L’8 settembre 1996 un tornado nero colpì lo stadio Meazza di Milano. Si stava giocando Milan-Hellas Verona, prima giornata di campionato della stagione 1996/1997.
Ad un certo punto, a tirar via dall’imbarazzo delle difficoltà contro la compagine veronese ci pensò questo tornado. Un tornado nero in scarpini da calcio, che prese palla nella metà campo dei rossoneri e partì galoppando verso l’area di rigore veronese. Superò tre avversari, entrò in area di rigore e piazzò alle spalle del povero portiere, che altro non poté che guardare la rete gonfiarsi alle sue spalle.
Quel tornado aveva un nome e un cognome: George Weah.
L’anno precedente l’attaccante liberiano era giunto a Milano dal Paris Saint Germain, e dopo i primi tre mesi di campionato mostrò a San Siro il Pallone d’oro: era il primo africano a vincere tale riconoscimento. E tutt’ora è l’unico giocatore del Continente nero a potersi fregiare di questo premio. Nemmeno Eto’o, nemmeno Drogba sono riusciti dove invece ce l’ha fatta King George.
In rossonero Weah conta centoquattordici presenze condite da quarantasei reti e due scudetti, il primo vinto alla sua prima stagione in Italia e il secondo conquistato nel suo ultimo campionato intero passato nel Bel Paese.
Weah venne portato in Europa da Arsenè Wenger, tecnico del Monaco, che vide nel giovane attaccante del Tonnerre Yaoundè, formazione camerunense, un prospetto molto interessante per il calcio europeo.
Nel Principato George si fermò per quattro stagioni, di cui una sfortunata condita da infortuni che lo tennero praticamente per tutto l’anno distante dai campi da calcio, contribuendo con i suoi goal alla conquista della Coppa di Francia 1990/1991. Il Paris Saint Germain gli mise gli occhi addosso e nel 1992 Weah abbandonava il sud per trasferirsi nella capitale transalpina. I tre anni con il PSG sono probabilmente i migliori della carriera di Weah, che ogni anno porta a casa almeno un trofeo: Coppa di Francia nel 1992/1993, campionato nel 1993/1994, Coppa di Francia e Coppa di Lega nel 1994/1995, la stagione che gli varrà il Pallone d’oro, il Fifa World Player e il BBC African Football of the Year.
Quest’ultima stagione fantastica gli valse la chiamata del Milan, che cercava un numero nove degno di sostituire Marco Van Basten, costretto ad abbandonare troppo presto il calcio a causa degli infortuni.
Dopo gli anni con il Milan la stella di Weah sembra offuscarsi: il trasferimento al Chelsea a gennaio 2000, il conseguente passaggio sei mesi dopo al Manchester City ed infine quello all’Olympique Marsiglia segnano la fine della carriera di King George, che prima di lasciare del tutto il calcio giocato si trasferisce all’Al-Jazira, con la quale mette a segno tredici goal in otto partite. Nel 2002, sua ultima stagione da calciatore, porta la Liberia alla Coppa d’Africa per la seconda volta nella sua storia. La competizione per lo Stato africano finirà quasi subito ma, visti i problemi interni dell’epoca, per il Paese di Weah è già un successo essere arrivati all’atto finale della competizione continentale.
Appese le scarpe al chiodo Weah decide di darsi da fare per il suo Paese, martoriato da una guerra civile che non risparmia nessuno, donne e bambini compresi. George viene nominato Ambasciatore ONU per la Liberia, con il compito di provare a salvare i bambini costretti ad arruolarsi nell’esercito, sia quello dei ribelli sia quello regolare.
Nel 2005, non pago del ruolo di Ambasciatore ONU, decide di candidarsi alle elezioni politiche, le prime veramente libere nella storia della Liberia. Al primo turno risulta il candidato più votato, ma al ballottaggio viene sconfitto da Ellen Johnson Sirleaf.
Nel 2011 si candida come vicepresidente per Winston Tubman, ma anche in questo caso a trionfare sarà la Johnson Sirleaf.
Nel 2017 però è la volta buona: Weah si candida a diventare presidente della Liberia, lanciando la sfida a Joseph Boakai, già vicepresidente con la Johnson Sirleaf. Al primo turno ottiene quasi il 40% dei consensi, tanti ma non abbastanza da consentirgli di evitare il ballottaggio. Il nuovo voto, previsto per novembre, viene rinviato di un mese e mezzo a causa di brogli avvenuti al primo turno, e così si deve aspettare lo scorso 26 dicembre per vedere il Paese tornare alle urne per il ballottaggio. Questa volta George ce la fa, e il 22 gennaio di quest’anno entra ufficialmente in carica come presidente della repubblica.
Non è sicuramente un compito facile quello di presidente in uno degli Stati africani più poveri e arretrati, ma fino a questo momento Weah è riuscito a mantenere fede ai suoi impegni e a chiudere accordi commerciali importanti, come quello sottoscritto con la Cina, la superpotenza mondiale maggiormente impegnata in Africa in questi anni.
Rimangono da risolvere i problemi legati all’istruzione e all’abbandono scolastico, vera piaga della Liberia, e il presidente si deve impegnare per il reinserimento in società di tutti quei bambini che furono soldati e che ora sono adulti che cercano un proprio spazio nella vita liberiana.
Tornando al calcio, dal 2002 ad oggi la Liberia non è più riuscita a centrare la qualificazione alla Coppa d’Africa. Manca un attaccante come Weah alla squadra, ma quest’anno, finalmente, la nazionale si sta giocando le proprie chanche di qualificazione alla coppa. Il 22 marzo prossimo la Liberia sarà impegnata nella sfida da dentro o fuori in casa della Repubblica Democratica del Congo: potrebbe bastare un pareggio alla nazionale di Weah per garantirsi una qualificazione storica.
Per dare la carica alla squadra e dimostrare la vicinanza di tutto il Paese alla causa, lo scorso 11 settembre, in amichevole contro la Nigeria, George Weah è tornato a vestire la maglia della nazionale. All’età di cinquantuno anni (quasi cinquantadue), il presidente ha indossato la fascia di capitano ed è rimasto in campo per settantanove minuti, diventando il giocatore più anziano di sempre ad aver indossato la maglia di una nazionale.
Ancora una volta, George Weah, si è dimostrato l’uomo dei record.
Di Davide Ravan