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Quando Pisa sfidava Firenze: il derby toscano negli infuocati anni ’80

Molto più di una semplice rivalità calcistica: Pisa-Fiorentina è la sfida di due città con anime opposte, di due visioni del mondo e del calcio che si sono affrontate nei secoli. Negli anni ’80 la rivalità si infiammò tra il genio visionario di Anconetani e la nobiltà imprenditoriale dei Pontello, dando vita a uno dei derby più accesi, dimenticati e oggi pronti a rinascere.

Il Pisa vede vicino il ritorno in Serie A, dove i nerazzurri mancano da 34 anni. Un’eternità per un club che ha contribuito a fare la storia del campionato durante i fantastici anni ’80, quelli in cui in Italia si giocava il miglior calcio del mondo con i giocatori più forti in circolazione.

Dopo la delusione della finale playoff persa con il Monza nel 2022, il traguardo sembra vicino grazie alla cavalcata della squadra allenata da Filippo Inzaghi, sospinta anche dal calore dei propri tifosi e di un’intera città. Città che, forse, la verità sull’esito del campionato di Serie B la sa già, se è vero che a Pisa è già 2026. Attualmente a +7 sullo Spezia con cinque partite di Serie B rimanenti, il Pisa di Pippo Inzaghi dovrà aspettare ancora un po’ per eventualmente festeggiare la promozione diretta in Serie A alle spalle del Sassuolo.

La prima data utile per la promozione del Pisa in Serie A è il 25 aprile, quando i toscani affronteranno il Brescia. Qualora la distanza tra Pisa e Spezia sia di dieci o più punti, la squadra toscana sarà promossa senza dover passare dai playoff. La promozione sarebbe un ritorno alla ribalta per un club che non ha mai dimenticato cosa significa stare tra le grandi. Ma per capire davvero cosa rappresenterebbe per Pisa questo traguardo, bisogna tornare indietro. Agli anni ’80, quando il nerazzurro non era solo colore, ma battaglia, ambizione e sfida costante alla “capitale” Firenze.

Pisa e Firenze. Due città divise da circa 70 chilometri e da secoli di storia. Due anime toscane che, fin dal Medioevo, si sono guardate in cagnesco. Pisa, ghibellina, marinara, pragmatica. Firenze, guelfa, terrena, maestosa e piena d’arte. Due capitali regionali, due identità culturali che hanno sempre trovato un punto di rottura più che di incontro. E nel calcio, come spesso accade, tutto è deflagrato.

La rivalità tra Pisa e Fiorentina affonda le sue radici nei secoli bui, quando Pisa dominava i mari e Firenze il commercio terrestre. Firenze, priva di sbocco marittimo, fu a lungo costretta a trattare con la repubblica pisana, pagando dazi e sopportando l’umiliazione dell’inferiorità navale. Poi, il colpo di scena: Firenze puntò tutto su Livorno, snobbando Pisa, favorendone il declino. Quella ferita non si è mai rimarginata. E ogni volta che un pisano sente nominare Firenze, qualcosa si stringe nel petto.

Nel calcio, la miccia si accese davvero negli anni ’80. La Serie A cominciava a trasformarsi in un campionato globale, i grandi campioni stranieri riempivano le rose e gli stadi ribollivano. E fu lì, nel cuore pulsante di un’Italia che cambiava, che nacque la leggenda del derby Pisa-Fiorentina.

Romeo Anconetani, presidente del Pisa dal 1978 al 1994, era un personaggio fuori dal tempo: manager, motivatore, talent scout, showman. Aveva portato in nerazzurro talenti puri come Klaus Berggreen, Wim Kieft, Diego Simeone ed Henrik Larsen. Il Pisa di Anconetani non era solo una squadra: era un manifesto. Era la rivincita della provincia sulla nobiltà, era la rabbia toscana che non voleva essere messa in un angolo.

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Dall’altra parte c’era la Fiorentina dei Pontello, famiglia d’imprenditori eleganti, padroni di un club glorioso, con la maglia viola che portava sulle spalle l’orgoglio rinascimentale. In campo nomi da sogno: Daniel Passarella, Antognoni, Socrates, Baggio e Dunga. Firenze voleva lo scudetto, la Coppa UEFA, il palcoscenico internazionale. Pisa voleva batterla. Solo batterla. Sempre.

