Il genio che incantò l’Europa e portò l’Inter dove nessuno era mai arrivato prima: la storia di Luis Suarez, il mago spagnolo che fece grande il calcio italiano e scrisse pagine di leggenda a San Siro.
Il mondo del calcio piange la scomparsa di Luis Suarez, leggenda spagnola degli anni ’60 che fece la storia dell’Inter. Aveva 88 anni. Conosciuto da tutti come “Luisito” per la sua classe cristallina, Suarez è stato uno dei centrocampisti più forti di sempre. Cresciuto nel Deportivo La Coruña e dopo una breve esperienza all’España Industrial, si affermò al Barcellona dove vinse il Pallone d’Oro nel 1960 precedendo Puskas e Seeler, rispettivamente secondo e terzo. Pochi mesi dopo, venne acquistato dall’Inter di Helenio Herrera per una cifra record di 300 milioni di lire. Fu il primo Pallone d’Oro a giocare in Serie A da Campione in carica del trofeo.
Luis Suarez era un centrocampista completo, capace di interpretare diversi ruoli. Agli inizi della carriera, si mise in luce come mezzala dall’innato fiuto del gol, caratteristica che lui stesso attribuiva scherzosamente alla sua abitudine di rovesciare il vino durante i pasti. Successivamente, venne arretrato nel ruolo di regista, dove compensò la minore vena realizzativa affinando le doti di lancio e intuizione per innescare le ripartenze.
Grazie alla precisione nei passaggi, guadagnò il soprannome di “Architetto”: Luisito costruiva il gioco e dettava i tempi della manovra con la cura di un artista. La sua classe cristallina emergeva soprattutto quando l’Inter si difendeva con il catenaccio e ripartiva in contropiede, situazione in cui gli assist dello spagnolo per le punte erano una sentenza per le difese avversarie. Un talento fatato per i compagni, un incubo per chi lo marcava. Luis Suarez aveva il calcio nel sangue e lo esprimeva con uno stile unico, fatto di visione di gioco, intuizione e precisione. In una parola, magia.
A Milano, Luisito scrisse pagine di storia. Con la sua visione di gioco e quel lancio fatato, trascinò i nerazzurri alla conquista di 2 Coppe Campioni, 3 scudetti e 2 Coppe Intercontinentali. Era il faro della squadra, l’uomo a cui affidare la palla nei momenti di difficoltà. Con Luisito in campo, l’Inter sapeva di poter vincere contro chiunque. Dopo 9 stagioni leggendarie, conditi da 55 gol in 333 presenze, si trasferì alla Sampdoria dove chiuse la carriera a 38 anni.
Dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, intraprese la carriera da allenatore. Nel 1973-74, guidò le giovanili del Genoa prima di approdare sulla panchina dell’Inter, dove però ottenne un deludente nono posto in campionato. Il suo talento emergeva soprattutto con le nazionali giovanili della Spagna: nel 1986, vinse l’Europeo Under 21 battendo l’Italia ai rigori.
Quattro anni dopo, venne chiamato ad allenare la Spagna ai Mondiali di Italia ’90. L’avventura delle Furie Rosse si concluse però agli ottavi di finale, eliminati dalla Jugoslavia. Nel 1992, Luisito ebbe una seconda chance sulla panchina dell’Inter. La stagione fu però tormentata, tra l’esonero di Orrico e il caso Desideri (messo fuori rosa per aver insultato Suarez dopo un gol) e l’ottavo posto finale che escluse i nerazzurri dalle Coppe.
Entrato nei quadri dirigenziali dell’Inter con l’avvento di Massimo Moratti, nell’autunno 1995 tornò ad allenare per un breve periodo, tra l’esonero di Ottavio Bianchi e l’arrivo di Roy Hodgson. La carriera da tecnico di Luisito non brillò come quella da calciatore. Resta però un pioniere: fu anche il primo Pallone d’Oro a sedere su una panchina di Serie A, aprendo la strada ai grandi campioni che negli anni successivi avrebbero intrapreso con successo la carriera da allenatore.
Anche da dirigente e tecnico, Luis Suarez ha sempre portato avanti con stile ed eleganza i valori che lo hanno contraddistinto da calciatore: lealtà, sportività e fair play. Un signore dentro e fuori dal campo, che ha arricchito il calcio con il suo immenso talento cristallino.
Un talento unico e un grandissimo interista.
Il numero 10 della Grande Inter che portò i nostri colori sul tetto d’Italia, d’Europa, del Mondo.“Se non sapete cosa fare, date palla a Suarez”.
Ciao Luisito.#FCIM pic.twitter.com/odfKbe5TOh— Inter (@Inter) July 9, 2023
Un leader silenzioso che preferiva far parlare il pallone. È stato un simbolo di eleganza, dentro e fuori dal campo. Un gentleman, un campione semplice che i tifosi hanno amato alla follia. Con la sua magia ha fatto sognare San Siro, regalando all’Inter successi che ancora oggi sono leggenda. Luisito ci lascia, ma il suo nome resterà per sempre nella storia. Il calcio piange uno dei suoi eroi, l’Inter perde il numero 10 più amato.