Il 25 agosto del 1991, Michael Schumacher diventava, a tutti gli effetti un pilota di Formula 1. Accade una domenica, sul tracciato di Spa-Francorchamps. Un circuito che, col suo destino nelle corse, avrà tanto a che fare…
Trent’anni. Sono trascorsi trent’anni da quel 25 agosto del 1991. Da quel fine settimana avvolto dalle Ardenne in cui un giovanissimo pilota, un certo Michael Schumacher, vestito di una tuta verde smeraldo si aggirava nei box di una scuderia di Formula 1, pronto a correre il primo Gran Premio della sua vita.
Pronto, si fa per dire. Fuori, il suo volto non esprimeva alcun sintomo di preoccupazione. Ma dentro di sé, c’era un tornado di ansia.
Perché Michael, era arrivato alla corte di Eddie Jordan un po’ per talento e un po’ per bugia, cercando di cogliere una grande occasione lasciata in eredità dai problemi di Bertrand Gachot con la legge inglese. A differenza di quanto riferito dal proprio manager, Schumacher di Spa sapeva solo il nome. Non ci aveva mai corso, né conosceva il circuito. Per studiarlo, aveva affittato una bicicletta, mosso dal puro terrore che qualcuno scoprisse il bluff.
Eppure, il Gran Premio del Belgio, con la vita e la carriera di Schumacher, aveva molto in comune: da Spa a Kerpen, sua città d’origine, c’erano poche decine di chilometri di distanza; la corsa belga ha segnato l’inizio della sua avventura straordinaria in Formula 1, la sua svolta, il suo dominio. Schumi, ancora oggi, del Belgio è il re indiscusso, grazie ai suoi sei successi.
Se l’edizione del 1991 ebbe, a livello di risultato, un esito disastroso, a livello di prestazione fece innamorare chi, nonostante di motori sapesse poco e niente, aveva grande fiuto. Flavio Briatore, nel ragazzo, vede un grande talento. Lo vuole in Benetton sin dal Gran Premio successivo, a Monza.
Ma il destino, vorrà che la prima vittoria per Schumacher arrivi proprio dove il suo esordio durò solo pochi metri.
Stagione 1992. L’obiettivo di Michael è chiudere il campionato davanti ad Ayrton Senna. Conquista il primo podio in Messico, poi arriva ancora terzo in Brasile, altre due piazze d’onore in Spagna e in Canada. Inizia ad avere la fama del “giovanotto che era riuscito a recare qualche problema alle imprendibili Williams”, anche se la prima e tanto desiderata vittoria sembrava non arrivare mai. Fino a quando…
La mattina di domenica del 30 agosto 1992, il cielo sopra Spa-Francorchamps minaccia una pioggia copiosa. E, in effetti, pioggia e asciutto si alternano a singhiozzo. Il poleman della Williams, Mansell, trova resistenza da parte di Senna e nel compagno di squadra Patrese. Dietro di loro, Schumacher, pian piano, guadagna terreno. A undici giri dal termine, una migliore scelta delle gomme lo porta ad essere in testa al Gran Premio. Come un veterano delle corse, non cede al nervosismo, amministrando in modo magistrale il distacco dai suoi avversari. Taglia per primo il traguardo, e sul podio, scortato da Mansell e Patrese, manifesta tutta la sua gioia.
Su quello stesso podio, Schumi, gioirà altre cinque volte, incoronandosi re di un Gran Premio che, col suo destino in Formula 1 ha avuto un incastro perfetto. Per non dire, leggendario.