Ipswich Town 1981: fuga per la vittoria

Robson in panchina, uno scozzese come bomber e divenuto poi attore di un film. La Uefa dell’Ipswich Town nel periodo di dominio inglese in Europa, prima del disastro dell’Heysel.

di Stefano Ravaglia

Margaret Thatcher era arrivata da poco in sella all’Inghilterra. Al numero 10 di Downing Street nel 1979 si era accasata la prima donna ministro nella storia del paese. Una Nancy Astor più fortunata. La Astor fu la prima donna inglese a entrare in parlamento nel 1919, pur non essendo primo ministro, ed era una donna combattiva, tenace e rissosa, pur di rivendicare con orgoglio i diritti delle donne e indispettire un certo Wiston Churchill. La Thatcher invece, molti decenni dopo, raccoglie un paese in difficoltà economica, martoriato dalla disoccupazione, dagli hooligans e dalle proteste sociali.

Nel frattempo, nel calcio, oltre alle violenze ci sono anche sorrisi per le squadre della terra d’Albione: solo nei Settanta il City e il Chelsea, non ancora degli sceicchi e dei magnati russi, avevano vinto la Coppa Uefa (1970 e ’71), seguiti dal Liverpool nel 1973 e 1976. I Reds poi avevano traslocato in Coppa dei Campioni e l’avevano vinta per due volte consecutive nel ’77 e nel ’78, ripetendosi poi nel 1981.

Già, il 1981. Dove quella Inghilterra in grande crisi aveva bisogno di un grande evento per sorridere: il 29 luglio Carlo e Diana si sposano nella chiesa di Saint Paul, con la convinzione generale che sarà un matrimonio da favola. Non sarà così. La favola vera, l’aveva raccontata due mesi prima l’Ipswich Town, anno di fondazione 1878, che nel 1961-62 alla sua prima partecipazione alla massima serie, l’aveva vinta, condotta da Alf Ramsey, colui che quattro anni più tardi diede il Mondiale all’Inghilterra. Unico e ultimo titolo inglese dei Tractor Boys, che non erano certo una compagine di primo piano nel panorama pallonaro, così come forse non lo erano mai stati considerati nella loro vita quotidiana: Ipswich mantenne lo stato di “Town” al contrario della vicina Norwich, denominata “City” per via della presenza di una cattedrale.

Quel soprannome, Tractor Boys, deriva dalla fama contadina e di allevamenti di quella zona del Suffolk, est dell’Inghilterra. Nel 1978 il secondo successo della squadra: la FA Cup vinta a Wembley contro l’Arsenal. Guidati dal Santone Bobby Robson in panchina e dall’attaccante scozzese John Wark in campo, il numero 10 lo indossa un altro scozzese, un certo Brazil, e interprete più adatto per quel numero non poteva esserci. Mentre il Liverpool veleggia verso Parigi per la finale di Coppa dei Campioni contro il Real Madrid, tornando al successo nella massima competizione continentale, l’Ipswich fa fuori Aris Salonicco e Bohemiens Praga rischiando di farsi rimontare nelle gare di ritorno (5-1 e 1-3 coi greci, 3-0 e 0-2 contro i cechi). Poi vendica la Juventus, eliminata ai rigori dai polacchi del Widzew Lodz, che gli inglesi travolgono 5-0, perdendo ancora una volta la gara di ritorno ma con un innocuo 0-1.

Nei quarti di finale la sfida certamente di maggior prestigio contro Platini e il suo St Etienne: due vittorie perentorie, 4-1 in Francia e 3-1 a Portman Road, lo stadio di casa dell’Ipswich ancora oggi dal 1884. La semifinale è contro il Colonia, che a quei tempi era tutt’altro che una ordinaria squadra tedesca come oggi. I teutonici stabilirono un mini record in quegli anni Settanta: persero, tra Coppa Campioni e Uefa, quattro volte in semifinale, nel 1969, 1971, 1975 e 1979, pur vincendo una incredibile Bundesliga nel 1978, vinta soltanto per un miglior scarto difensivo di 3 reti sul Moenchengladbach, con il quale aveva chiuso il torneo a pari punti. La maledizione della semifinale proseguì anche contro l’Ipswich: con un doppio 1-0 per gli uomini di Robson si spalancarono le porte della finale, allora ancora con la formula dell’andata e del ritorno.

In casa, l’Ipswich travolge l’AZ Alkmaar 3-0, mentre nel ritorno giocato ad Amsterdam, per facilità di capienza, in mezzo a un esercito di tifosi biancoblu gaudenti, sono ancora una volta gli avversari a vincere, ma inutilmente. Finisce 4-2 e la Coppa è dei Tractor Boys. Oltre a Wark e Brazil, a orchestrare a centrocampo era Muhren, un pezzo pregiato dell’Olanda e del suo “calcio totale”, e una caterva di gol arrivava anche da John Mariner da Bolton, che resterà in blu fino al 1984. Rientrati a Ipswich, i giocatori e il tecnico mostrano il trofeo da un edificio della città con una marea umana sottostante ad applaudirli. Pare una storia da film, e infatti in un certo senso tale sarà: John Wark, ma anche Russell Osman, recitano nel film “Fuga per la vittoria”, proprio in quel 1981, dove alcuni prigionieri progettano una fuga durante una partita organizzata contro i loro aguzzini nazisti.

Oltre a loro, come ricorderete, Ardiles, Moore e Pelé, con Sylvester Stallone come portiere. Nel 1982 toccherà all’Aston Villa alzare la Coppa dei Campioni, nel 1984 sarà ancora il cannibale Liverpool a prevalere. Prima che cali la scure dell’Heysel nel 1985, Juventus-Liverpool, con gli incidenti pre-partita che portarono a un bilancio finale di 39 morti. E il sipario cala sulla favola dell’Ipswich e sulla storia delle squadre d’oltremanica in Europa: saranno squalificate dalle coppe europee per cinque anni.

Nel 1989 poi la tragedia di Sheffield prima di Liverpool-Nottingham Forest. Il calcio inglese fondato circa un secolo prima, finisce lì. Stadi rifatti da zero, hooligans progressivamente usciti di scena: l’ultimo lascito di Margaret Thatcher, che nel 1990 si dimette e dice:

“Lascio un paese in condizioni migliori di quelle in cui era quando l’ho ereditato”.

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