Nel girone di Champions League i rossoneri si divertono contro il Rosenborg. Ma sarà una stagione amara
di Stefano Ravaglia
Sarebbe stata un’annata disastrosa, ma in molti ancora non lo sapevano. Il Milan aveva iniziato la stagione 1996-97 con lo scudetto sul petto, sicuro di un’altra annata ai vertici. Dopo la vittoria contro il Verona, era arrivato il capitombolo con la Sampdoria, e in Champions League il Porto di Jardel, futura conoscenza anche dell’Ancona, era passato a San Siro 3-2.
La seconda giornata del torneo europeo, che ritrovava i rossoneri protagonisti dopo un anno di pausa, prevedeva una trasferta chilometrica: a Trondheim, in Norvegia, il Milan avrebbe dovuto affrontare il Rosenborg, che insieme al Goteborg completava il gruppo D. Quattro gironi, sedici squadre, e sarebbe stata la penultima stagione. Dal settembre 1997 sarebbe partita una Champions League formato extra large, ingranditasi sempre di più fino ad arrivare all’impero economico odierno.
I tifosi del Milan sono 45, e sulle pagine del libro “Nella Fossa dei Leoni”, raccontarono così la loro trasferta:
“I nostri 45 prenotati restarono a piedi, essendo inattuabile la soluzione con i voli di linea. Risultato: lunedì sera 15 persone del nostro gruppo partono con due furgoni per affrontare oltre 5.000 chilometri al seguito della squadra ed essere presenti come gruppo, anche se esiguo”.
Titanici, verrebbe da dire. E verranno ampiamente ripagati. Non che fosse importante per lo zoccolo duro del tifo rossonero vincere o perdere, ma dopo migliaia di chilometri in pullmino sarebbe stato esilarante tornare con le pive nel sacco. E invece no: il Milan, con Tabarez in panchina che deve raccogliere la pesantissima eredità di Fabio Capello, va in vantaggio dopo pochi minuti con Simone, che allunga un porta un assist di Davids.
Al sedicesimo è Soltvedt a pareggiare, stoppando di petto un traversone dalla destra e calciando sul palo lungo bucando Rossi. Il primo tempo però è scoppiettante e in due minuti è ancora Marco Simone a salire in cattedra. Tra il 23° e il 25° l’attaccante rossonero prima calcia un destro da fuori dopo un doppio dribbling che lascia immobile l’estremo difensore norvegese Jamftall, poi su un cross al bacio di Savicevic buca la rete di testa di nuovo per il 3-1.
Prima dell’intervallo, Jamftalla impedisce all’indemoniato attaccante milanista la quaterna in due occasioni, prima chiudendo lo specchio in uscita e poi deviando con una mano un tiro da dentro l’area. L’attaccante è supportato da un grande Weah: i due si danno a duetti di grande classe dimostrando una volta in più il loro grande affiatamento che proviene anche fuori dal campo. All’arrivo a Milano, il liberiano fu accolto come ospite per un periodo in casa del compagno di reparto.
E nella ripresa, ad arrotondare ulteriormente, ci pensa il numero 9 rossonero. Simone ricambia il favore e su una penetrazione centrale, il liberiano taglia e riceve palla un po’ largo, quanto basta per effettuare un pallonetto di perfetta caratura che scavalca Jamftall per il 4-1 finale.
Roberto Beccantini, su “La Stampa”, scrive “una piacevole passeggiata sui fiordi”. Sarà l’ultimo momento di gloria europea del Milan. Sconfitto a Goteborg, nonostante il 4-2 di San Siro, pareggia a Oporto e si deve giocare tutto in casa coi norvegesi.
Nel frattempo, Tabarez è stato esonerato dopo il capitombolo di Piacenza (3-2, gol decisivo in rovesciata di Luiso) e Sacchi fa un secondo esordio sulla panchina del Milan nella serata più amara. Con due risultati su tre, il Milan centra l’unico che lo elimina: 2-1 per il Rosenborg e uova marce contro il pullman della squadra nel post-partita.
Gli anni di gloria sono finiti. Parola d’ordine: rifondazione. Dopo quella sera in Norvegia, con Weah e Simone gemelli del gol, sembrava tutt’altro destino.