Storia di una squadra catalana, che a differenza del Barcelona, dell’Espanyol o del Girona non ha avuto la stessa bravura (e gli stessi mezzi economici) per risaltare sotto le luci della ribalta. Questa squadra si chiama Júpiter Barcelona.
Questa breve storia che state per leggere l’ho scoperta un paio di anni fa grazie alla rivista Uno-Due, vero e proprio patrimonio dell’umanitá per gli amanti del calcio. Al momento, di Uno-Due ne sono usciti solo due numeri e tutti noi devoti a questa pubblicazione siamo in attesa dell’uscita del terzo capitolo di questa fantastica rivista.
La storia in cui vi siete imbattuti ha come protagonista una squadra catalana, che a differenza del Barcelona, dell’Espanyol o del Girona non ha avuto la stessa bravura (e gli stessi mezzi economici) per risaltare sotto le luci della ribalta. Questa squadra si chiama Júpiter Barcelona.
Nata nel quartiere operaio di Poble Nou, l’onze (l’undici) grigio-granata, questi i colori sociali, è composta, sin dalla sua fondazione, da soli operai (in gran parte anarchici), che portano sul campo da calcio “el orgullo obrero“, l’orgoglio operaio, e fanno di ogni partita una storia di resistenza.
Nel 1917 (annata importante a livello mondiale) vincono il campionato di Barcelona e da quel momento parrebbe che la storia dello Júpiter potrebbe spiccare il volo verso le nobili serie spagnole. Ma, si sa, gli operai (soprattutto se anarchici) sono invisi al potere, e con la dittatura di Primo de Rivera iniziano i problemi veri per i membri dello Júpiter, che comunque non si scoraggiano. Anzi, si organizzano per resistere. Sostengono la causa anarchica e danno appoggio logistico e militare alle colonne anarchiche presenti in Catalunya, diventando un punto di riferimento nella resistenza alla dittatura.
Con la nascita della Repubblica sembra che il peggio sia passato per la squadra catalana, che può tornare a riempire il suo stadio di Poble nou, impianto attorniato da fabbriche e case popolari che alla domenica ribolle di passione per i grigio-granata. Nel 1936 arrivano però Franco e la guerra civile e la Spagna intera precipita nel baratro della dittatura fascista (o falangista, come preferite). Lo Júpiter prova a ricreare sacche di resistenza, diventa nuovamente il ponte di collegamento con le colonne della resistenza repubblicana (non più solo quelle anarchiche) fornendo appoggio logistico e “materiale umano” e, fino a quando gli viene concesso, porta in campo gli ideali antifascisti.
La dittatura franchista trasformerà lo stadio di Poble nou (volontariamente?) nel campo di fucilazione di Barcelona.
Da quei palazzi affacciati sullo stadio, che ribollivano di passione e gioia ogni volta che un operaio in maglia grigio-granata toccava palla, ora si possono sentire solo gli spari del plotone di esecuzione e il rumore sordo dei corpi senza vita che si accartocciano sul terreno di gioco. Gioco che non é più calcio, ma é quello più vecchio del mondo, fatto di sangue, morte e infamia.
Ma lo Júpiter resiste ed esiste ancora oggi. Certo, gli ideali non saranno più quelli di ottanta anni fa e non sono solo operai a giocare per i grigio-granata, ma una squadra del genere deve sopravvivere per sempre, per dimostrare al mondo che vi è sempre un fascismo contro il quale resistere. E che chi resiste, vince.
Buon 25 aprile!
Di Davide Ravan