L’ultimo atto del Mondiale 1976, in una pista inondata di acqua, venne caratterizzato anche dal giro record di uno sconosciuto giapponese. Eppure in quella tornata venne sorpassato da tre vetture
La stagione iridata 1976, nel bene o nel male, vide ancora una volta Niki Lauda come protagonista indiscusso. Il campione austriaco, nonostante la resa finale di Fuji, rese emozionante quel campionato a causa di una serie di avvenimenti che lo portarono dal trionfo certo alla beffa.
Il campione o ‘computer’, come veniva definito da molti all’epoca, mostrò il suo lato umano, declinando sotto il diluvio del Monte Fuji la possibilità di conquistare un altro titolo mondiale a discapito del britannico James Hunt. Una scelta difficile, forse dominata dalla paura, ma dopo quanto accaduto al Nuerburgring e valutandola a mente fredda ai giorni nostri, è più che comprensibile.
Ma quel 24 Ottobre rimarrà alla storia anche per un altro avvenimento curioso: una monoposto giapponese si rese protagonista lasciando tutti a bocca aperta. Parliamo del “Team Kojima Engineering”, fondato dall’omonimo Matsuhisa Kojima. In pochi ricordano l’impresa compiuta dalla piccola scuderia nipponica: passò alla storia come unico team ad aver stabilito il giro più veloce all’esordio in Formula 1, nel giorno del duello finale tra Hunt e Lauda.
La mini-scuderia riuscì in breve tempo a progettare il modello KE007 e prese parte al primo Gran Premio della storia in Giappone, grazie alla disponibilità del motore Cosworth DFV, del cambio Hewland e dell’accessoristica inglese.
Gli esordi
Dopo diversi successi in categorie minori giapponesi come la Formula 2000, impiegando una Surtees-Ford con i piloti Masahiro Hasemi e Kazuyoshi Hoshino, di Formula 2 e Turismo, Kojima decise di tentare l’avventura nel grande circus della Formula Uno. Lo fece in un modo innovativo, con una vettura progettata interamente in fibra di carbonio, una soluzione che nessuno prima di loro aveva sperimentato. La vettura viene progettata da Masao Ono, tecnico nipponico che aveva già creato l’inguidabile Maki.
Decise così di partecipare al primo Gran Premio del Giappone della storia con una sola vettura, affidandola al pilota giapponese Masahiro Hasemi equipaggiandola con gli pneumatici Dunlop.
Il prescelto è figlio di un proprietario di un’officina meccanica, ed ex pilota di motocross, dove in giovane età si diletta ottenendo dei buoni risultati alla guida di una Suzuki. Mostra subito una certa affidabilità dopo diverse stagioni, con ottimi piazzamenti nel campionato Gt alla guida di una Nissan, in Formula 2000 e in Formula 2 giapponese sempre con il Team Kojima, a cui affida prima una Surtees poi una March spinte rispettivamente dai motori Ford e BMW. Inoltre, conosce molto bene tutte le insidie del circuito di Fuji.
In prova, nelle prime sessioni, i tempi furono sbalorditivi grazie al quarto posto finale sotto una fitta pioggia, per poi, nella seconda, distruggere completamente la vettura in un incidente che mise in serio pericolo la partecipazione alla gara. Un fatto che non passò inosservato alle principali aziende automobilistiche del Sol Levante, che si precipitarono per dare una mano riuscendo in poche ore a riparare la monoposto prima del GP.
La leggenda narra che, dal venerdì pomeriggio alla domenica mattina, nel piccolo atelier di Kojima, a due passi dalla pista, sia stata costruita una seconda scocca sulla quale ricomporre tutto il resto. E così, al termine della seconda sessione, ottiene un dignitoso decimo posto registrando il tempo di 1’13”88, a più di un secondo dal poleman James Hunt su McLaren-Ford (1’12”80).
Andretti vince la corsa, Hunt il titolo dopo il ‘no’ di Lauda
E’ il 24 ottobre del 1976 e sul monte Fuji si abbatte il diluvio, fa freddo, la visibilità è scarsa e con il passare del tempo corre l’idea di sospendere la gara. I piloti ne discutono (Hasemi vuole correre per non farsi sfuggire l’occasione di una vita) ma poi arriva la decisione definitiva: si parte alle 15.09. Ecclestone, per questo primo evento automobilistico di livello globale, si era garantito introiti milionari con la vendita dei diritti televisivi e non aveva alcuna intenzione di pagare penali.
Hasemi non scatta bene in partenza, perde subito quattro posizioni e va in difficoltà: la pista è corta, ma pericolosissima e ricca di curvoni ad amplio raggio che sul bagnato possono diventare veri e propri tranelli. Al quinto passaggio inizia a prendere confidenza con la vettura e da inizio la sua personale rimonta, recuperando ben tre posizioni.
