Wimbledon story: i tre giorni più lunghi di Isner e Mahut

La più lunga partita della storia del tennis è durata tre giorni: nel 2010 viene fissato un record praticamente imbattibile

Ci cascano tutti: Wimbledon Park. Ma non è quella la fermata corretta della “tube” per arrivare nel tempio del tennis londinese. Bisogna scendere prima, a Southfields, e fare qualche metro a piedi.

Qualche anno fa, eseguii: tra una pioggia fitta e folate di vento che rendevano il mio ombrello ingovernabile, giunsi in loco. Arrivai in anticipo, il Lawn England Tennis apriva alle 10: in un clima non proprio estivo, come quello in cui si svolgono i “Championships”, mi apprestavo a entrare nel gruppo di visitatori che, orecchie aperte verso una guida, avrebbero esplorato l’intero complesso di campi, sala stampa, lounge e quant’altro, in cui si svolge il torneo di Wimbledon, il più antico dell’intero circo, nato nel 1877, vinto soltanto una volta da un giocatore di casa, Fred Perry.

La vittoria del 2012 di Murray, non vale: mica era inglese lui, veniva dalla Scozia, ma molti se ne ricordano solo quando perde. La guida, una brava signora longilinea dai capelli bianchi e con un impermeabile che avevo visto su soltanto all’ispettore Derrick e all’allenatore tedesco Ottmar Hitzfeld, ci fa scorrazzare in un tempio ormai vuoto: è inizio settembre e i giochi sono finiti da un paio di mesi.

I campi sono 19, ma in realtà 18: non esiste il numero 13. Qua con la scaramanzia non si scherza. Siamo nel 2011 e sono passati quattordici mesi da un evento che da queste parti ha segnato la storia del torneo e dell’intero sport: tra il 22 e il 24 giugno del 2010 si è disputata la più lunga partita della storia e dopo la sala stampa, il grande campo centrale, già provvisto di tetto retrattile, e la statua di Fred Perry, il “court” nr. 18 si para davanti a noi e ciò che salta all’occhio è una targa affissa al muro: the longest match.

La partita più lunga. Stati Uniti contro Francia: Isner, americano, Mahut transalpino, numero 104 nella classifica ATP, che era partito dalle qualificazioni pre-torneo per poi approdare al primo turno del singolare maschile. Alle 18:18  del 22 giugno la partita comincia, e tre ore più tardi viene sospesa per oscurità, poiché non è operativo alcun riflettore. Già di per sé potrebbe essere una notizia, ma diamine, può capitare. Due set pari: si rigioca l’indomani. Alle 14:05 del 23 giugno si ricomincia e alle 17:45 qualsiasi altro record è polverizzato. Isner-Mahut diventa già la partita più lunga di sempre.

Nel frattempo, in Sudafrica, si stanno svolgendo i Mondiali di calcio ma gli inglesi pensano poco a Inghilterra-Slovenia e molto di più a una storia irripetibile che si sta scrivendo su quel campo 18. Avanti a turno di un punto, il match-point non arriva mai. Ogni nove game si cambiano addirittura le palline. Il quinto set è ufficialmente infinito: alle 21:13 ci si ferma di nuovo, ovviamente per oscurità. Siamo 59 pari con ben 193 aces totali. Anche il tabellone griffato IBM va in tilt: era programmato, al massimo, per un 47-47.

Giovedì 24 giugno 2010 alle 15:40 il match riprende. John McEnroe, il giorno prima, aveva detto:

“Sto apprezzando la grande combattività e il grande impegno dei due giocatori. Spero spostino la gara sul centrale, se lo meritano. Ma c’è un limite a tutto: serve introdurre il tie-break al quinto”.

E invece si resta sul court 18, ormai prigioniero della leggenda. L’incubo è di arrivare ancora fino a sera. Non sarà così: mentre in contemporanea l’Italia del calcio si fa mortificare dalla Slovacchia, che mette fine al Mondiale azzurro, un lungolinea di Isner trova il pertugio giusto e il punto del 70-68. Il pubblico esplode più per liberazione che per vero tifo, consapevole di aver assistito a un evento storico. Il terzo giorno di gara è durato poco più di un’ora.

L’incontro del primo turno maschile Isner-Mahut è durato undici ore e cinque minuti stracciando qualsiasi record: le sei ore e mezza di Santoro-Clément al Roland Garros 2004, le sei ore e venti di McEnroe-Wilander, Coppa Davis 1982, e lo stesso tempo ancora con McEnroe in campo, contro Becker, nella Coppa Davis 1987. Gli aces totali sono 216, i doppi falli 31, i punti totali 980. Il giudice di sedia, lo svedese Mohamed Laydani, viene ritratto coi due giocatori al fianco del tabellone rimesso a posto dai tecnici della IBM. Lasciato quel campo 18, mi dirigo al museo, dove sono custoditi foto e cimeli della storia del torneo, nonché i video più importanti dei match più belli.

Poi, scorgo un grande pannello ricurvo, in una parte del museo a sé: è il racconto di un evento praticamente irripetibile. C’è scritto The longest match.

A proposito di Stefano Ravaglia

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