I petrodollari promettono di rivoluzionare geografie e abitudini consolidate del calcio mondiale, regalando ai tifosi arabi uno spettacolo impensabile fino a poco tempo fa con campioni di grido a profusione.
L’approdo di CR7 in Arabia Saudita con la maglia dell’Al-Nassr ha generato scalpore nella comunità calcistica mondiale. Quando il portoghese ha pronosticato un futuro radioso per la Saudi Pro League tra le big del pallone, lo stupore è stato palpabile. Cristiano Ronaldo è la punta di diamante di un campionato, e di uno Stato, con ambizioni smodate.
L’ex juventino è chiamato a cambiare la percezione della massima serie saudita, relegata ai margini del panorama internazionale. “Non è una Premier, sarebbe una bugia”, ammette CR7, “ma presto sarà tra i primi 5 tornei al mondo”. Un’affermazione veritiera? Di certo, i petrodollari non mancano e ora è stato raggiunto da Karim Benzema, fresco Pallone d’Oro. Impossibile rinunciare a contratti faraonici, per qualsiasi atleta.
Ma la Saudi League saprà trasformarsi in qualcosa di più che una pensione dorata per vecchie glorie? Riuscirà ad attrarre giovani fuoriclasse nel pieno delle forze? Il potenziale economico non manca, ma senza un progetto sportivo solido ed attrattivo anche per le nuove generazioni, il campionato arabo rischia di rimanere una mera esibizione di lusso, una vetrina sterile a uso e consumo degli sceicchi.
Serve tempo, serve pazienza ma soprattutto cultura sportiva. Quella che ha permesso alle leghe top europee di diventare un modello inimitabile. La strada è ancora lunga, anche per i petrodollari. I soldi non sono tutto: il gioco, le emozioni, contano ancora. E la Saudi League deve imparare a parlare il linguaggio universale del pallone per competere davvero coi grandi palcoscenici continentali.
“Soldi, non sempre amore”: il no di Messi, campanello d’allarme per la Saudi League
L’approccio fallito con Messi è stato un duro colpo alle ambizioni della Saudi League. Dopo il trasferimento all’Inter Miami, la Pulce ha confessato di aver rifiutato l’Al-Hilal per motivi familiari: “Se fosse stato per soldi sarei andato in Arabia o altrove”. Per la moglie e i figli, Miami con la sua enorme comunità ispanica era la scelta più semplice. Impossibile negare, però, che il no di Messi sia stato un danno d’immagine per il campionato arabo.
Avere sia CR7 che Messi nella stessa lega sarebbe stata una spinta propulsiva enorme. Sebbene in fase calante, il talento argentino ha dimostrato in Qatar di essere ancora un fenomeno, capace di far impazzire i tifosi. Il suo rifiuto ha evidenziato un potenziale problema per la Saudi League: non tutti i fuoriclasse cederanno al richiamo dei petrodollari.
Il flop Messi rappresenta un campanello d’allarme per i vertici sauditi. I soldi non bastano, serve un progetto credibile che vada oltre i campioni a fine carriera. Un campionato davvero top non si costruisce solo con colpi ad effetto, servono idee, cultura sportiva, investimenti su giovani promesse. La storia insegna che i fenomeni non incedibili, prima o poi arrivano. Ma una lega che ambisce ad essere tra le migliori al mondo non può dipendere solo da loro.
La via per competere coi top club continentali è ancora lunga. Troppi ostacoli da superare, a partire dallo scoglio più grande: non tutto si compra, non tutto si convince solo con montagne di banconote.
Saudi League, serve coraggio: il futuro è dei giovani, non solo delle vecchie glorie
La Saudi League rischia di diventare un campionato per ultratrentenni? Gli obiettivi di mercato, passati e presenti, hanno tutti qualcosa in comune: età avanzata e apice professionale alle spalle, sebbene in modo differente. Comprensibile, considerando il panorama attuale.
Il calcio è drasticamente eurocentrico, il concetto di “Big Five” è superato. Ligue 1, Serie A e Bundesliga sono secondarie rispetto alla Premier, dove si concentrano soldi e top club. Nonostante le ambizioni di creare delle nuove squadre da sogno, la Saudi League non ha lo stesso appeal del calcio europeo. Non ancora.
