Credit: Edizioni Efesto

Intervista ad Alessandro Oricchio: l’autore ci racconta il suo ultimo libro “Ho dimenticato come si fa gol”

Nel suo quinto libro descrive l’attaccante che non segna, tra aneddoti di quattordici protagonisti che a partire dagli anni ’90 ad oggi non riuscirono a trovare gloria con la maglia della Roma.

Amici de Lanotiziasportiva.com ben ritrovati con un nuovo post di History Sport, la sezione di racconti sportivi, documentari e recensioni che vi guida all’acquisto dei libri più interessanti del momento.

Questa volta vi descriviamo la storia di una rassegna di attaccanti che hanno riscosso inizialmente parecchia attenzione e arrivati spesso con aspettative importanti, ma che si sono poi ritrovati ai margini per incapacità proprie o altrui di incidere sul difficile palcoscenico della Serie A.

Tutto questo ricordato grazie all’ultimo viaggio nostalgico di Alessandro Oricchio, giornalista e pubblicista iscritto all’Odg del Lazio e già autore di quattro libri tutti dedicati alla Roma, che ci propone una carrellata di meteore e bidoni che hanno vestito la maglia della società capitolina.

Da Caniggia a Bartelt, passando per Dahlin e Fabio Junior, fino ad arrivare a Defrel e Schick. Tutti attaccanti e promesse non mantenute in cui l’autore e il tifo giallorosso avevano riposto le proprie speranze, ma che purtroppo non riuscirono a lasciare il segno, tra paragoni impegnativi e a volte impietosi con campioni del passato a volte irraggiungibili. Avrebbero dovuto garantire gol e spettacolo. E invece si persero nell’ombra del Colosseo.

“Ho dimenticato come si fa gol”, pubblicato da ‘Edizioni Efesto’, ci porta in un viaggio nostalgico che ha inizio nei primi anni ’90 e ripercorre i momenti in cui l’Olimpico ha visto all’opera questi quattordici attaccanti, tra sogni e speranze causate dall’ottimismo del calciomercato. Attaccanti a volte indisciplinati, poco talentuosi o semplicemente inadatti al calcio italiano.

Ricordi precisi di quando era bambino, vissuti con un pizzico di malinconia e che iniziano con una cessione importante di un suo idolo da parte della società.

Un lavoro affascinante da cui nasce un libro per tutti e che suscita, pagina dopo pagina in una lettura fluida, un enorme curiosità. Forse sono questi i racconti più belli dello sport, quelli che raccontano delusioni o grandi sconfitte e non sempre le solite ovvietà.

Ed è con grande orgoglio che La Notizia Sportiva ha il piacere di ospitare per un’intervista Alessandro Oricchio, in precedenza autore di libri incentrati sulle vicende giallorosse tra cui “I grandi bomber della Roma”, “Totti 307 volte in piedi per te”, “Daniele De Rossi Uno di Noi” e “Ma chi abbiamo preso? Incompresi e oggetti misteriosi della Roma”.

Come e quando nasce l’idea di scrivere un libro sui grandi flop della Roma dagli anni ’90 a oggi?

“Diciamo che è un’idea che definirei romantica e nostalgica, dunque molto in linea con quello che per me è il concetto di romanismo. Mi spiego. I quattordici attaccanti di cui parlo nel libro sono stati tutti giocatori sui quali, nel momento in cui arrivarono alla Roma, avevo riposto tutte le mie speranze. Mi auguravo che potessero dimostrare tutto il loro valore a Roma, segnando valanghe di gol. E mi riferisco anche a quei giocatori, come Bartelt per esempio, che non avevano un pedigree che potesse in un certo qual modo giustificare le mie speranze. Ma il calciomercato è così, è un momento in cui si può, e si deve, sognare, dunque non ho mai voluto infrangere i sogni di gloria che avevo costruito intorno a quegli attaccanti, che poi purtroppo a Roma delusero parecchio. Il calcio è uno sport strano, perché in alcuni casi si tratta anche di centravanti che hanno segnato, e parecchio, o prima di arrivare alla Roma, o dopo che se ne sono andati via. Dunque, scrivere di loro per me è stato un po’ un viaggio nostalgico, per ricordare innanzitutto la Roma degli anni ’90 e 2000, e poi anche questo irrazionale ottimismo che ha permeato (e continua a permeare) le mie sensazioni ogni qual volta arriva un nuovo giocatore alla Roma. Poi c’è anche un altro aspetto: molto spesso a determinare la carriera dei giocatori sono dei momenti chiave. Può essere un gol segnato in una partita decisiva, un calcio di rigore conquistato, un salvataggio in extremis. Ecco, questi giocatori, oltre che per demeriti propri, in alcuni casi non hanno neanche avuto fortuna nei momenti chiave. Penso ad Adriano, che avrebbe potuto segnare quel che lo magari lo avrebbe fatto sbloccare e invece si è ritrovato davanti un portiere saracinesca. Oppure penso a Schick, che ha avuto occasioni da gol clamorose come quella di Torino contro la Juventus che ha fallito miseramente. E mi chiedo: sarebbe cambiato qualcosa nella testa di questi calciatori se invece la storia fosse andata diversamente?”

