Una storia incredibile raccontata in modo incredibile. Si potrebbe riassumere con queste poche parole il documentario sulla carriera di Ivan Capelli, pilota italiano tra i più talentuosi che abbiano calcato le piste.
Diretto da Gionata Zanetta, prodotto da Sky e Ginny Productions in collaborazione con Nenieritmiche Films e Grand Oberland Hotel Animation, è stato presentato nello scorso giugno al Biografilm Festival a Bologna. La realizzazione con una tecnica mista che alterna riprese a illustrazioni animate, acquerelli in movimento e foto d’archivio, rende Natural born driver un unicum tra i documentari sportivi.
Durata 65 minuti. In programmazione su Sky Documentaries e in streaming su NOW e on demand.
La storia
C’è un presupposto di partenza fondamentale e doveroso: questo favoloso documentario non sarebbe esistito senza l’intuizione e la caparbietà di Graziano Capelli, padre di Ivan e regista pubblicitario nella vita di tutti i giorni. E’ Graziano infatti che innesca la miccia un giorno del 1976 quando decide di portare con sé il figlio sul set di uno spot della Parmalat a Fiorano con Niki Lauda protagonista.
Ivan è un ragazzino timido che non ha ancora compiuto 13 anni ma quel giorno decide il suo futuro: farà il pilota. Il debutto promettente nei kart induce la famiglia ad affrontare ogni sacrificio economico pur di supportarlo e, affiancato da un manager insuperabile sul piano professionale e umano, Cesare Gariboldi, arrivano risultati a raffica: Campione Italiano di Formula 3 nel 1983 e Campione d’Europa di Formula 3 l’anno dopo.
Approdato nel Campionato Intercontinentale di Formula 3000 nel 1985, riesce nella stessa stagione ad esordire anche in Formula 1, al Gran Premio d’Europa sulla Tyrrell 014 del compianto Stefan Bellof, ritirandosi. Nemmeno un mese dopo l’occasione gli si ripresenta in occasione del neonato gp d’Australia, gara che chiude la stagione: quarto al traguardo.
Il Circus si è accorto di lui, stavolta è fatta! Non proprio.
All’appello mancano sponsor munifici e Capelli rimane in Formula 3000 per la stagione 1986, naturalmente laureandosi campione. Nel frattempo una nuova scuderia francese, l’AGS, vuole debuttare nella massima categoria e in agosto ha fatto provare Didier Pironi in vista di un rientro – mai concretizzatosi – dell’ex ferrarista.
La JH21C, equipaggiata da un V6 della Motore Moderni, viene affidata ad Ivan per le gare di Monza ed Estoril, ma si rivela essere una delle vetture peggio riuscite nella storia della Formula uno. Stavolta c’è un seguito e un mecenate che risponde al nome di Akira Akagi.
L’imprenditore giapponese fonda la Leyton House Racing F1 Team per affidarla al pilota italiano che a Monaco già ottiene il primo storico punto per la scuderia: non ne arriveranno altri in quel 1987 ma le basi sono state gettate, a partire dal nuovo progettista.
Quel giovane ingegnere si chiama Adrian Newey e la March 881 rimane una vettura iconica a distanza di oltre 30 anni. E veloce, velocissima, pur disponendo di un motore Judd aspirato nell’ultima stagione del turbo: i 17 punti di Capelli e i 5 del suo compagno di scuderia Mauricio Gugelmin fruttano il sesto posto assoluto nella classifica Costruttori.
La stagione 1988 è quella della consacrazione assoluta di Ivan nel Circus, condita da due podi e da un episodio leggendario. Suzuka, 30 ottobre 1988. Prost e Senna si stanno giocando il titolo ma al termine del 16° giro è Capelli a passare per primo sulla linea del traguardo: sarà un’illusione breve ma indimenticabile.
Seguiranno tre stagioni con pochi acuti, certo non per colpa del suo pilota di punta che addirittura nel gp di Francia nel 1990 rimane in testa fino a tre giri dalla bandiera a scacchi, frenato letteralmente sul più bello dal motore Judd. Vince Prost regalando alla Ferrari il centesimo sigillo.
Ivan è secondo davanti a Senna: alla fine della stagione successiva la Rossa del Professore passerà nelle sue mani coronando il sogno di una carriera.