E ci riuscì. Nel 1987-88, il Pisa inflisse ai gigliati una memorabile sconfitta per 2-1. L’Arena Garibaldi ribolliva. Era il 29 novembre 1987, decima giornata di Serie A. Il Pisa di Giuseppe Materazzi, il papà di Marco, affrontava la Fiorentina di Roberto Baggio in un derby infuocato. Al 19’ Paciocco sbloccò il match, Baggio pareggiò al 42’, ma fu Lucarelli, al 64’, a siglare il 2-1 che fece tremare lo stadio. Dunga giganteggiò, il muro nerazzurro resse e l’Arena esplose al triplice fischio. Una vittoria che andava oltre i punti: era orgoglio, identità, leggenda. Chi c’era quel giorno, non l’ha mai dimenticato.

E da allora, chi c’era quel giorno, non ha mai dimenticato quel pomeriggio all’Arena. Una domenica da leggenda. E l’anno dopo, in Coppa Italia, arrivò un incredibile 4-2 all’Arena Garibaldi, sotto le luci del cielo d’agosto. Era il 28 agosto 1988, 3ª giornata della fase a gironi: il Pisa travolse la Fiorentina davanti a 8.600 spettatori in delirio. Fu una serata magica per i nerazzurri: Been aprì le danze al 7’, poi Piovanelli al 30’ e una doppietta di Severeyns al 37’ e al 77’ spedirono i viola all’inferno, nonostante le reti di Baggio al 66’ e Dunga al 90’. Per il Pisa non era solo una vittoria: era un’epopea, una di quelle notti che si raccontano ai nipoti. Firenze, ancora una volta, usciva battuta da una battaglia che valeva più del trofeo stesso.

I protagonisti di quegli anni erano tanti. Klaus Berggreen, danese elegante e letale, trascinatore in quelle battaglie. Dunga, colonna della Seleção, fu il legame più emblematico: indossò prima la maglia del Pisa, poi quella della Fiorentina, attraversando come un equilibrista la linea invisibile tra amore e tradimento. Con Pisa raggiunse la salvezza e alzò la Coppa Mitropa. Con la Fiorentina perse la Coppa UEFA in una doppia finale con la Juventus che ancora oggi fa male.

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Nel 1990-91 il derby si giocò per l’ultima volta in Serie A. E fu uno dei punti più bassi per i nerazzurri: due sconfitte per 4-0. Un’umiliazione. Firenze rideva, Pisa piangeva. La stagione si chiuse con la retrocessione del Pisa e la conferma in A dei viola che erano da poco entrarti nella nuova gestione Cecchi Gori. Dopo qualche anno, la stagione 1993-94, i nerazzurri si sbriciolarono nel baratro del fallimento dopo aver perso uno spareggio con l’Acireale. Anche la Fiorentina era in B in quella stagione: vinse all’andata 4-1 al Franchi e al ritorno pareggiò 0-0.

Il derby scomparve, relegato alle statistiche e al cuore di chi c’era. Nel 2002, in Coppa Italia di Serie C, ci fu l’ultima fiammata: Pisa vinse 1-0 a Firenze con Frati, nel primo anno della Florentia Viola, nuova identità della Fiorentina rifondata dalla famiglia Della Valle dopo il proprio crac. Fu una vendetta, dolce e silenziosa.

Le statistiche restano a favore dei viola. Ma il Pisa, nella sua storia recente, ha spesso saputo rialzarsi. E ora che l’orizzonte della Serie A si fa sempre più vicino, il pensiero corre veloce a quel derby dimenticato. La rivalità tra Pisa e Fiorentina è pronta a tornare. Con la sua carica storica, politica, campanilistica e sportiva.

Perché Pisa e Firenze non si sono mai amate. Non lo faranno mai. E quando torneranno a sfidarsi in Serie A, il cuore della Toscana tornerà a pulsare come non faceva da decenni.

A proposito di Cristian La Rosa

Cristian La Rosa. Classe ’76, ama il calcio e lo sport in generale. Segue con passione il calcio internazionale e ha collaborato con alcuni web magazine. È il fondatore, ideatore ed editore.