La Screen Sport Super Cup: il trofeo ai tempi dell’esilio inglese

La squalifica delle squadre inglesi dalle coppe europee per i fatti dell’Heysel, partorì una temporanea manifestazione “di riserva”: fu un autentico fallimento.

Di Stefano Ravaglia

Cinque anni di squalifica dalle competizioni internazionali per i club inglesi, uno in più per il Liverpool, resosi protagonista per riflesso dalle nefandezze dei suoi tifosi. Il verdetto impietoso emesso dopo la tragica finale di Coppa dei Campioni all’Heysel di Bruxelles il 29 maggio 1985, disegnò una linea di confine tra il vecchio e il nuovo calcio, seppur serviranno altri 96 morti nel 1989, a Hillsborough, per certificare un vero cambiamento.

I fatti sono noti: prima di Juventus-Liverpool i tifosi occupanti il settore Z, confinante con quello presieduto dalla marea rossa, finirono vittima di deliberate cariche degli inglesi che portarono al crollo del muro di cinta e alla morte di trentanove persone. La punizione per i club d’oltremanica non è stata certo la cosa più brutta della vicenda, ma a farne le spese furono anche i club che col Liverpool e i suoi tifosi non avevano nulla a che fare: il Manchester United, vincitore della FA Cup, il Norwich, della League Cup, l’Everton campione d’Inghilterra (che contestò immediatamente il verdetto), il Tottenham e il Southampton, che avrebbero dovuto disputare la Uefa, e naturalmente gli stessi Reds.

Mercoledì a spasso, dunque. Giubilo delle moglie e delle fidanzate, che avranno sollievo da week-end dove vengono perennemente messe in secondo piano, e ora ancor di più. Ma, diamine, siamo inglesi, ce ne stiamo con le mani in mano? No di certo. E allora forse in pochi sanno che nella prima stagione da “esiliati” i club sopracitati furono protagonisti di uno dei più disastrosi trofei mai esistiti nella storia del calcio, che ebbe vita brevissima: la Screen Sport Super Cup. Quante romantiche e nostalgiche coppe fanno parte del cimitero del pallone?

L’Intertoto, il Torneo anglo-italiano e sua maestà la Coppa delle Coppe. Ma questo trofeo inventato dalla stanza dei bottoni del football inglese, nessuno proprio lo ha mai rimpianto lassù. Per compensare le mancate entrate derivanti dalle partecipazioni alle coppe internazionali, la Football League si mise alla spasmodica ricerca di uno sponsor che consentisse di far disputare alle sei squadre escluse partite infrasettimanali come fossero appuntamenti di più alto rango.

La cosa fu talmente tragicomica che quando il canale sportivo Screen Sport, che venne successivamente assorbito dal ben più noto Eurosport, si offrì di pagare per dare il nome alla competizione, non vi furono nemmeno trattative al riguardo. Il calcio inglese, messo in mutande dai proprio hooligans, accettò senza condizioni. E così, nella stagione 1985-86, ecco la Screen Sport Super Cup, con una formula più ampia possibile, perché sei squadre erano davvero poche per poter aumentare gli introiti: due gironi da tre dunque, con partite di andata e ritorno, qualificazioni alle semifinali per le prime due da disputare anch’esse in due partite, con la finalissima da disputare a Wembley… ehm, anzi no.

Ma come? Il tempio del calcio schiaffeggiato ed escluso così? Fu deciso infatti che anche la finale sarebbe stata in gare di andata e ritorno. Più partite, più soldi: una anticipazione di quanto oggi è diventato regola. Di entusiasmo se ne vide poco sin da subito: Edwards, presidente del Manchester United, si augurava un pronto ritorno alle coppe europee, quelle vere, con uno sconto di pena che mai arrivò; Kendall, allenatore dell’Everton, impose ai suoi ragazzi di non impegnarsi e tirare i remi in barca in vista del campionato. Le due squadre furono inserite nel primo gruppo con il Norwich, mentre il Liverpool se la vide con Southampton e Tottenham. I Toffees batterono 4-2 il Manchester e 1-0 i “canarini”, replicando anche a “Goodison” contro i Red Devils che collezionarono la miseria di due punti. Everton e Norwich (1-1 in entrambe le gare con lo United) passarono alle semifinali.

Nel secondo raggruppamento, il Liverpool vinse con 10 punti, frutto di roboanti vittorie contro il Tottenham (3-0 e 2-0), del 2-1 al Southampton (pareggio poi al “Dell”) e al secondo posto finì il Tottenham. Il 5 febbraio 1986 si disputarono le semifinali: Norwich-Liverpool e Tottenham-Everton. Le gare di andata, ovviamente. Uno a uno e zero a zero, rispettivamente. Che noia! Senza alcuno stimolo, le compagini in campo misero in piedi davvero un pessimo spettacolo.

Nella semifinale di White Hart Lane poi, si contò il magro bottino di circa 8.000 spettatori. Al ritorno, 3-1 in entrambi i casi per Liverpool e Everton, ed ecco servito il derby cittadino in finale. Che per essere disputata, a causa del calendario intasato, necessitò di attendere addirittura il mese di settembre. Il 9 maggio di quell’anno le due rivali cittadine si contesero un trofeo ben più importante: la FA Cup, quella sì, nel magico teatro del vecchio Wembley.

Vinse il Liverpool 3-1 e anche il 16 settembre di quel 1986 finì con lo stesso punteggio la gara di andata di quella coppa che tutti non vedevano l’ora di abolire. Ancor più rotondo fu il punteggio in casa dell’Everton: 4-1, tripletta di Rush e stavolta una cornice degna con circa 26.000 spettatori.

Il Liverpool cannibale di quegli anni Ottanta segnati dalle due squadre della città, aveva portato a casa anche le briciole. Perché non fu altro che una briciola quella Soccer Sport Super Cup: il trofeo degli esiliati, come furono le squadre inglesi orfane delle coppe europee. Ma il rimpiazzo proprio non piacque. E allora il trofeo più bistrattato del mondo finì subito in soffitta. Con zero rimpianti.

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