Luciano Ligabue racconta Federico Marchetti

“Ti sento in tutte le canzoni” cantava per la prima volta Ligabue nel lontano 2002 e nonostante parli d’amore, possiamo affermare che tale pensiero può facilmente estendersi al mondo del calcio, nel nostro caso, al mondo Lazio. Alzi la mano chi ricorda con rassegnazione e malinconia le punizioni di Sinisa e le pennellate di Veron. Ecco, beati voi, perché io ho vissuto l’era Vignaroli. Proprio come Ligabue vede quello che dovrebbe essere l’amore della sua vita in tutte le canzoni che ascolta e in tutto ciò che vede, il laziale torna a vedere le gesta di ex calciatori nei titolari d’oggi. E io, scusatemi il gioco temporale, me ne sono accorto solo l’altro ieri, quando ho rivisto tra i pali Federico Marchetti.

Nato a Bassano del Grappa nel lontano 7 febbraio 1983, Federico inizia la sua carriera da professionista nell’Albinoleffe, ma nel suo destino c’è la Sardegna: a venticinque anni, infatti, il Cagliari lo prende in prestito con diritto di riscatto e dopo una stagione in cui si dimostra un vero e proprio felino tra i pali, Cellino decide di riscattarlo per la modica cifra di 4,5 milioni di euro.

Marchetti difenderà la porta dei sardi per altre due stagioni, salvo poi essere messo sul mercato per via di alcune incomprensioni con il suo presidente (no, stavolta Lotito non c’entra nulla). Incredibilmente, nessuno si presenta alla sua porta e al termine della sessione estiva del calciomercato, quello che fino a poco prima era l’estremo difensore del Cagliari, si ritrova fuori rosa.

Da quel di Formello, Igli Tare inizia a fiutare l’affare e il 5 Luglio 2011 il portiere diventa a tutti gli effetti un giocatore della Lazio 5 milioni di euro. Il portiere veneto, arrivato in punta di piedi a Roma, inizia a parare anche i sacchetti di noccioline sugli spalti, collezionando il record di imbattibilità per un portiere in maglia biancoceleste: 544 minuti senza mai subire gol. Ma il suo speciale rapporto con la tifoseria inizia da un Juventus-Lazio, dove Federico compie quella che potrebbe essere la parata più bella della sua carriera, consentendo alla sua squadra di uscire indenne dallo Stadium e entrando a pieno titolo nel cuore dei tifosi, cosa non facile se consideriamo che di lì sono passati nomi come Peruzzi, Marchegiani e Nonno Ballotta.

La sua carriera vive un periodo di grazia, che raggiunge l’apoteosi in quel del 26 Maggio 2013, quando la Lazio vince per uno a zero lo storico derby di coppa, ai danni di Totti e compagni, grazie anche a una miracolosa parata di Federico, che al 72° minuto (sì, un minuto dopo Lulic) tiene sulla linea di porta un pallone che è andato a tanto cosi dall’uno a uno. Tanto vicino che per dimenticare l’accaduto, quella stessa sera, durante i festeggiamenti, il numero uno laziale si dovrà ridurre in prossimità del coma etilico. Da qui, purtroppo, inizierà un lento declino segnato da problemi, liti e papere assolutamente indegne se si ripensa a ciò che in due anni ci aveva mostrato di buono. Il culmine, stavolta negativo, lo si raggiunge il 27 febbraio 2014, in un Ludogorets – Lazio in cui ci si gioca l’accesso ai sedicesimi di finale. Nella gara di andata, giocatasi a Roma, i bulgari si sono imposti per uno a zero e i biancocelesti sono ora chiamati all’impresa. Dopo soli 17 secondi di gioco, Keita sblocca il risultato e all’8° minuto della ripresa Perea firma il due a zero. Ci sono tutte le condizioni per passare il turno, ma Bezjak accorcia le distanze. I padroni di casa ritrovano fiducia e a quindici minuti dal fischio finale (e dalla loro eliminazione), Zlatinski trova il pareggio dalla distanza, complice un errore madornale di Marchetti, che invece di respingere il tiro, prova a trattenerlo, con il risultato disastroso del pallone in fondo alla rete.

Per la Lazio sembra finita, ma li davanti un certo Klose risolve le cose: lancio di Ledesma per Biglia che pesca proprio il bomber tedesco. Due a tre per la squadra di Edy Reja. Nel finale i bulgari si buttano a capofitto nel disperato tentativo di far gol e Marchetti, non contento della precedente papera, esce a vuoto su di una palla inutile e lenta, consentendo a Juninho Quixada di portare il Ludogorets ai sedicesimi.

Da quel giorno il portiere alternerà prestazioni opache ad alcune di buon livello, ma non riuscirà mai a tornare sui precedenti livelli, finendo nel Febbraio 2017 ancora una volta fuori rosa, dove rimarrà fino a Luglio 2018, quando approderà al Genoa, dove attualmente milita e sta raccogliendo da titolare i guanti del predecessore Perin. Una sfida non da poco conto, ma di sicuro all’altezza di quel portiere che tanto ci ha fatto emozionare e di cui ancora ogni tanto, rivedendo su Youtube le strepitose parate, sentiamo la mancanza.

A proposito di Matteo Paniccia

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