Al secondo giro avviene il colpo di scena che decide il Mondiale: mentre presumibilmente si trova in diciassettesima posizione, Lauda decide di fermarsi ai box e di abbandonare la corsa a causa della scarsa sicurezza. Il pilota della Ferrari non si nasconde e ammette:
“Non ho voluto continuare nemmeno andando piano perché, anche limitando la velocità, l’acqua ti può portare fuori pista. La mia decisione è stata giusta. Ho avuto sfortuna, non ho commesso un errore”.
La Kojima si trova nelle retrovie, ma a causa di molti ritiri, guadagna diverse posizioni: in tanti sbagliano o si ritirano per guasti tra cui piloti del calibro di Peterson, Brambilla, Scheckter e Fittipaldi.
La gara scorre per il bene dei telespettatori e si arriva al venticinquesimo giro, quello che passerà alla storia del piccolo team. Hasemi transita con il tempo di 1’18”23, il migliore, ma gli addetti al controllo delle posizioni in gara rilevano che il giapponese è stato superato nello stesso giro dal connazionale Hoshino (Tyrrell-Ford) e dai francesi Laffite (Ligier-Matra) e Jarier (Shadow-Ford). E’ logico pensare che almeno loro tre siano stati i più veloci, ma i loro tempi non verranno clamorosamente rilevati.
La gara prosegue e a due giri dalla fine Lauda è ancora campione del mondo perché Hunt, nel frattempo, si è fermato per la seconda volta a causa di una foratura. Quando riparte è quinto; raggiunge Regazzoni e Jones che lottano per la terza piazza; riesce a superarli con una manovra all’esterno incredibile. Conquista il terzo posto, taglia il traguardo, ma non sa di aver vinto il titolo di un punto. Si ferma, inizia a discutere con Teddy Mayer ai box per una segnalazione sbagliata.
“Ma hai vinto il titolo!”
gli conferma il manager della Mclaren. L’inglese inizialmente incredulo pensò a uno scherzo, non rendendosi conto che, invece, era tutto vero!
Per la cronaca quella corsa la vinse Mario Andretti alla guida della Lotus-Ford, il mondiale Hunt, mentre Hasemi chiuse in undicesima posizione con 7 giri di distacco dal vincitore, a causa del ritiro avvenuto a sei giri dalla fine, ma che, viste le poche vetture rimaste in gara, gli consentì di classificarsi grazie alla decisione dei commissari di gara in ultima posizione.
Ma il risultato negativo in gara passò in secondo piano: il piccolo team nipponico era appena entrato nella storia. Nei giorni successivi gli organizzatori diffusero un comunicato ufficiale che assegnava il giro più veloce a Jacques Laffite (Ligier-Matra), autore del primato con il tempo di 1’19″97 ottenuto al settantesimo passaggio. Successivamente la comunicazione venne smentita dalla Japan Automobile Federation (JAF), ma la correzione non venne però divulgata fuori dai confini del Giappone e ancora oggi, nel 2020, Hasemi, è indicato come l’autore del giro più veloce dal sito ufficiale della F1. La colpa, alla fine, venne data all’acqua nebulizzata al passaggio delle vetture che causò confusione nell’addetto al cronometro.
Il team nipponico riapparve in occasione del Gran Premio del Giappone dell’anno successivo, quando si presentò con due nuove vetture (modello KE009). Questa volta, alla guida, ci sono Kazuyoshi Hoshino e Noritake Takahara: il primo conclude all’undicesimo posto a due giri, il secondo è protagonista di un incidente alla prima tornata. Vince ancora Hunt, ma quel Gran Premio verrà ricordato per una tragedia. Al sesto giro la Ferrari di Villeneuve tampona la Tyrrell di Peterson che, dopo il decollo in aria, ricadde in una zona proibita al pubblico. Il bilancio è pesantissimo: due morti e dieci feriti, mentre i due piloti rimangono fortunatamente incolumi.
Si conclude così l’esperienza Mondiale della meteora Kojima e pazienza se quel giro più veloce si tratti del più grande falso storico della F1.
… e Masahiro Hasemi?
Il pilota giapponese detiene la percentuale più alta tra gare disputate e giri più veloci ottenuti (100%). In Formula 1 non corse mai più, ma la sua carriera proseguì con discreto successo in Giappone, dove nel 1980 riuscì ad aggiudicarsi il campionato di Formula 2, Formula Pacific e quello turismo.
Vinse diverse edizioni della la ‘500 miglia del Fuji’ e altre gare endurance. Infine, nel 1992 si aggiudicò anche la 24 ore di Daytona, per poi ritirarsi all’età di 55 anni nell’anno 2000.