Ferrari regina della 24 Ore di Le Mans per la seconda volta consecutiva: questa volta, il sogno si è avverato per tre ragazzi ancora a digiuno di successi…
C’è ancora tempo per non smettere di emozionarsi di fronte alla realizzazione di un sogno. Cavalcando l’onda della soddisfazione e del trionfo. Cavalcando il Cavallino più leggendario nella storia delle corse.
C’è ancora tempo per riguardare le immagini direttamente nel box della Ferrari, della 499P #50, e riflettere. L’obbiettivo della telecamera riprende due ragazzi seduti in terra. Seguono con gli occhi sbarrati la loro macchina in azione, le loro palpebre quasi non sbattono. Come a voler mantenere la concentrazione, come a volerla trasmettere attraverso quello schermo e accompagnare il loro compagno di squadra sino alla linea del traguardo.
Seduti in terra, uno accanto all’altro. Vicini e distanti nel proprio modo di vivere il momento. Sono Miguel Molina e Antonio Fuoco.
Il primo, stringe la tuta rossa che gli avvolge le caviglie. Dai lati sorridenti dei suoi occhi, si intravede qualche lacrima che spinge per gioire sul suo viso. L’altro, protegge le lacrime dalla visiera del suo cappellino e una mano tremolante sulla bocca. È il preludio di un’emozione esplosiva, urlante, che abbraccia una squadra intera. Finalmente, la vittoria, la grande vittoria, era arrivata.
C’erano state tante occasioni, per Nickas, Miguel e Antonio. Tanta velocità, nessun gradino più alto del podio conquistato. Proprio a Maranello, qualche settimana fa, nel cuore della Pista di Fiorano, Antonio non mi aveva fatto mistero della sua sensazione che il successo sarebbe stato vicino. E, perché no, proprio a Le Mans. La gara. Quella iconica, quella che ti fa entrare nella leggenda. Una leggenda assaporata da altri tre ragazzi appena un anno prima, nella stagione del ritorno della Ferrari a Le Mans, nella stagione dell’esordio di una macchina nuova, creata in pochi mesi, e che sin da subito aveva dimostrato quale potesse essere il suo potenziale. Quei ragazzi erano Alessandro Pier Guidi, James Calado e Antonio Giovinazzi. Un altro Antonio, che di quella 24 Ore del Centenario, ne aveva fatto la rivalsa su una carriera sofferta.
A un anno di distanza, la storia si ripete. I vincitori in carica terzi, e i ragazzi ancora non vincenti, finalmente primi.
Primi dopo 24 ore incerte, fredde, piovose, piene di imprevisti, portiere aperte, pit stop improvvisi e penalità. Il bottino sarebbe stato completo se la terza Ferrari, quella di un giallo brillante capeggiata dal numero 83, non fosse stata tradita da un problema all’ibrido. Perché, diamo merito, Kubica, Schwartzman e Yefei Ye, stavano facendo un gran lavoro. Ma, dopotutto, prima o poi il sole arriva sempre. Regalando il momento più alto di una carriera a chi ha lavorato tanto, tutta la vita, per quello che sarà per sempre il più grande ed eterno amore.