Champions League 1998-99: tedeschi e inglesi si incontrano tre volte. Sempre gol e spettacolo. Con il finale thrilling dell’ultimo atto a Barcellona
“Ero sceso per premiare il Bayern. Mi ritrovai a premiare il Manchester”. Parole e musica di Lennart Johansson, per 17 anni presidente della Uefa.
E lo era anche quella sera di fine maggio del 1999, quando, dieci anni dopo l’ultima volta, il Camp Nou di Barcellona tornava ad ospitare la finale di Champions League. Per la verità, il grande protagonista quella sera era assente: Andriy Shevchenko, 22 anni, su quel campo aveva inflitto una tripletta al Barcellona nell’edizione precedente, e in questa sarebbe stato capocannoniere. La sua Dinamo Kiev, del colonnello Lobanovski in panchina e del compagno di gol Rebrov in attacco, si era arresa in semifinale proprio ai tedeschi. In estate, il Milan se lo porterà via per 41 miliardi e i tifosi rossoneri rivedranno in lui Marco Van Basten.
L’ultima volta, nel 1989, la finale in Catalunya era stata a senso unico: 4-0 per il Milan contro la Steaua Bucarest. Novantamila milanisti dentro, tanti altri fuori, una città che si era trasferita in un’altra città. Il 26 maggio di quel ’99 non siamo a quei livelli, ma inglesi e tedeschi, che combattono un’altra delle loro battaglie, l’ennesima, ravvivano gli spalti allo stesso modo lo stadio dei blaugrana.
Non vi è nulla da confermare quella sera: sia il Bayern di Hitzfield che lo United di Ferguson, sono in astinenza da Coppa dei Campioni da tantissimo tempo. Il Bayern da 23 anni: ultimo successo, di 3 consecutivo, nel 1976. Il Manchester, che ha già la Fa Cup e la Premier in tasca, cerca il triplete che da quelle parti si chiama “treble”.
È la squadra di Beckham, di Schmeichel in porta, di Giggs e Irwin, di Scholes e dei “Calipso Boys”, Andy Cole e Dwight Yorke. La squadra che per le italiane è stata una autentica tagliola: eliminata l’Inter nei quarti (2-0 e 1-1) lo United ha estromesso anche la Juventus in semifinale. Dopo l’1-1 dell’andata ha vinto 3-2 in rimonta a Torino. È dal 1968, l’anno di Best, di Wembley e del Benfica travolto 4-1, che la Coppa dei Campioni non si ferma nel Lancashire.
Entrambe le squadre sono partite dal preliminare: il Bayern ha fatto fuori l’Obilic, il Manchester United ha estromesso il Widzew Lodz. Quel che accade ai gironi invece ha qualcosa di sinistro: i tedeschi e gli inglesi sono nello stesso raggruppamento, di cui fa parte anche il… Barcellona. Sembra una trama già scritta, e del gruppo fa parte anche la cenerentola Broendby che pare non possa avere speranze.
Ma il Bayern parte male: mentre all’Old Trafford va in scena uno spettacolare 3-3 fra Barcellona e United, i bavaresi cadono in Danimarca 2-1. Alla seconda giornata, al vecchio Olympiastadion, il Bayern e il Manchester si trovano davanti per la prima delle tre volte in questa competizione: finisce 2-2, con il vantaggio di Elber, il pareggio di Yorke, il sorpasso di Scholes che segna dopo una azione caparbia, e il definitivo pareggio ancora di Elber proprio al novantesimo.
Il 9 dicembre va in scena il ritorno in Inghilterra: a Roy Keane risponde Salhiamidzic dopo pochi minuti, e finisce 1-1. Nel frattempo, il Bayern ha fatto 6 punti col Barça: 1-0 in casa e 2-1 al Camp Nou. Le due contendenti passano a braccetto proprio grazie a quel pareggio nell’ultima giornata, che condanna gli spagnoli nonostante il successo sul Broendby.
