League Cup 1988: il volo verso la gloria del Luton Town

A Wembley l’Arsenal è favorito. Ma accade l’incredibile, e il Luton alza il primo e unico trofeo della sua lunga storia.

di Stefano Ravaglia

Heathrow, Gatwick, Stansted. Ma c’è un’altra porta di accesso al mondo dorato di Londra, e sta a 51 km di distanza a Nord. E’ Luton, aeroporto meno gettonato ma strategico anche per chi deve dirigersi verso il nord dell’Inghilterra.

Città di 216 mila anime,  casa della General Motors dal 1905, tra stabilimenti e quartier generale, Kenilworth Road è il piccolo impianto da circa diecimila posti che nel 2018 ha festeggiato la promozione degli Hatters in League One, e che ora sta vivendo una stagione altrettanto esaltante al secondo posto del torneo, sognando un doppio salto in Championship.

Nonostante Nathan Jones, l’allenatore che ha riportato in auge il Luton, sia emigrato a Stoke proprio in questi giorni e la società sia alla ricerca di un nuovo manager. La promozione del 2018 è avvenuta esattamente trent’anni dopo un altro momento da ricordare lassù a nord di Londra. Dove il Luton, il 24 aprile 1988, era sceso per disputare tra le due torri di Wembley la finalissima di Coppa di Lega, al tempo sponsorizzata da Littlewoods.

La squadra è affidata a Ray Harford, un manager che da giocatore si era distinto nelle serie inferiori (Lincoln, Exeter, Port Vale, Mansfield e Colchester) ed era approdato a Luton da allenatore in seconda, salvo poi essere promosso a guida tecnica principale quando lo scozzese John Moore, il manager in carica, rassegnò le dimissioni nel 1986.

Un altro Harford è sugli scudi: è l’attaccante Mick, arrivato nel dicembre 1984 così come il capitano Steve Foster. La lunga marcia fino all’ultimo atto era iniziata il 22 settembre 1987 in casa del Wigan, partita vinta grazie a un gol di Mickey Weir, una meteora nel Luton, dove giocherà soltanto 8 partite.

Due settimane dopo a Kenilworth Road finisce con un pirotecnico 4-2 in favore dei padroni di casa con una tripletta di Harford. Nel turno successivo, mentre il Liverpool, finalista l’anno precedente, perde il derby con l’Everton e va fuori, il Luton regola per 3-1 il Coventry, rendendo vana l’ipotesi del replay. Si gioca in campo neutro, a Leicester, al vecchio Filbert Street, ma i tifosi degli Hatters non ci sono: per loro vige il divieto di trasferta per degli episodi di hooliganismo relativi al 1985.

Al terzo turno, in novembre, tocca all’Ipswich Town arrendersi in casa per 1-0 grazie a una rete di Brian Stein, un simbolo del club alla sua ultima stagione dopo dieci anni di militanza, e una orgogliosa partita difensiva, anche a causa dei molti infortunati con i quali Harford dovette fare i conti. Il Luton comincia a sognare in grande quando il 19 gennaio del 1988 ospita e batte il Bradford per 2-0 qualificandosi alle semifinali. Tra le grandi, solo l’Arsenal tiene il passo.

Il penultimo atto regala una sfida tutta nell’orbita londinese. Avversario è l’Oxford, che quella coppa l’aveva vinta nel 1986 battendo il QPR e che nei quarti ha estromesso nientemeno che il Manchester United. In campionato la sfida sarà una festa del gol: il Luton si era imposto 5-2 all’andata e ben 7-4 il 6 febbraio sul proprio campo. Si gioca su due partite, e la prima al Manor Ground, casa Oxford, quattro giorni dopo quella goleada, è ben più equilibrata e finisce 1-1: Stein porta avanti i suoi, l’Oxford pareggia dagli undici metri.

Il ritorno al Kenilworth il giorno 28, con l’impianto pieno all’inverosimile anche oltre la sua capienza, si risolve in un tempo, con le reti ancora di Stein, che incorna in porta un cross dalla destra, e di Grimes, che trasforma una punizione magistrale.

Nella sua storia il Luton può vantare, nelle coppe, soltanto una finale di FA Cup persa nel 1959 peraltro persa contro il Nottingham Forest, pertanto ciò che attende i ragazzi di Herford a Wembley è qualcosa di straordinario. Quasi tutta la città si trasferisce nella vicina capitale e l’avversario è l’Arsenal, detentore del trofeo.

Dopo 13 minuti, continua lo stato di grazia di Brian Stein, che gira nell’angolino un passaggio filtrante dentro l’area. Bisognerà attendere sino a venti minuti dalla fine perché l’Arsenal colga i frutti dei suoi attacchi: dopo un flipper in area, è Hayes a irrompere e a bucare il portiere gallese Dribble. La beffa è servita tre minuti dopo, quando Smith scaglia in porta di destro al termine di un altra azione tambureggiante in cui i difensori del Luton non riescono ad allontanare il pallone dopo un paio di contrasti.

Pare fatta per i Gunners, con Graham in panchina che pregusta già il secondo successo consecutivo. Mai sottovalutare la potenza delle underdogs, però, e così tra l’82° e il 90° accade l’incredibile: prima l’Arsenal ha l’occasione di chiudere la partita dagli undici metri, ma Nigel Winterburn, seppur esegua un tiro angolato, si vede deviare il suo rigore da Dribble; poi, ci pensa Danny Wilson, centrocampista originario di Wigan che veste la maglia del Luton per la prima stagione, dopo buone annate al Brighton, a regalare il primo e sinora unico, storico trofeo alla compagine a nord di Londra.

Dopo l’ennesima azione confusa in area, con la retroguardia dell’Arsenal tutt’altro che irreprensibile, deposita in rete a porta sguarnita di testa. E allo scoccare dell’ultimo minuto, il subentrato Martin Hayes opera un traversone in mezzo sul quale il numero 8 si avventa in girata battendo l’estremo difensore Lukic e mandando in totale visibilio i propri tifosi. La giornata tersa e soleggiata di Wembley, ha eletto la sua regina, una cenerentola fondata nel 1885 che non aveva mai vinto nulla. La squadra viene ricevuta in città per la festa ed esibisce la coppa, che tornerà però alla Littlewoods per la necessità di essere riparata.

La festa era stata eccessiva, e anche il trofeo, che non era ancora quello con i tre manici, ne aveva subito l’effetto dirompente. Per una volta, Luton non era famosa solo per un aeroporto.

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