History Sport; Essere palestinesi in Cile

Golazo di Jimenez al minuto cinquantaquattro e il Club Deportivo Palestino batte 3-2 l’Audax Italiano, conquistando dopo quarantuno anni la Coppa di Cile, la terza della sua storia.

Non sembrerebbe una notiziona: per noi italiani che snobbiamo la Coppa Italia figuriamoci quanto interesse possiamo avere verso chi vince la Coppa del Cile. Eppure il Club Deportivo Palestino non è una squadra come tutte le altre. E quindi sì, questa affermazione in Coppa di Cile è una notiziona, checchè ne pensiate voi.

In uno dei miei primi articoli per questa testata, parlai della correlazione che vi è tra calcio e politica, concentrandomi sull’esposizione politica di alcuni club (quattro per la precisione) sparsi per il mondo. Ecco, il Club Deportivo Palestino poteva tranquillamente rientrare in quell’articolo come quinto club. Ma così non fu e quindi ora gli dedico un articolo intero.

Storia, Historia, Tarikh

Quando si pensa alla “Diaspora” il primo popolo che viene in mente è quello ebraico e a Mosè che aprì le acque del Nilo per favorire la fuga degli ebrei dall’esercito egizio. Ma di diaspore ne è piena la storia e i popoli coinvolti sono molteplici.

E’ così che nasce la storia del Club Deportivo Palestino, da una diaspora. Con la nascita dello Stato d’Israele e la conseguente guerra arabo-israeliana, il popolo palestinese (o almeno chi ci riuscì) abbandonò la propria terra per “spargersi” in tutti gli angoli del mondo, e fu così che, a metà del ‘900 la comunità palestinese in Cile crebbe in maniera esponenziale, fino ad arrivare a contare su circa cinquecentomila rifugiati.

Ma già da inizio ‘900 il Cile venne considerata meta sicura dagli esuli palestinesi, che iniziarono a stanziarsi da subito nei pressi di Santiago, capitale dello Stato sudamericano.

L’amore per la propria terra d’origine, anche a decine di migliaia di chilometri di distanza, non scemò e gli esuli palestinesi cominciarono da subito a cercare un modo per far arrivare a famigliari e amici ancora in Medioriente aiuti economici.

Nacque così nel 1920 il Club Deportivo Palestino, la squadra dei palestinesi. Il club fu fondato ad Osorio, città poco a sud di Santiago, da un gruppo di immigrati palestinesi che fin da subito scelsero per la loro squadra i colori della bandiera della Madre patria: bianco, verde e rosso.

L’idea iniziale era quella di utilizzare gli incassi del club per opere e donazioni da far arrivare in Palestina (e per finanziare gli esuli in Cile) e per questo motivo la comunità immigrata in Cile da subito rispose presente ad ogni partita del Palestino, facendo spesso registrare il tutto esaurito nelle gare casalinghe. Si può dire insomma che il Palestino creò la prima forma di “azionariato popolare” legata al calcio che si conosca.

Come dicevamo in precedenza, dopo il conflitto arabo-israeliano la comunità esule palestinese in Cile andò ad ampliarsi, e il Palestino divenne un vero e proprio punto di riferimento per tutti i palestinesi che dovettero abbandonare la propria terra e riparare in Cile.

La forza del club stette anche nel fatto di non chiudersi in seno alla comunità palestinese, ma al contrario di aprire le porte della squadra a tutti, palestinesi e non, e ciò avvenne nella convinzione (rivelatasi a posteriori corretta) di far conoscere la causa palestinese ai cileni e rendere, come si suol dire in questi casi, “complici e solidali” i giocatori cileni che indossarono la maglia del club, tanto che alcuni di essi decisero di prendere la nazionalità palestinese e giocare con la maglia della nazionale mediorientale.

Non vi è miglior modo per finanziare una forma di resistenza all’estero che coinvolgere la popolazione locale e convincerla della bontà delle proprie azioni. Nel giro di trent’anni dalla sua fondazione il Club Deportivo Palestino passa da essere “la squadra dei palestinesi” a “la squadra palestinese del Cile”. E non è cosa da poco.

Nakba e successi

Nel 1948 Israele mostra al mondo tutta la sua brutalità, costringendo all’esodo (Nakba in arabo) dalla propria terra i palestinesi. Molti di loro trovarono rifugio in Cile e presso il Palestino, subito in prima linea per favorire l’accoglienza e l’integrazione dei nuovi esuli.

Come scritto poche righe fa, la Nakba corrisponde anche con gli anni dell’”apertura” a tutti del Palestino, che inizia ad ottenere piazzamenti onorevoli in campionato, tra i quali spicca la promozione in Primera Division nel 1952, producendo un buon calcio e facendo divertire il suo pubblico meticcio.

