Addio a Sir Bobby Charlton, leggenda del calcio inglese che trascinò il Manchester United e la nazionale sulla vetta del mondo
La scomparsa di Bobby Charlton lascia un vuoto incolmabile nel mondo del calcio. Bandiera del Manchester United e dell’Inghilterra, è stato uno dei più talentuosi centrocampisti della sua generazione, capace di abbinare tecnica sopraffina, visione di gioco e senso del gol.
Insieme al fratello Jack ha formato una coppia leggendaria, contribuendo in maniera decisiva alla conquista della Coppa del Mondo nel 1966, unico trionfo della nazionale dei Tre Leoni. La sua carriera è stata segnata dalla tragedia di Monaco di Baviera, quando riuscì a salvarsi dal disastro aereo in cui persero la vita alcuni suoi compagni. Da quel momento Bobby divenne un leader silenzioso per lo United, trascinandolo negli anni a numerosi trionfi. Oggi il calcio perde uno dei suoi figli prediletti.
Sir Charlton incarnava alla perfezione i valori del calcio inglese. Nato nella regione mineraria del Northumberland, in una famiglia di calciatori, mosse i primi passi nel Manchester United quando era ancora un adolescente. Dotato di un talento innato e di una tecnica sopraffina, si impose ben presto come centrocampista di classe mondiale, diventando un pilastro della squadra allenata da Matt Busby. Insieme al fratello Jack, difensore arcigno, formò una coppia indimenticabile, capace di trascinare l’Inghilterra alla conquista della Coppa del Mondo nel 1966. La sua eleganza in campo e la sua etica del lavoro ne fecero un modello per generazioni di calciatori. Con la maglia dei Red Devils visse i momenti più luminosi ma anche più bui, come la tragedia di Monaco. Charlton incarnava lo spirito dello United, fatto di talento, grinta e attaccamento viscerale ai colori.
In campo Bobby Charlton era un fuoriclasse assoluto, capace di giocare in qualsiasi ruolo grazie a un talento fuori dal comune. Mezzala di classe cristallina ma anche centravanti implacabile, riusciva a mandare in visibilio i tifosi con le sue giocate di fino e i suoi gol d’autore. Possedeva una tecnica sopraffina unita a doti atletiche eccelse, che gli permettevano di primeggiare in ogni zona del campo. Il suo aspetto mingherlino nascondeva in realtà una tempra d’acciaio. Negli ultimi anni sfoggiava un vistoso riporto per coprire la calvizia, un accessorio insolito per un calciatore che però non gli impediva di disputare partite memorabili. Quel ciuffo ribelle era il suo inconfondibile marchio di fabbrica, simbolo di un fuoriclasse che in campo si distingueva per eleganza, visione di gioco e intelligenza tattica. Un campione eterno, dentro e fuori dal rettangolo verde.
La sua carriera è indissolubilmente legata alla tragedia di Monaco di Baviera. Quel terribile incidente aereo, nel freddo febbraio del 1958, segnò per sempre la sua vita e quella del Manchester United. Di ritorno da una trasferta europea a Belgrado contro la Stella Rossa, l’aereo che trasportava la squadra non riuscì a decollare dall’aeroporto tedesco a causa della fitta nebbia. Lo schianto spezzò in due la fusoliera e uccise 23 persone, fra cui otto compagni di squadra di Bobby. Lui si salvò per miracolo, riportando ferite non gravi. Quel giorno perse amici fraterni con cui aveva condiviso gioie e successi. Da quel trauma Bobby Charlton seppe rinascere, diventando il leader silenzioso di una squadra che negli anni successivi tornò a vincere. Quell’incidente segnò la sua carriera ma non ne compromise il talento e la determinazione.
Ripresosi rapidamente dalle ferite riportate, il giovane centrocampista divenne il perno attorno al quale Matt Busby ricostruì il nuovo Manchester United. Charlton incarnava alla perfezione lo spirito indomito di quella squadra, che seppe risorgere dalle proprie ceneri. Divenuto capitano e leader carismatico, trascinò i Red Devils a numerosi trionfi negli anni successivi: campionati nazionali, coppe inglesi, e soprattutto la leggendaria Coppa dei Campioni nel 1968, con una sua strepitosa doppietta nella finale contro il Benfica. Quando lasciò lo United nel 1973, deteneva record di presenze e reti che sarebbero stati superati solo decenni dopo da mostri sacri come Ryan Giggs e Wayne Rooney. La carriera di Charlton dimostra come i veri campioni sappiano trasformare le avversità in nuova linfa per rinascere ancora più forti.
La scomparsa di Sir Bobby Charlton priva il calcio di un autentico fuoriclasse, protagonista di un’epoca leggendaria. Bandiera del Manchester United e dell’Inghilterra, è stato un campione completo, capace di abbinare genio, leadership e spirito di sacrificio. Il suo nome resterà per sempre legato alla Coppa del Mondo del 1966, vinta contro la Germania a Wembley da protagonista della nazionale dei Tre Leoni in un’edizione passata alla storia. Le sue prodezze e i suoi gol trascinarono gli inglesi al primo, unico, trionfo iridato.
Nel 1966, anno magistrale della sua carriera, venne insignito del Pallone d’Oro, riconoscimento assegnato al miglior giocatore europeo. In quell’edizione del premio, Charlton primeggiò con 81 voti, pari al 24,55% delle preferenze, davanti a mostri sacri come Eusébio del Benfica e Franz Beckenbauer del Bayern Monaco.
Un successo costruito con tenacia dopo la tragedia di Monaco, che Charlton seppe trasformare in rinascita personale e sportiva. Ci lascia un fuoriclasse eterno, un gentleman dentro e fuori dal campo, un esempio di dedizione e attaccamento alla maglia.