Germania-Argentina 1990: non fu una notte magica

La più brutta finale della storia dei Mondiali va in scena l’8 luglio 1990 a Roma.

di Stefano Ravaglia

Gianni Brera non sapeva che quelli sarebbero stati i suoi ultimi Mondiali. Al termine del campionato del mondo del 1990, ospitato dall’italia, espresse tutto il suo malumore per una brutta finale:

“Io non perdo finali del torneo dal lontano, ahimè, 1954: posso dire senza sentirmi né severo né tanto meno sadico di non avere mai assistito a uno strazio paragonabile a quello offerto da Germania-Argentina. I poveri e esasperati cuginetti del Rio del Plata erano stati malamente falcidiati dagli strani arbitri di questo Mundial: giocavano con le riserve di Caniggia, Giusti, Olarticoechea e Batista. Il solo Caniggia avrebbe accresciuto del buon 50 per cento le possibilità offensive della squadra di Bilardo. Giusti avrebbe meglio tenuto il centrocampo con Olarticoechea, capace di rifiniture come pochi. Ridotti a giocare con le riserve di squadre secondarie italiane (!), gli argentini si sono piccati di non mollare, aspettando chissà mai l’opportunità di un colpaccio in contropiede. I tedeschi hanno giocato due buone spanne sotto il loro standard. Hanno sempre tenuto palla senza mai impostare uno schema degno della loro fama. Per vedere un appoggio profondo si è dovuto aspettare Matthaüs all’86’ : è scattato Voeller e l’ argentino Sensini ha commesso fallo da rigore entrando sulle sue piote anziché sulla palla”.

L’8 luglio l’Olimpico di Roma accolse Germania e Argentina, quest’ultima assassina dell’Italia in semifinale. E durante l’inno sudamericano, i fischi del pubblico non passarono inosservati a Diego Armando Maradona e nemmeno gli insulti reciproci di quest’ultimo alle telecamere. Stesso copione di quattro anni prima in Messico, ma di ben altro tenore fu la finalissima del Mondiale delle “notti magiche” rispetto a quella del 1986, quando gli argentini trionfarono con un pirotecnico 3-2.

Differente il cammino delle due compagini: dopo aver passato il girone agevolmente, i tedeschi dovettero avere la meglio sugli olandesi in una sfida derby Inter-Milan, con Matthaus, Klinsmann e Brehme da una parte, e i tulipani del Milan dall’altra. Finì 2-1 per i “nerazzurri” grazie proprio alle reti di Klinsmann e Brehme (inutile il rigore di Koeman al novantesimo). Nei quarti un altro osso duro: quella Cecoslovacchia alla quale Baggio aveva segnato forse il più bel gol dell’intero mondiale. La rete che butta fuori i cechi è di Matthaus. In semifinale, l’eterna sfida agli inglesi vinta però solo ai calci di rigore.

L’Argentina invece ha un cammino ben più tortuoso. Perde all’esordio con il Camerun nella ormai leggendaria sfida di San Siro dopo la cerimonia inaugurale, poi trasloca al San Paolo, casa di Maradona e batte l’URSS 2-0, pareggiando poi con la Romania per 1-1. I sudamericani sono la migliore delle quattro terze che passano il turno insieme alle prime due di ogni girone.

Negli ottavi, la sfida delle sfide al Brasile, decisa da Caniggia al nuovo “Delle Alpi” di Torino. Ai quarti, ecco la Jugoslavia che ha buttato fuori la Spagna: serviranno i calci di rigore per aver ragione di Jarni, Pancev, Savicevic e compagni. In semifinale, altro dischetto fortunato: 1-1 con gli azzurri ed errori decisivi di Donadoni e Serena.

Ancora al San Paolo, il pubblico espone uno striscione: “Diego, Napoli ti ama ma l’Italia è la nostra patria”. Il trasloco a Napoli, dopo il calore incondizionato dell’Olimpico, sarà sempre ritenuto come uno degli ostacoli verso un sogno tramontato a un passo dalla finale. Dove per la prima volta la squadra che perde non riesce a segnare neppure un gol. La rete di Brehme su un rigore generoso concesso a sei minuti dalla fine per un fallo piuttosto opaco di Sensini su Voeller; fatali gli undici metri che due volte avevano premiato i sudamericani. Goycochea, portiere di riserva salito alla ribalta un po’ come Schillaci, per l’infortunio del titolare Pumpido, stavolta non la prende: 1-0 e Coppa in Germania.

Anni dopo, Claudio Caniggia dichiarerà senza mezzi termini:

“A Napoli, contro l’Italia, perdemmo il Mondiale. Fu espulso Giusti, secondo giallo, nel primo supplementare. Anch’io e Olarticoechea ammoniti: diffidati, abbiamo saltato la finale. Ora hanno cambiato il regolamento… Al posto mio giocò Dezotti, pochi minuti fino a quel momento e quindi quasi debuttante. Penalizzati prima e anche durante la finale. Restammo in dieci sullo zero a zero: rosso diretto a Monzon. E rigore negato a Dezotti, espulso anche lui con il secondo giallo per proteste quando, l’azione successiva, l’arbitro fischiò il fallo inesistente di Sensini su Voeller. Perdemmo con quel rigore inventato a fine ripresa. Noi eravamo rimaneggiati, ma i tedeschi avevano fatto poco per vincere. La nostra colpa era di aver eliminato l’Italia. Abbiamo giocato contro tutti“.

Inutile dire invece chi rivelò, in occasione del Mondiale 2010, le parole che seguono:

“La mia foto apparve sul grande schermo e allora ho detto, molto chiaramente ‘Bastards’. L’ho fatto così, lentamente, in modo che tutti potessero capire. Volevo dirlo nell’orecchio di ogni spettatore, ero pronto a venire alle mani con ognuno di loro. Avevo promesso a mia figlia Dalma che sarei tornato a casa con la coppa del Mondo ma mi ritrovai a spiegarle qualcosa di molto più brutto e doloroso: nel calcio esisteva la mafia”.

L’ha toccata piano come al solito, Dieguito.

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