Che ricordo hai di quegli anni di calciomercato, senza internet e pay tv?

“Ricordi splendidi. Perché a quell’epoca ogni volta che veniva accostato un nuovo giocatore alla Roma si poteva fantasticare liberamente, soprattutto quando si trattava di profili totalmente sconosciuti. Per esempio Bartelt, o Fabio Junior, attaccanti di cui a Roma si sapeva pochissimo (tanto che il Corriere dello Sport pubblicò una videocassetta che ancora tutti ricordano sulla punta brasiliana). Ci mancavano dunque i punti di riferimento, cioè non potevamo sapere se quell’attaccante sconosciuto potesse essere buono o meno. Ma si lavorava tanto di fantasia, si sognava, si sperava, sempre con quell’ottimismo di fondo che, credo, caratterizzi l’essere romanista colorandolo di romanticismo e amore cieco (nel vero senso della parola)”.

Chi è stato il tuo più grande rimpianto e quello che ti ha fatto letteralmente disperare tra gli attaccanti citati nel libro?

“Il mio più grande rimpianto è senza dubbio Caniggia. L’argentino non era affatto scarso, anzi: era un calciatore dalla classe sopraffina, un attaccante veloce, dotato tecnicamente, che a Roma ci avrebbe potuto regalare tantissime gioie. Non ha giocato tanto con la casacca capitolina, ma tutti ancora ricordano il gol segnato in semifinale di Coppa Italia contro il Milan, dopo una cavalcata dalla trequarti difensiva giallorossa fino alla porta avversaria. Era un attaccante che amavo, e che avevo ammirato quando giocava con l’Atalanta. Purtroppo la sua storia a Roma non andò a finire bene, per motivi extracalcistici. Quello che mi ha fatto disperare di più, senza dubbio, è Patrik Schick: un giocatore che probabilmente non ho mai capito. Ero felicissimo quando è arrivato, perché convinto avessimo preso un calciatore con un futuro da fuoriclasse. Ma la tecnica nel calcio non è tutto, per sopravvivere a Roma serve anche carattere e determinazione, e soprattutto un pizzico di fortuna, che forse Schick non ha mai avuto”.

Hai già raccontato le vicende giallorosse in passato: ce ne vuoi parlare?

“Sono molto legato a tre libri in particolare: I grandi Bomber della Roma, un libro che racconta le gesta dei 12 attaccanti più prolifici della storia della Roma. Pubblicato nel 2015, è stato il mio debutto assoluto nel mondo editoriale colorato di giallorosso. Poi Totti 307 volte in piedi per te, un libro in cui ho voluto descrivere tutti i gol segnati dal Capitano giallorosso con la maglia della Roma: è un vero e proprio tuffo nostalgico nella carriera del giocatore più forte che abbia mai indossato la maglia capitolina. L’ultimo è Daniele De Rossi Uno di Noi, in cui ho invece narrato i momenti salienti della carriera del numero 16 più amato di sempre: ci sono tutte e 616 le gare disputate dal centrocampista di Ostia, con una lente di ingrandimento che va ad approfondire partite, giocate, tackle o gol che hanno contribuito a rendere De Rossi quel giocatore che ha impersonificato alla perfezione il tifoso giallorosso in campo”.

Come vedi il presente e il futuro della Roma grazie al nuovo corso intrapreso dalla famiglia Friedkin?

“Io credo che sia ancora presto per fare delle previsioni per il futuro, ma senza dubbio i Friedkin hanno portato una ventata di freschezza di cui si aveva estremo bisogno. Già in queste prime partite della stagione vederli sempre sugli spalti a sostenere la squadra è un gran bel messaggio che stanno lanciando ai giocatori e ai tifosi. A me la Roma di quest’anno piace molto, mi piace molto Fonseca, allenatore di cui probabilmente si parla sempre troppo poco, e mi piace la rosa, un mix di giocatori esperti e giovani che credo ci possano dare delle ottime soddisfazioni. Ma il vero segreto di questa Roma è che non fa proclami: lavora a fari spenti, non ha bisogno delle luci della ribalta. Testa bassa e pedalare, sembra essere il motto di questa Roma che, almeno finora, ci sta regalando ottime prestazioni”.

Credit: Edizioni Efesto

HO DIMENTICATO COME SI FA GOL (Gli attaccanti che a Roma hanno perso il feeling con il campo e la porta avversaria)

Autore: Alessandro Oricchio;
Formato: libri cartacei;
Anno di pubblicazione: 2020;
Pagine: 150;
Prezzo: 13,00 euro;
Dove acquistarlo: Edizioni Efesto.

A proposito di Cristian La Rosa

Cristian La Rosa. Classe ’76, ama il calcio e lo sport in generale. Segue con passione il calcio internazionale e ha collaborato con alcuni web magazine. È il fondatore, ideatore ed editore.

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