Il cammino in Coppa dei Campioni dei rossoblu dopo lo scudetto, finisce subito. Per colpa di una monetina
di Stefano Ravaglia
Sì, sono ripartite le Coppe europee. Max Pezzali le cantava pure (“le Coppe in tele il mercoledì”), ma quanto sembrano lontani i tempi in cui giocare fuori dai confini nazionali era speciale, se non proprio un’avventura. E vecchia di almeno un ventennio è la Coppa dei Campioni riservata solo alle squadre campioni nazionali, prima che business e modernità inghiottissero tutto. Bello il Real delle cinque Coppe consecutive, bella la Grande Inter o il Benfica di Eusebio, il ciclo dell’Ajax ripreso poi dal Milan di Sacchi o il Liverpool di Paisley.
Ma se devi raccontare belle storie europee, essendo il calcio democratico per antonomasia, devi parlare anche della Fiorentina del 1957, dello Stade Reims, della prima Coppa britannica griffata Celtic, del Forest di Clough e via dicendo. Non fece così tanta strada invece il Bologna, anno 1964, targato Fulvio Bernardini, con il settimo scudetto appiccicato su quelle maglie rossoblu in lanetta così lontane dai tessuti hi-tech di oggi. Non era più “lo squadrone che tremare il mondo fa”, aforisma passato alla leggenda dopo l’epoca del compianto Arpad Weisz e della Coppa del torneo dell’esposizione vinta con il Chelsea nel 1929. Ma Tumburus, Haller, Pascutti, Nielsen e tutti gli altri, non hanno nulla da invidiare al passato quando il 9 settembre di quel 1964 scendono in campo in Belgio per affrontare la prima, storica partita nella madre di tutte le competizioni per club.
Il nuovo campionato deve ancora iniziare, e la squadra arriva al primo appuntamento ufficiale della nuova stagione con alle spalle soltanto qualche amichevole e poco altro. Al Bologna tocca l’Anderlecht, di casa allo stadio Emile Versé, intitolato al suo fondatore, classe 1858, che è ancora oggi l’impianto dei belgi, ribattezzato Constant Van Den Stock.
Già esperti di cammini europei, al contrario dei loro avversari, tra le file dei “biancomalva” spicca il nome del centravanti Paul Van Himst, che diventerà più o meno una bandiera del club, eccetto un paio di esperienze in un paio di altre squadre di rango inferiore. Vincerà a vent’anni la classifica cannonieri, porterà a casa 8 titoli del Belgio e condurrà anche la squadra, nelle vesti di allenatore, al successo in Coppa Uefa della stagione 1982-83. Ed è proprio lui che quel 9 settembre spezza a inizio secondo tempo la resistenza del Bologna, siglando l’1-0 definitivo.
Il ritorno al Dall’Ara si gioca di mercoledì pomeriggio (sigh!) e 40.000 persone fanno da cornice a quello che è un vero e proprio evento in un 1 ottobre insolitamente caldo. Il miracolo pare riuscire: Pascutti e Haller ribaltano la situazione e portano il Bologna sul 2-0, prima che l’Anderlecht accorci con Stockman a un minuto dalla fine. Beffa servita. Con le regole di oggi i belgi sarebbero qualificati, ma all’epoca non esiste né la regola del gol doppio in trasferta, né, come vedremo, i calci di rigore.
Si deve giocare uno spareggio in campo neutro, perché le squadre hanno semplicemente vinto una partita a testa. Il 14 ottobre Bologna e Anderlecht scendono in campo nientemeno che al Camp Nou di Barcellona, e i rossoblu dominano ancora, con un Bulgarelli ispiratissimo ma un attacco evanescente che spreca quanto di buono costruito dalle retrovie. L’Anderlecht è alle corde, ma lo 0-0 non si sblocca, anche perché giunge sul Bologna la solita, ottima dose di sfortuna: Ezio, nell’extra time, colpisce una traversa. Terminati i supplementari, non sono previsti, come detto, i tiri dagli undici metri.
E allora che si fa? L’arbitro spagnolo Zariquiegui deve tirare una monetina, come accadde quattro anni prima a Roma dopo la semifinale Italia-URSS all’Europeo: se quel giorno gli azzurri furono premiati, la sorte stavolta gira le spalle al Bologna. E la beffa è doppia: dopo il primo lancio, la monetina si incastra nel fango, restando in piedi. Il secondo lancio è fatale: i 5 pesetas dicono Anderlecht.
L’avventura del Bologna termina in modo tragicomico, e per nulla meritato. Nel turno successivo, la comitiva rossoblu avrebbe fatto un viaggio d’eccezione: ad Anfield, in casa del Liverpool. Che spazzerà via l’Anderlecht con un complessivo 4-0.