la lettura dell’ottimo libro Ribelli, sociali e romantici. F.C. St. Pauli tra calcio e resistenza, di Nicolò Rondinelli edito da Bepress (che uscirà a breve nella versione aggiornata).

Per il momento vi lascio alla chiacchierata con Mario Javier del Bloqueo Mexico, chiacchierata nella quale abbiamo toccato diversi argomenti anche al di là del calcio.

Come nasce il Bloqueo Mexico?

“Il Bloqueo Mexico è nato dalla necessità di far conoscere l’ideologia che sta dietro al Sankt Pauli in Messico, e di mettere in pratica questa mentalità anche nel contesto particolare del nostro paese”.

Quante persone fanno parte attivamente del vostro gruppo, appoggiando le vostre iniziative e aiutandovi a far conoscere il Sankt Pauli?

“Attivamente siamo una ventina di persone. Mettiamo tutta la nostra passione, e le nostre risorse, nel Bloqueo per amore del Sankt Pauli”.

Tu personalmente sei mai stato al Millertnor per una partita dei Braun-Weiss?

“Personalmente no, non ci sono mai stato, ma sarebbe il mio grande sogno. Devo molto a questa squadra: anche il mio matrimonio e la nascita dei miei figli sono dovuti al Sankt Pauli e al Bloque Mexico, che mi hanno permesso di conoscere la donna che è poi diventata mia moglie”.

Puoi dirmi come si svolge per voi la giornata della partita del Sankt Pauli? Vi incontrate in un determinato posto, mangiate tutti assieme, tifate, insomma, cosa fate per sostenere la squadra?

“La differenza di orario con l’Europa non è un ostacolo da poco per noi. Normalmente proviamo a svegliarci alle sei del mattino, l’ora della partita qui in Messico, e commentiamo le azioni su Whatsapp sulla chat del gruppo. Poi abbiamo regolari riunioni nel bar che è il nostro ritrovo, il Valiant, che è di proprietà di uno dei membri del Panteon Rococò, una band ska messicana, che è anche l’ambasciatore latinoamericano del Sankt Pauli”.

Il gruppo ska messicano Panteon Rococò

Esiste una rete che vi permette di rimanere sempre in contatto con tutti gli altri gruppi di sostenitori del St. Pauli sparsi per il mondo?

“Abbiamo una chat dove ci sentiamo quasi giornalmente con i membri di diversi altri gruppi di tifosi dei Braun Weiss. Ci scambiamo opinioni sulle partite, sui giocatori e specialmente sui progetti promossi dalla società o dalla tifoseria. È bello perché in questo modo siamo in contatto diretto con gente olandese, statunitense, tedesca e di altri posti ancora. In più abbiamo veri e propri amici tra i membri dei gruppi catalani, brasiliani, argentini, cileni, colombiani e di altri posti ancora”.

 

Alcuni membri del Bloqueo Mexico

Sono ormai più di due mesi che gli Stati Uniti bruciano: le proteste di Black Lives Matter dopo l’uccisione di George Floyd hanno riportato a galla un problema enorme, quello del razzismo, che nella più grande democrazia mondiale non si è mai fatto davvero nulla per sconfiggerlo. Il virus del razzismo va poi a braccetto con la violenza poliziesca, altro tumore della società americana (e non solo) difficile da sconfiggere. Voi che siete così vicini agli Stati Uniti, avete sentore di un riverbero di queste proteste anche nel vostro Messico, che va ricordato, non è conosciuto per avere delle forze di polizia esattamente linde e corrette?

“Queste proteste negli USA sono state un qualcosa di positivo. Ci hanno aiutato a cercare di affrontare la situazione anche all’interno del nostro paese che, come dicevi tu, ha qualche problema con le forze dell’ordine, con abusi di potere, classismo e violenza che sono all’ordine del giorno.

Le proteste di BLM sembrano aver svegliato la nostra gente, che ora manifesta per affermare i propri diritti senza lasciarsi più sottomettere facilmente.

Anche le comunità indigene, in lotta da anni, hanno ripreso ad alzare la testa, nonostante non si trovi traccia di questa notizia sui media.

Viviamo in un mondo globalizzato ma nel modo peggiore possibile, dove il capitalismo si sta mangiando tutto e ci porta via anche l’anima. Queste proteste stanno ricompattando la nostra gente, il nostro fronte, e ora crediamo in una speranza di cambiamento”.

Com’è la situazione sociale in Messico attualmente? Ok Black Lives Matter, fondamentale, però sappiamo che troppo spesso la vita dei più poveri, in Messico come in tanti, troppi altri angoli di questo mondo, conta troppo poco.

“In Messico non c’è coscienza di classe. La corruzione e il compadrasgo (termine solo messicano che si potrebbe tradurre con un qualcosa di simile a favori ricevuti da conoscenze che lavorano in organi statali, dai municipi alle centrali di polizia o ai ministeri, ndr) sono riuscite nel loro intento di lacerare dall’interno i movimenti sociali, rendendoli innocui.

Senza dimenticare di quanto abbia agito in questo senso anche il narcotraffico, che si è insinuato nelle lotte sociali bloccandole e rendendole inoffensive. Sono cinquanta anni che viviamo di scuse per non lottare realmente per il Messico”.

Ultima domanda: cosa ne pensate della presidenza Obrador? Sulla carta è un politico di sinistra, ma nella realtà dei fatti come sta agendo? C’è stato un cambio di passo rispetto al passato, soprattutto per quanto riguarda il rapporto con gli Stati Uniti, o è rimasto tutto uguale a prima?

“Riteniamo che sia troppo presto per esprimere un parere sull’operato del governo (Andrés Manuel Obrador è in carica dal Primo dicembre 2018, ndr), ma vale la pena di menzionare la chiusura del nuovo accordo di libero scambio commerciale con Stati Uniti e Canada (il famoso NAFTA, accordo che porta numerosi benefici a Stati Uniti e Canada, e alle loro industrie che decidono di andare a sfruttare il Messico e le possibilità che esso mette in campo per gli investitori stranieri, e pochissimi al Messico), non certo positivo per la nostra gente.

E la nuova, maggiore, militarizzazione delle forze armate”.

Amichevole tra sostenitori messicani del Liverpool e del St. Pauli

 

Davide Ravan

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