La vera storia di Ali Dia, il falso cugino di Weah che ha ingannato la Premier League

La truffa perfetta di Ali Dia: falso cugino di Weah, una sola partita in Premier prima di essere smascherato come impostore dal Southampton.

La stagione 1996/97 è iniziata in salita per il Southampton. Dopo le prime 7 giornate i Saints navigavano nelle zone basse della classifica, con una sola vittoria all’attivo. La svolta arrivò all’ottava giornata, quando al Dell si materializzò un roboante 4-0 ai danni del Middlesbrough. La settimana successiva, il 26 ottobre, i tifosi assistettero ad una partita storica: il Southampton asfaltò per 6-3 il Manchester United delle stelle Eric Cantona, David Beckham e Roy Keane. Una tripletta di Østenstad, una doppietta di Berkovic e un gol di Matthew Le Tissier permisero ai Saints di battere i Red Devils di Ferguson. Sembrava l’inizio di una risalita, ma solo due settimane dopo, a Goodison Park, arrivò una pesante debacle per 7-1 contro l’Everton. A metà novembre la squadra di Graeme Souness era di nuovo risucchiata nella lotta per non retrocedere.

La stagione del Southampton stava prendendo una brutta piega. Infortuni e risultati deludenti affliggevano la squadra di Souness, che cercava disperatamente un modo per risollevare il morale e raddrizzare la rotta. È in questo difficile contesto che l’allenatore scozzese riceve una telefonata inaspettata: dall’altro capo del telefono niente meno da uno che afferma di essere George Weah, l’unico Pallone d’Oro africano. Secondo la ricostruzione del manager scozzese, la leggenda del Milan gli consiglia di ingaggiare un giovane attaccante, suo presunto cugino, che vantava esperienze in Ligue 1 con il PSG e nella seconda divisione tedesca. “Quando una stella come Weah ti raccomanda un giocatore, di solito lo prendi in seria considerazione”, ammise poi Souness. Con la sessione di mercato chiusa, l’unica possibilità per rinforzare la rosa sembrava essere questo misterioso cugino dell’asso liberiano. L’allenatore scozzese era disposto a tutto pur di trovare la scintilla per risollevare la sua squadra, alla vigilia della complicata sfida con il Leeds.

L’allenamento del venerdì prima della sfida contro il Leeds si rivelò un disastro per il misterioso cugino di Weah. Nonostante le credenziali di livello, il giocatore in prova stese un velo di scetticismo tra i giocatori del Southampton. Le Tissier e compagni rimasero increduli dopo averlo visto in azione. “Era terribile, non riuscivamo a credere che fosse lì”, ammise in seguito la leggenda dei Saints. Insomma, nonostante le rassicurazioni di Weah, quello che doveva essere il cugino prodigio si rivelò tutt’altro che all’altezza e i giocatori non erano per nulla convinti che meritasse di restare.

Nel 1996 internet era agli albori e raccogliere informazioni sui calciatori non era semplice come oggi. Per questo il Southampton acquistò Ali Dia praticamente alla cieca, senza conoscere il suo reale valore. Le continue sconfitte spinsero Souness a convocarlo per la sfida contro il Leeds, nonostante non lo avesse mai visto all’opera. L’allenamento con la squadra riserve dell’Arsenal, che avrebbe dovuto testarne le qualità, era stato annullato per pioggia. Costretto a compilare la lista dei convocati senza alcuna indicazione, il tecnico scozzese inserì il senegalese. Quando i giocatori videro Dia nello spogliatoio rimasero di stucco. “Non potevamo credere che fosse stato convocato” ricorda Le Tissier. In assenza di YouTube o Transfermarkt, Souness si era affidato alla parola di Weah, ma quella scelta avventata si sarebbe presto rivelata un disastro.