Ai quarti di finale sono passate le prime di ognuno dei sei gironi più le due migliori seconde. È la formula a 24, che dalla stagione successiva si sarebbe trasformata a 32, con addirittura due fasi a gironi e non più una sola. Nessun vincolo nel sorteggio, e di fatti, mentre il Manchester se la vede con l’Inter di Lucescu in una stagione dove i nerazzurri collezioneranno ben quattro allenatori, la Dinamo Kiev elimina addirittura il Real Madrid campione in carica e alla Juventus va meglio (pesca l’Olympiakos).
Per il Bayern è già scontro fratricida: dinnanzi ai monacensi c’è il Kaiserslautern, campione di Germania nella stagione precedente e che ha stravinto il girone con Benfica, Helsinki e PSV. Anche in Uefa nel 1979/80 le due squadre erano capitate una di fronte all’altra nei quarti di finale, con il passaggio agevole del Bayern alla semifinale. E lo stesso accade questa volta: 2-0 a Monaco e addirittura 4-0 fuori casa. Un po’ più complicato il compito del Manchester, che batte un’Inter sprecona per 2-0 in casa grazie a uno scatenato Yorke che segna una doppietta in fotocopia, e a Milano rischia qualcosa portando a casa un 1-1 grazie al pareggio scaccia incubi di Scholes.
L’andata delle semifinali vive sul filo dell’equilibrio: mentre a Manchester i Red Devils riacciuffano a novantesimo ampiamente scaduto la Juventus, andata in vantaggio con Conte, nel freddo di Kiev il Bayern vede gli inferi: sotto 3-1 con doppietta di Shevchenko annessa, riesce allo stesso modo a recuperare pareggiando 3-3 a un minuto dal termine grazie al pareggio di Jancker.
Una Champions League sul filo dell’equilibrio e dei ribaltoni: mentre il Bayern stacca il biglietto per Barcellona grazie a una rete di Basler dopo 35 minuti della gara di ritorno, il Manchester sembra capitolare a Torino per una doppietta di uno scatenato Inzaghi. Prima dell’intervallo però Keane accorcia le distanze e Yorke pareggia. La Juventus ha ottime occasioni per riportarsi ancora in avanti, ma anche il Manchester colpisce due pali. Una contesa straordinaria che viene soffocata dalla rete di Andy Cole, che deposita a porta sguarnita dopo un rimpallo tra Peruzzi e Yorke, lanciato a rete.
Per la prima volta dopo sette edizioni consecutive (una la Sampdoria, tre il Milan e tre la Juventus), non ci sarà una italiana nella finale della Coppa dei Campioni, ma verrà comunque rappresentata: l’arbitro è Collina, coadiuvato dai guardalinee Puglisi e Mazzei. Il 26 maggio Bayern e Manchester tornano a Barcellona per la finale.
Mario Basler ha il colpo in canna anche questa volta: al quinto i tedeschi sono già avanti con una punizione dell’attaccante che buca un immobile Schmeichel aggirando la barriera. La partita scorre via vibrante e il Bayern Monaco ha diverse occasioni clamorose per pareggiare. Due su tutti: un clamoroso palo di Scholl con un pregevole cucchiaio alla Totti, e poi la traversa di Jancker in rovesciata dall’area piccola. Roba da non credere.
Così come è da non credere la beffa che il Dio del calcio riserva ai bavaresi per non aver chiuso la partita: su due azioni da calcio d’angolo, nei tre minuti di recupero concessi, prima Sheringham e poi Solskjaer, i due attaccanti di riserva subentrati a Andy Cole e Blomqvist, ribaltano tutto proprio nella porta sotto alla muraglia inglese.
E Lennart Johansson, mentre Effenberg, Kahn e soci stramazzavano al suolo, sbucò sul prato verde e si ritrovò dei Diavoli Rossi impazziti di gioia. Nel frattempo, il Manchester City concludeva il suo campionato di terza divisione e saliva in Second Division dopo aver vinto i play-off. Con le dovute proporzioni, una città in festa.
A pensarci oggi, con Guardiola che fa calcio spettacolo e Mourinho in affanno, sembrano passati cent’anni…