Il Grande Torino per l’Italia fu nel calcio quello che fu Coppi nel ciclismo.
Illese le ruote.
Al radiogiornale Rai, tra desolazione, senso di smarrimento e sarcasmo dissero proprio così.
Illese le ruote. Solo esse si salvarono nello schianto di Superga.
La storia del Toro è piena di tragici incroci dettati dal destino, e quella trasferta portoghese ne è il più lampante esempio.
Sarebbe bastato perdere la partita precedente in campionato, contro l’Inter, per evitarsi il viaggio lusitano.
Ma come può una squadra di eroi perdere? Una squadra che l’anno prima chiuse il campionato con sedici punti di vantaggio sulla seconda. Una squadra in grado di rifilare dieci reti (a zero) ad un’avversaria in quel campionato, stabilendo il record di partita con il massimo divario di risultato resistente ancora oggi.
Come le si può chiedere di perdere?
A San Siro, senza Valentino Mazzola influenzato, finì zero a zero. Lo scudetto, l’ennesimo, era praticamente certo ormai.
E allora via, tutti in aereo verso Lisbona. Anche Mazzola, nonostante l’influenza.
Il Toro perse quell’amichevole e si rimise in viaggio per l’Italia, l’arrivo era previsto a Malpensa.
A Barcellona l’aereo fece scalo e al comandante e all’equipaggio arrivarono le prime notizie sulle pessime condizioni meteo che imperversavano sul Piemonte, con il Po che, a quanto si diceva, era già esondato in alcuni punti.
Il comandante, Pierluigi Meroni (e poi uno dice il destino…), sorprendendo tutti decise di cambiare il piano di volo e di atterrare nel capoluogo piemontese.
L’aereo si rimise in marcia. Barcellona-Torino son due ore di volo, nulla di più. Si può già iniziare a pensare alla prossima sfida di campionato. Si può iniziare a calcolare quanto manchi per la matematica certezza della vittoria.
Alle 17.03 di quel 4 maggio però il Grande Torino non esisteva più.
Cancellato per sempre da uno schianto. Si incolpò il pilota Meroni, poi si capì che lo schianto avvenne per colpa di un malfunzionamento del Bimotore FIAT.
Resta il fatto che il Grande Torino, alle 17.03 del 4 maggio 1949, cessa di esistere.
Molla la storia per entrare nella Leggenda.
Toccò a Vittorio Pozzo riconoscere i cadaveri. Il Ct bicampione del Mondo si vide morire in un colpo solo tutta, o quasi, la sua Nazionale. I suoi ragazzi.
Il Grande Torino per l’Italia fu nel calcio quello che fu Coppi nel ciclismo. In un Paese ancora diviso e con ancora ben aperte le ferite della guerra, il Grande Torino seppe unire tutti gli appassionati di calcio, senza distinzione alcuna. Senza campanilismi.
Ora provate a fare una cosa: se non potete salire a Superga accedete a Youtube e cercate uno dei video di uno dei capitani del Toro dal 1950 ad oggi. Chiudete gli occhi e fermatevi ad ascoltare la lista dei nomi. Inevitabilmente, ad un certo punto vi ritroverete commossi. Come se Superga avesse toccato anche voi, come se su quel volo, anche a settanta anni di distanza, fossimo morti un po’ tutti noi.
Valerio Bacigalupo
Aldo Ballarin
Dino Ballarin
Émile Bongiorni
Eusebio Castigliano
Rubens Fadini
Guglielmo Gabetto
Ruggero Grava
Giuseppe Grezar
Ezio Loik
Virgilio Maroso
Danilo Martelli
Valentino Mazzola
Romeo Menti
Piero Operto
Franco Ossola
Mario Rigamonti
Julius Schubert
- Dirigenti:
- Arnaldo Agnisetta
Ippolito Civalleri
- Andrea Bonaiuti (organizzatore delle trasferte della squadra granata)
- Allenatori:
- Egri Erbstein
- Leslie Lievesley
- Osvaldo Cortina (massaggiatore)
- Giornalisti:
- Renato Casalbore
- Renato Tosatti
- Luigi Cavallero
- Equipaggio:
- Pierluigi Meroni
- Celeste D’Inca
- Cesare Biancardi
- Antonio Pangrazi
Illese le ruote.
Illeso il ricordo.
Onore al Grande Torino.
Di Davide Ravan