Come il Santos di Pelé è finito in Serie B dopo oltre un secolo di gloria
La morte, lo scorso 29 dicembre, di O Rei Pelé ha segnato la fine di un’era per il Santos e per l’intero movimento calcistico verdeoro. Quel giorno, all’età di 82 anni, ci lasciava colui che più di ogni altro ha contribuito a rendere grande e universalmente riconosciuto il calcio brasiliano.
E forse non è un caso che, a neppure dodici mesi di distanza, la squadra con cui Pelé ha scritto la storia debba affrontare la prima, traumatica retrocessione della sua ultracentenaria storia. Mercoledì sera, il 2-1 subito in casa per mano del Fortaleza ha certificato la caduta del Santos in Serie B dopo 111 anni consecutivi nel massimo campionato nazionale. Ironia della sorte, questa edizione del torneo era stata ribattezzata “Brasileirao Rei” in omaggio proprio a O Rei.
La retrocessione ha scatenato una notte di violenze a San Paolo. Come prevedibile, la torcida santista non ha accettato supinamente l’onta della caduta in Serie B. Svanito il sogno della salvezza con il fischio finale della gara col Fortaleza, i tifosi hanno dapprima tentato l’invasione di campo, respinta a fatica dagli steward. Poi, in preda a una rabbia cieca, gruppi organizzati di ultras si sono resi protagonisti di gravi disordini in città.
Per tutta la notte bande di vandali hanno appiccato incendi alle auto in sosta, distrutto vetrine e dato alle fiamme un paio di autobus del trasporto pubblico. Scene di guerriglia urbana che hanno richiesto l’intervento di un massiccio contingente delle forze dell’ordine.
LA FINE DI UN’ERA
L’epopea dorata del Santos è indissolubilmente legata alla figura di O Rei Pelé, che negli anni ’50 e ’60 trascinò i bianconeri a vette calcistiche mai più raggiunte. Il fenomeno di Tres Coraçoes fu il protagonista indiscusso grazie a un innovativo programma di amichevoli in giro per il mondo, divenne la squadra più amata e prestigiosa al di fuori dei confini nazionali.
Ma il mito non si esaurì con Pelé. Anche nell’era post O Rei, Vila Belmiro si confermò fucina di talenti straordinari, molti dei quali crebbero calcisticamente tra le mura del settore giovanile bianconero. Da Diego a Robinho, fino a Neymar e all’attuale stella del Real Madrid Rodrygo, autentici predestinati capaci di riportare in bacheca nazionale e internazionale nuovi trofei.
Ora però, con la retrocessione, sembra essersi definitivamente chiuso il ciclo della grandezza. E forse, con esso, anche il mito del Santos come fucina di campioni e modello vincente di gestione manageriale.
LENTA AGONIA BIANCONERA
Il declino è iniziato ormai da diversi anni. L’ultimo successo risale al lontano 2004, quando i bianconeri conquistarono l’ultimo dei loro otto campionati nazionali. Da allora, una lenta e inesorabile caduta che ha raggiunto il punto più basso nella tormentata stagione appena conclusa. Già le prime avvisaglie di una annata potenzialmente drammatica si erano palesate la scorsa estate, con le premature eliminazioni da Coppa del Brasile, campionato Paulista e Copa Sudamericana. In campionato le cose non sono andate meglio: ha chiuso il girone d’andata all’ultimo posto, con la zona retrocessione già drammaticamente vicina.
Nemmeno il cambio di allenatore, con l’esonero di Diego Aguirre e l’arrivo di Marcelo Fernades, è servito a invertire la rotta. Fino al tragico epilogo di mercoledì, con la prima, storica discesa che certifica il tracollo sportivo ed economico della società. Il destino si è compiuto negli ultimi, beffardi minuti dell’ultima giornata di Brasileirao. I bianconeri, quintultimi prima del calcio d’inizio, avevano il proprio futuro ancora nelle loro mani. Bastava una vittoria contro il Fortaleza per certificare una salvezza tutt’altro che scontata dopo una stagione di delusioni.
Sotto di un gol dopo 45 minuti, il Santos è riuscito a trovare il pari solo al 60′, illudendosi di potercela ancora fare. Illusione spazzata via dalle contemporanee vittorie di Vasco e Bahia, che obbligavano i bianconeri alla vittoria che sembrava materializzarsi fino al 94′, quando un tiro della disperazione da centrocampo del Fortaleza ha condannato il Santos alla prima, drammatica retrocessione della sua ultracentenaria storia.
A quel punto è esplosa la rabbia della torcida: invasioni di campo, scontri sugli spalti, lacrimogeni. Fino al triste fischio finale dell’arbitro, che ha certificato la fine di un’era per il calcio brasiliano.
SANTOS TRA DEBITI, SCANDALI E MALAGESTIONE
La debâcle sportiva è solo la punta dell’iceberg di una crisi ben più profonda, che affonda le radici nella disastrosa gestione societaria degli ultimi anni. L’era Andres Rueda, iniziata nel 2021, verrà ricordata come uno dei periodi più bui nella storia ultracentenaria del club.
In nemmeno tre anni si sono alternati ben nove allenatori sulla panchina bianconera, sintomo evidente dell’instabilità dirigenziale. Come se non bastasse, il Santos è stato travolto da torbidi scandali, l’ultimo dei quali lo scorso giugno con il licenziamento del difensore Eduardo Bauermann. Quest’ultimo era stato inchiodato da alcune intercettazioni in cui, dietro compenso, avrebbe dovuto ricevere un cartellino in cambio di denaro. Insomma, una gestione societaria da film horror, condita da 150 milioni di debiti. Un mix letale, che ha trascinato il glorioso club paulista fin sul baratro della Serie B. E dire che solo pochi mesi fa, con la scomparsa di Pelé, il mondo intero omaggiava quella che fu la squadra più amata del pianeta.
FINE CORSA PER RUEDA
La disfatta sportiva certifica, qualora ve ne fosse bisogno, il fallimento della gestione Rueda. L’ormai ex presidente lascerà la plancia di comando del Santos il prossimo 9 dicembre, quando i soci del club saranno chiamati a eleggere il successore con il gravoso compito di risollevare le sorti della società.
La retrocessione comporterà infatti un drastico ridimensionamento delle entrate e potrebbe costringere il club a rivedere le priorità societarie. In primis, come ovvio, quella di evitare il tracollo finanziario e tornare nel calcio che conta al più presto. Anche a costo di congelare, chissà per quanto, il sogno di dotare il Santos di un impianto finalmente all’altezza della sua leggendaria storia.