Quando Le Tissier fu costretto ad uscire per infortunio alla mezz’ora, Souness si girò verso la panchina e il suo sguardo incrociò quello di Ali Dia. Era arrivato il suo momento, la chance della vita. Al 33′ il misterioso attaccante fece il suo ingresso in campo, tra lo scetticismo generale. “Numero 33, Ali Dia”, annunciarono gli altoparlanti. Il pubblico del Dell voleva crederci, sperava nella nascita di un nuovo idolo, di un sostituto all’altezza di Le Tissier. Ma l’inganno durò poco. Non appena toccò il primo pallone, fu chiaro che Ali Dia non aveva le qualità per giocare ad alti livelli. Nonostante una discreta velocità, mancavano le basi tecniche per competere. I tifosi più ottimisti provarono a vedere virtù inesistenti, ma presto l’evidenza fu schiacciante. Persino quando si presentò solo davanti al portiere, il suo destro si infranse addosso a Nigel Martyn. In quei pochi minuti, i sogni di gloria di Dia si infransero miseramente contro il muro della realtà.

Dopo l’iniziale entusiasmo, l’esordio di Ali Dia si trasformò ben presto in un incubo. Col passare dei minuti il giocatore dimostrò tutti i suoi limiti: impacciato, senza posizione e totalmente fuori dal gioco. Sembrava un cerbiatto sul ghiaccio, come lo definì Le Tissier. “Era disperato, sembrava Bambi che cercava di correre senza cadere” ricorda l’ex stella dei Saints. Dia vagava per il campo senza meta, incapace di coordinarsi coi compagni. La sua prova fu quasi comica, tra smarrimento e goffaggine. I tifosi, che inizialmente lo accolsero con speranza, presto si resero conto dell’inganno e iniziarono a cantare cori contro di lui. “Non so nemmeno se parlasse inglese” ammise Le Tissier. In meno di mezz’ora il sogno di Dia divenne un incubo: da possibile nuovo idolo a oggetto di scherno e indignazione dei tifosi delusi.

La prestazione di Ali Dia fu così disastrosa che Souness lo sostituì all’85’ con Ken Moncu, sullo 0-1 per il Leeds dopo il gol di Gary Kelly. Il senegalese aveva completato appena il 30% dei passaggi, offrendo un’immagine grigia e impalpabile. La sconfitta per 0-2, suggellata dal gol di Lee Sharpe, certificò il momento nero del Southampton. Negli spogliatoi si scherzò sulla pessima prova di Dia. In conferenza stampa Souness ammise candidamente di non averlo mai visto giocare prima. L’allenatore scozzese si rammaricò che la disperata situazione della squadra lo avesse costretto a fare esordire un perfetto sconosciuto in Premier League. “Questo dimostra lo stato delle cose nella società” dichiarò sconsolato. La debacle di Dia era lo specchio dei problemi del Southampton, costretto ad affidarsi ad un bluff per mancanza di alternative.

La vicenda di Ali Dia ha contorni quasi surreali, al confine tra realtà e finzione. Dopo l’esordio-flop, Souness avrebbe telefonato a Weah per chiedere spiegazioni, e l’attaccante del Milan avrebbe negato di conoscere Dia e di averlo mai raccomandato. Era tutta una messa in scena. In seguito emerse che Dia escogitò un piano audace per approdare in Premier League. Una probabile versione narra che chiese ad un amico dell’università di fingersi George Weah e telefonare ai club inglesi per raccomandarlo. Il primo tentativo fu col West Ham di Harry Redknapp, ma l’esperto manager fiutò l’inganno e rifiutò l’offerta.

Poi fù la volta di Port Vale, Gillingham e Bournemouth. “Rimasi scioccato quando qualcuno, spacciandosi per Weah, mi raccomandò questo giocatore. Non avrei mai pensato che una stella come Weah conoscesse il Gillingham, ma lo facemmo provare. Era una schiappa” rivelò l’allenatore Tony Pulis. Nessuno sapeva nulla di Dia, eppure il bluff gli permise quasi di giocare in Premier League. Una storia incredibile che mescola abilmente verità e finzione sullo sfondo del calcio anni ’90.

