«Quando è venuto Branco gli ho detto“Bevi pure”: lui si è scolato tutto. Poi è venuto Olarticoechea e a lui ho gridato: “No, no, da quel bidoncino no”».
di Stefano Ravaglia
Nello scempio dell’edilizia targata Italia ’90, c’è uno stadio durato solo diciotto anni: si chiamava “Delle Alpi”, ce lo ricordiamo tutti, è stata la casa della Juventus sino alla stagione 2005-06 e oggi sulle sue ceneri sorge il nuovo impianto dei bianconeri. Fu uno di quegli stadi concepiti già vecchi, con l’immancabile pista di atletica e circa 60.000 posti che raramente si sarebbero riempiti tutti negli anni a venire.
Il 24 giugno di trent’anni fa però, il “Delle Alpi”, che ospiterà anche la semifinale Inghilterra-Germania vinta dai tedeschi ai rigori, fu il teatro di una beffa nella più classica e sentita delle sfide del calcio sudamericano. Al Mondiale italiano, negli ottavi di finale, i verdeoro che avevano vinto il loro girone con tre vittorie su tre, beccano l’Argentina, migliore delle terze classificate. Un bel pasticcio: una delle due grandissime dovrà già salutare il Mondiale.
Il Brasile è quello di Sebastiao Lazaroni, con Aldair, Mazinho, Bebeto e Romario che saranno in campo anche quattro anni dopo nel trionfo americano (ma non quel giorno a Torino), e Muller, un passato in maglia granata, che con il San Paolo porterà via al Milan una Coppa Intercontinentale nel 1993. Quest’ultimo è titolare, insieme Dunga e Taffarel, altri due protagonisti di Usa ’94, mentre nell’albiceleste il numero diez è supportato da Caniggia. In porta c’è già Goycochea, che ha preso il posto di Pumpido e si rivelerà la carta vincente dell’Argentina.
Per la verità quel giorno Maradona non è in gran forma. Problemi a una caviglia, gioca con gli anti dolorifici e a causa di un’entrata di Alemao si fa male anche alla spalla. Non è un gran match, almeno nel primo tempo, in cui ci sono molte interruzioni. Il caldo che avvolge Torino è quasi opprimente. Ed è proprio con Maradona a terra, a un certo punto della prima frazione, che si compie il fattaccio tramandato da quel pomeriggio.
Il protagonista è un’altra vecchia conoscenza del calcio italiano, quel Branco specialista delle punizioni che faceva sognare i tifosi genoani. Il diretto interessato racconterà:
«C’era Maradona a terra e accanto a lui il massaggiatore con le borracce. Chiesi a Diego il permesso di bere e loro, non ricordo se Diego o il massaggiatore, mi porsero un contenitore. Quell’acqua aveva un sapore amaro, però non ci badai. In pochi minuti avvertii un malessere. Mi girava la testa, le gambe erano strane: a tratti mi sentivo un leone, a tratti ero sul punto di svenire. All’ intervallo domandai la sostituzione, ma Lazaroni mi intimò di tenere duro».
Quando mancano nove minuti al termine, arriva la beffa servita da Caniggia. Su passaggio del pur malconcio Maradona, l’ex atalantino fa fuori Taffarel e deposita in rete a porta vuota il gol che elimina il Brasile. Nel post partita, Branco sottolinea il sapore amaro di quella bevanda, e come prevedibile i giornalisti non gli credono. Siamo tra realtà e leggenda, ma dopo un iniziale silenzio, ci vogliono due anni perché dalla bocca di Ruggeri, difensore dell’Argentina in campo quel giorno, escano parole irrisorie nei confronti del brasiliano.
«Un giorno all’ aeroporto di Rio incontro per caso Oscar Ruggeri. “Ehi, Claudio, che bello scherzetto ti abbiamo combinato in Italia” mi dice, e racconta che quella borraccia aveva un tappo di colore diverso dalle altre perché dentro c’ era un sedativo. Apprendo una cosa stupefacente: la nazionale argentina preparava una “bottiglietta speciale”, con qualcosa di strano dentro, da offrire agli assetati delle altre squadre».
Tappo di colore diverso, e quel “qualcosa di strano” probabilmente era Roipnol. L’Argentina arriverà in finale e perderà contro i tedeschi.
I restanti dubbi sulla faccenda vengono fugati nientemeno che da sua Maestà Maradona, nel dicembre del 2004. Durante una trasmissione su una tv argentina, confessa:
«I brasiliani venivano a bere alla nostra panchina, quando è venuto Branco e gli ho detto: “Bevi pure”, lui si è scolato tutto. Poi è venuto Olarticoechea e a lui ho gridato: “No, no, da quel bidoncino no”. A partire da quel momento Branco, stralunato, tirava le punizioni e stramazzava a terra. Dopo la partita, quando i due pullman si sono incrociati, mi ha fatto segno che era colpa mia, ma io gli ho risposto di no. C’ era un buon rapporto tra noi e non ne abbiamo più parlato».
Una beffa in piena regola che avrebbe meritato di certo la squalifica dell’Argentina, cosa impossibile da provare in quel momento. Seguiranno ipotesi di inchieste ma soprattutto negazioni, come quelle di Bilardo, allenatore di quell’Argentina, e del massaggiatore Di Lorenzo.
Anche un dossier della federcalcio brasiliano indirizzato a Blatter qualche anno fa, si è perso nel nulla. Ci resta invece una di quelle mille storie bizzarre provenienti da quell’immenso libro che è il campionato del mondo di calcio.