Puntare su over 30 di gran nome ha effetti a breve termine. Riempie gli stadi, alza l’hype mediatico, dà lustro al campionato in chiave marketing, ma rischia di nascondere l’assenza di un progetto sportivo solido, capace di valorizzare giovani di prospettiva e competere coi colossi d’Europa.
Una lega che ambisce ad essere tra le migliori al mondo non dovrebbe dipendere da vecchie glorie in cerca di ultimo ingaggio faraonico. La strada è lunga, il cammino irto di ostacoli. La concorrenza è spietata, gli equilibri continentali difficili da scalfire.
La Saudi League ha risorse per provare a stupire: deve trovare il coraggio di scommettere su se stessa, prima ancora che sui soliti noti. Il futuro parla arabo, ma ha bisogno di nuovi protagonisti.
Attenti al fattore credibilità: la Saudi League sotto esame
I top player della Saudi League saranno profumatamente pagati, impensabile il contrario. Sarebbe un disastro d’immagine se CR7 si lamentasse pubblicamente di stipendi non corrisposti. Ma che ne sarà di talenti minori? La FIFPRO, che rappresenta i calciatori professionisti, ha messo in guardia i propri associati da “violazioni contrattuali sistematiche e diffuse”.
L’organizzazione denuncia che “il mancato pagamento degli stipendi è un problema ricorrente per giocatori in Algeria, Cina e Arabia Saudita”. E la Cina è un precedente interessante. Sebbene il campionato arabo punti alle stelle, non deve dimenticare le fondamenta. Un sistema non regge senza equità interna, a prescindere dagli ingaggi dei big.
La credibilità di una lega si misura anche dal trattamento riservato a chi non ha notorietà planetaria. Se la FIFPRO alza un polverone, evidentemente qualcosa non funziona. Gli sceicchi sono chiamati a vigilare, per evitare che la Saudi League scivoli in un libero mercato senza regole dove il più debole è alla mercé degli eventi.
Dove girano petrodollari, il rischio è dietro l’angolo: la sete di successo immediato può offuscare la visione d’insieme, facendo passare in secondo piano aspetti fondamentali come la sostenibilità del sistema e il benessere dei calciatori meno blasonati.
La Saudi League sembra avere le potenzialità per stupire, ma la fretta è cattiva consigliera. La strada verso le vette del calcio mondiale parte dalle fondamenta: gli sceicchi hanno i mezzi per gettare basi solide. A loro la responsabilità di non sbagliare.
La lezione cinese: per volare servono le ali, non solo il motore. La Saudi League avvisata…
La Super League cinese ha tentato qualcosa di simile alla Saudi League, attirando fuoriclasse in declino con ingaggi stellari. Alcuni come Oscar, appena 25enne quando lasciò il Chelsea per lo Shanghai, facevano eccezione. “Il mercato cinese è un pericolo per tutti”, disse l’allora tecnico dei Blues Antonio Conte. Ma la bolla è presto scoppiata.
Oscar è rimasto, la maggior parte delle star del boom 2016-17 è partita. Il governo, inizialmente favorevole alla “professionalizzazione” della lega, ha ritirato sostegno: le star straniere, per Tevez in “vacanza pagata”, ostacolavano lo sviluppo dei giocatori cinesi. È stata imposta una “luxury tax” su acquisti dall’estero, rendendoli meno allettanti, ma la crisi del COVID e la “de-corporatizzazione” dei club ha fatto perdere interesse nel campionato.
La Saudi League deve trarre insegnamento dalla Cina. Attirare campioni a fine corsa va bene per il marketing, ma senza idee chiare può rivelarsi un boomerang. Gli sceicchi hanno risorse per competere coi top club, ma il modello cinese insegna che i soldi non bastano. La concorrenza dall’Europa è spietata, impossibile colmare in fretta il gap ed è meglio ragionare come sistema, gettando solide fondamenta, piuttosto che rincorrere colpi mediatici fini a se stessi.
Una vera lega top non nasce dall’oggi al domani. La lungimiranza araba ha chance di stupire, se saprà aspettare senza bruciare le tappe.