Dopo l’episodio al Southampton emersero nuovi dettagli sulla curiosa carriera di Ali Dia. Nato in Senegal nel 1965, aveva compiuto 31 anni proprio il giorno dell’esordio coi Saints. La sua carriera, ricostruita da Transfermarkt, includeva mete esotiche come la Finlandia, senza però mai avvicinarsi ai livelli che millantava. Aveva giocato nel Beauvais, nel Cercle Dijon, La Rochelle e nei francesi dell’Olympique Saint -Quentin, il finlandese PalloilijatPK-35 Vantaa, il tedesco Lübeck, con cui nel 1995 giocò due partite e 45 minuti in Bundesliga 2, e gli inglesi Blyth Spartans. Niente PSG o Nazionale senegalese, nemmeno un lontano legame con Weah. Dopo la breve avventura al Southampton, Dia ripartì dal basso con il Gateshead (dove terminò con successo l’università nel 2001) in coppa d’Inghilterra e nel Spennymoor United. “La faccenda col Southampton è stato un malinteso, voglio solo dimenticare” disse alla presentazione, salvo poi segnare 2 gol in 8 presenze. I compagni ricordano uno spavaldo Dia che si vantava di avere una Mercedes, salvo poi presentarsi al campo con un catorcio di 15 anni fa. L’inganno al Southampton gli diede una fugace ribalta, prima che la sua mediocrità tornasse a galla anche tra i dilettanti. Un fuoco di paglia che non scalfì la sua spavalderia.

Dopo la famigerata partita, Dia provò a difendersi dicendo che Souness lo aveva convinto riferendogli della telefonata di Weah. Il giorno dopo sparì nel nulla, senza pagare il conto dell’hotel. “Fu l’ultima volta che lo vedemmo. Non abbiamo più avuto sue notizie, non sappiamo dove sia finito” ricorda Le Tissier. Un’eclissi totale dopo quei famigerati 53 minuti in campo. C’è chi sostiene abbia giocato una seconda partita con le riserve del Chelsea, ma Dia evaporò lasciando dietro di sé solo un pugno di polvere e tante domande senza risposta. La sua fu una parabola folle, surreale e ingannevole. Un fuoco di paglia che lasciò il Southampton con un conto salato e l’amaro in bocca.

Dia non ha mai ammesso l’inganno, anzi ha sempre rivendicato le sue qualità. “Mi hanno dipinto come un bugiardo, ma è falso. Ho giocato nel PSG negli anni ’80, vincendo anche una coppa. Mi sono allenato per due settimane col Southampton, conoscevano le mie capacità. Prima di Leeds ho segnato 2-3 gol nell’undici contro undici, me lo sono guadagnato” dichiarò per difendersi dalle accuse. Ancora oggi Dia è visto come uno dei peggiori acquisti nella storia della Premier, un impostore che però riuscì nell’impresa di giocare coi grandi.

Di Ali Dia si persero le tracce. Nel 2003 emigrò negli USA, dove modificò il nome in Aly Dia e conseguì un master in Business Administration presso la San Francisco University. Oggi 58enne, pare lavori come manager a Doha, in Qatar. Forse sparì volontariamente, per vergogna o per alimentare la propria leggenda di “cult hero”. La sua maglia numero 33 viene ancora venduta a 80 sterline dai tifosi del Southampton. Bugiardo o fortunato impostore? Il vecchio Dell Stadium è stato demolito, al suo posto sorge un complesso residenziale. Ma allo St.Mary’s Stadium, ancora oggi, i tifosi intonano cori su “Ali Dia the liar”.

Anni dopo, il Southampton ricorda quella storia surreale con un sorriso. Resta il mistero su chi fosse davvero l’uomo che convinse Souness. Forse Dia stesso o un suo amico. Fino a che non verrà scoperto, il velo di magia che avvolge questa vicenda rimarrà intatto: tutte le versioni potrebbero essere vere.

A proposito di Cristian La Rosa

Cristian La Rosa. Classe ’76, ama il calcio e lo sport in generale. Segue con passione il calcio internazionale e ha collaborato con alcuni web magazine. È il fondatore, ideatore ed editore.

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