L’anno 1960 segna l’ultima volta in cui sia annovera la 500 Miglia di Indianapolis nel mondiale di Formula 1. A spuntarla è il pilota statunitense Jim Rathmann, dopo un duello epico con Roger Ward.
Dal 1950 al 1960 la 500 Miglia di Indianapolis valeva per il Campionato mondiale di Formula 1 e vi si correva sul tracciato originario.
Dal 1961 il ”catino” più veloce del mondo non ha più fatto parte del campionato, a causa del mancato interesse da parte dell’automobilismo sportivo americano nei confronti di quello europeo e per via delle defezioni da parte delle principali case automobilistiche dell’epoca. Dopo la seconda guerra mondiale, Maserati, Mercedes, Lotus-Climax e BRM declinavano spesso l’invito, così coma la Scuderia Ferrari tranne nel 1952 con Alberto Ascari, alla guida di una 375 F1 modificata.
Il 1960 per la Formula 1 è l’anno in cui il pilota australiano Jack Brabham si laureò per la seconda volta Campione del Mondo alla guida di una Cooper T53-Climax.
Jim Rathmann vince l’ultima Indy ”iridata”
La Firestone presenta dei pneumatici innovativi rispetto a quelli delle precedenti edizioni e che permettono ai piloti di battere tutti i record precedenti con ampio margine. Tutte le vetture in gara montano un propulsore Offenhauser, azienda conosciuta anche come Offy, costruttrice di motori per auto da corsa fondata dall’omonimo Fred Offenhuaser e attiva dal 1933 al 1983.
E’ sopratutto negli anni cinquanta e sessanta che dominano la 500 miglia, prima dell’arrivo di Ford nel 1963. Decise di ritirarsi dopo la fallita qualificazione di due vetture Vollstedt alla 500 Miglia di Indianapolis del 1983.
Nelle prove la spunta un esordiente e giovane californiano, Jim Hurtubise, alla guida di una Christensen-Offenhauser con cui tocca la velocità di 240 chilometri orari. Un vero record per l’epoca, e che poi, durante la gara, si ritirerà al 186esimo giro per la rottura del motore. Il più lento risulta Jim McWhitey con una Epperly-Offenhauser con una media sul giro di 225 orari.
La quarantaquattresima edizione si disputa il 30 maggio e al via vi si presentano 33 vetture, di cui solo 16 riusciranno a tagliare il traguardo.
E’ Rodger Ward (Watson), vincitore nell’edizione precedente, a scattare in testa e vi rimane fino al raggiungimento delle cento miglia. Poi una serie d’imprevisti e rotture fanno sì che a cambiare le carte in tavola ci pensi la bandiera gialla, in seguito agli incidenti che coinvolgono Duane Carter (Kuzma), Branson (Phillips), Stevenson (Watson) e Eddie Russo (KK500G). Tony Bettenhausen si salva miracolosamente da un incendio alla sua vettura (una Watson) in corsia box, grazie al pronto intervento da parte dei commissari con gli estintori e alla sua tuta ignifuga, imposta dalla federazione nel 1959 insieme alla dotazione obbligatoria di roll-bar per ogni vettura.
A metà corsa si ritrova così al comando Jim Rathmann alla guida di una Watson, già vincitore di una 500 miglia di Monza nel 1958, tallonato da Ward con cui ingaggia un duello epico negli ultimi giri. Il numero 4, classe 1928 e natio dell’Alabama, riesce ad avere la meglio all’ultimo giro in una delle più prestigiose gare del motorsport mondiale; al termine dei 200 giri previsti; dopo 3 ore e 36 minuti con una media 223,323 kmh. Non soddisfatto ottenne anche il giro più veloce in 1′ 01 ”59 a una media di 235,169 kmh.
La F1 vi farà ritorno nel 2000
Nel 1960 si chiuse così l’epoca in cui la ”500 miglia” era a tutti gli effetti una prova valevole per il mondiale piloti di Formula 1. Quella moderna ci tornerà nel 2000, ma su un circuito modificato, tranne i settori del velocissimo anello (curva 12-13) e il lungo rettilineo d’arrivo percorsi in senso orario.
Indianapolis rimase nel calendario fino all’edizione del 2007, quando vinse l’esordiente Lewis Hamilton davanti al proprio compagno di squadra in McLaren Fernando Alonso. Precedettero il brasiliano Felipe Massa, alla guida di una Ferrari F2007, giunto terzo al traguardo.
Entra di diritto negli annali quella del 2005, quella del caos gomme. Uno dei fine settimana più incredibili della storia della F1 con il ritiro volontario di 14 vetture a causa di un problema con la gomma posteriore sinistra dei pneumatici Michelin. A farne le spese è Ralf Schumacher, quando con la sua Toyota andò a sbattere violentemente a grande velocità nell’ultima curva.
Dopo una ‘normale’ sessione di qualifiche che decreta la pole di Trulli (Toyota), davanti a Raikkonen (McLaren) e Button (Honda), arriva il giorno della gara. La Michelin avverte che gli pneumatici in dotazione, gli stessi utilizzati anche nel precdente Gp di Spagna, hanno una autonomia di 10 giri e che non garantiscono la sicurezza dei piloti.
La Fia non concede deroghe sul cambio di gomme; si cerca una soluzione che permetta lo svolgimento della corsa: prime tre file riservate ai team gommati Bridgestone (Ferrari, Jordan e Minardi) e inserimento di una chicane prima della curva veloce che immette sul rettilineo di arrivo. L’accordo sembra trovato, ma la Ferrari lo rifiuta.
Al termine del giro di ricognizione le 14 monoposto gommate Michelin decidono di rientrare ai box per mancanza di sicurezza tra la rabbia del pubblico che disapprova e inizia un fitto lancio di oggetti sulla pista.
Si corre così un Gp con sole sei vetture in partenza, con le Ferrari che dominerà con Michael Schumacher e Rubens Barrichello, mentre Tiago Monteiro centrerà il primo podio della carriera alla guida della Jordan con un giro di distacco. Narain Karthikeyan (4°) diventa il primo indiano a conquistare punti iridati, mentre le Minardi di Albers e Friesacher ottengono gli ultimi punti della storia della scuderia di Faenza prima di diventare di proprietà Toro Rosso.