Nel 1955 arriva addirittura il primo storico scudetto del Club Deportivo Palestino, vinto sopravanzando il Colo-Colo, club più vincente della storia del Cile (al momento il Colo-Colo detiene il titolo e ne conta trentadue in bacheca). Grazie a questo successo il Palestino s’impone come club di assoluto livello in Cile, divenendo negli anni a seguire avversario ostico per chiunque provi a vincere il torneo.

Passano vent’anni e arriva il momento d’oro del Palestino: nel 1975 arriva la prima Coppa di Cile, titolo che viene subito replicato due anni dopo, e nel 1978, a ventitré anni dalla prima affermazione, arriva il secondo, e per ora ultimo, titolo di campione nazionale.

Da quel momento si registrano però solo più piazzamenti, a volte nemmeno onorevoli, in campionato, e anche la Coppa di Cile sembra un traguardo irraggiungibile per il Club.

Manuel Pellegrini

Nel 1990 il Palestino ingaggia in panchina Manuel Pellegrini, giovane tecnico che da giocatore fu bandiera dell’Universidad de Chile, squadra che gli diede anche la possibilità di intraprendere la carriera da allenatore. Dopo due anni all’Universidad de Chile Pellegrini accetta la proposta del Palestino, divenendo così allenatore del club. L’intento del Club è quello di mantenere la categoria e Pellegrini riesce ad evitare la Liguilla de Promocion (uno spareggio a quattro tra due club della Primera Division e due club della Segunda Division) piazzandosi due punti sopra l’Everton, che proprio contro l’Universidad de Chile tanto cara a Pellegrini se la vedrà nella Liguilla.

Il lavoro di Pellegrini al Palestino piace in Patria, tanto che a fine campionato il tecnico abbandona la panchina dei “palestinesi” per assumere la guida del Cile Under 20.

Negli anni a seguire Manuel Pellegrini diventerà allenatore di Villareal, Malaga, Real Madrid e Manchester City, con il quale vincerà due Coppe di Lega (2013/2014 e 2015/2016) e una Premier League (2013/2014). Attualmente Pellegrini, dopo un’esperienza in Cina, è l’allenatore del West Ham.

Riconoscimenti internazionali e polemiche

Nel 2011 il Cile riconosce ufficialmente lo Stato Palestinese, divenendo il centoundicesimo Stato a riconoscere la Palestina come entità statale (sono ad oggi centotrentacinque in tutto gli Stati che hanno riconosciuto la legittimità dello Stato palestinese, ma tra essi non risulta l’Italia). Naturalmente, e non servirebbe nemmeno dirlo, il Club Deportivo Palestino apprezzò moltissimo la presa di posizione del governo cileno, sentendosi da quel momento ancora maggiormente legittimato nelle sue attività pro-Palestina e in favore degli esuli.

Nel 2014 il Club decide di dare un segnale forte di sostegno alla causa palestinese a livello mondiale: sulle maglie della squadra i numeri che comprendono l’1 vedono quest’ultimo prendere la forma della mappa palestinese del 1947. Apriti cielo: la comunità ebraica insorge e il Centro Simon Wiesental, organizzazione ebraica con sede negli Stati Uniti che prende il nome dal famoso cacciatore di nazisti, chiede alla FIFA e alla Federazione calcistica cilena di sanzionare il Club Deportivo Palestino, colpevole a loro detta di “fomentare istinti terroristici” (secondo l’accusa il problema starebbe nel fatto che nella cartina storica del 1947 non compare Israele, in quanto la mappa è precedente alla risoluzione dell’Onu del novembre 1947, e per questo motivo la scelta del club viene intesa come “speranza nella scomparsa dello Stato ebraico”). La Federazione calcistica cilena multa pesantemente il Club Deportivo Palestino, intimandolo di cambiare immediatamente il design della divisa da gioco onde evitare l’esclusione dal campionato.

Il Club cede, ma le sue idee rimangono quelle, numeri di maglia sì o numeri di maglia no.

Prima della sfida di ritorno contro l’Audax Italiano dello scorso 17 novembre, la partita della conquista della Coppa di Cile, due gru hanno sollevato un’enorme bandiera palestinese, a sottolineare nuovamente che passano gli anni ma i sentimenti e le ideologie non cambiano, e che sugli spalti dell’Estadio Municipal de la Cisterna sempre si canterà per la libertà della Palestina e l’autodeterminazione del suo popolo.

Come scrive la stessa società sulla sua pagina facebook “For us, Free Palestine will always be historical Palestine, nothing less”.

Il calcio è molto più che un semplice gioco.

 

Di Davide Ravan

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