Ivan Provedel entra nella storia della Champions League segnando un gol di testa all’ultimo minuto: il portiere della Lazio realizza l’impresa di unire il suo nome a quello di altri numeri 1 goleador come Chilavert, Taibi e Higuita.
Martedì sera all’Olimpico è successo l’incredibile. La Lazio, sotto di un gol contro l’Atletico Madrid, si giocava le ultime chance di pareggiare il match valido per la Champions League. Minuto 92, calcio d’angolo per i biancocelesti: tutti in area, compreso il portiere Ivan Provedel che decide di tentare il tutto per tutto. La palla arriva perfetta sul primo palo, dove il numero 94 laziale si fa trovare pronto e di testa insacca alle spalle di Oblak. Un gol che fa letteralmente impazzire l’Olimpico e che rimarrà nella storia della Lazio e della competizione. Provedel entra così in un ristretto club di portieri goleador capaci di segnare in Champions League, quando ormai la partita sembrava persa.
Nei minuti finali, quando il risultato è appeso ad un filo, si assaporano attimi di pura tensione. È il momento in cui ogni squadra tira fuori il meglio, conscia che da un episodio può dipendere l’esito di una partita. Ed è proprio negli istanti decisivi che si notano gesti inconsueti: il portiere che abbandona i pali per unirsi al forcing offensivo. Una mossa rischiosa ma obbligata, quando devi segnare a tutti i costi e mandi in avanscoperta finanche l’estremo difensore. Magari su un calcio d’angolo, l’ultima chance per trovare il gol salvifico. Così il numero uno corre nell’area avversaria, pronto a gettarsi su ogni pallone, nella speranza di trovare la zampata vincente o la deviazione provvidenziale.
I gol dei portieri sono perle rare, gesti che restano impressi nella memoria dei tifosi. In Champions League, il tempio del calcio europeo, le prodezze di un estremo difensore valgono doppio. Prima dell’impresa di Provedel con la Lazio, solo altri tre numeri uno erano riusciti a timbrare il cartellino. Di questi, uno solo su azione: il turco Sinan Bolat, che realizzò un gol storico con lo Standard Liegi. In Italia bisogna tornare indietro di anni per trovare un precedente analogo: era il 2017 quando Alberto Brignoli, portiere del Benevento, pareggiò al 91′ contro il Milan. Una rete che mise fine alla striscia record di 15 sconfitte consecutive dei campani in Serie A. Gol indimenticabili, che accomunano questi portieri ad altri protagonisti di imprese analoghe.
Quando il cronometro stringe e il risultato è avverso, ogni mossa è lecita. Così, nei minuti finali, vediamo spesso il portiere unirsi disperatamente al forcing offensivo. Una scelta rischiosa ma obbligata, che per alcuni ha quasi un sapore scaramantico. Certo, lasciare la porta sguarnita può costare caro. Ma se si deve recuperare, concedere all’avversario un’ulteriore rete cambia poco. Contano solo i gol che puoi segnare tu. Ecco perché, nonostante l’efficacia statistica di questa mossa sia bassa, la si vede spesso. Perché nei momenti decisivi serve osare e provarle tutte. E un portiere in più in area può sempre risultare utile. Chissà che il suo stacco imperioso o la sua deviazione fortuita non valgano un insperato pareggio. Sono rischi che negli istanti finali conviene correre.
Portare il portiere in attacco non è sempre un gesto della disperazione. Può rivelarsi una mossa tattica per scardinare le difese avversarie, specie su palla inattiva. Sia con una marcatura ad uomo che a zona, un giocatore in più può fare la differenza. Se si marca ad uomo, il portiere può smarcarsi e sorprendere. In una marcatura a zona, la sua presenza può creare superiorità numerica e aprire varchi nello schieramento avversario. È un’arma che molti allenatori tengono nel loro arsenale. Da giocare al momento giusto, negli istanti in cui la partita si decide. Perché un uomo in più può sbloccare l’equilibrio tattico. E un portiere, abituato a leggere le traiettorie, può piazzare il colpo da ko. Gesti che fanno parte del calcio, intriso di tatticismi e colpi a sorpresa. Per vincere servono idee e coraggio. A volte, la follia di un portiere in attacco.
Tra i portieri goleador della Serie A, un posto speciale spetta a Massimo Taibi. Estremo difensore dalla carriera prestigiosa, visse il suo momento di gloria nell’aprile 2001. Il suo Reggina era sotto di un gol nello scontro salvezza con l’Udinese. Taibi, senza troppi calcoli, si fionda in area su un corner. Il suo obiettivo è creare scompiglio, ma la palla gli arriva perfetta per il colpo di testa che vale l’insperato pareggio. Un gesto istintivo che cambia le sorti della partita e consegna Taibi alla storia. Come lui stesso ammise, il pensiero del gol era l’ultimo. Contava solo provarci, con coraggio.
I portieri possiedono caratteristiche fisiche che li rendono insidiosi in zona gol. La loro statura media superiore è un’arma sui calci piazzati. Ed è proprio di testa che sono arrivati molti dei loro gol più celebri. Da Michelangelo Rampulla, primo in Serie A nel ’92 con la Cremonese, ai colpi vincenti di Alisson col Liverpool e Peter Schmeichel col Manchester United. Fino ad arrivare a Provedel, che ha scelto ancora una volta un perfetto stacco aereo per battere l’Atletico Madrid. Un fondamentale che i portieri curano e affinano, consapevoli di poter spostare gli equilibri anche nell’area avversaria.
Nel calcio, anche il caos può rivelarsi decisivo. Ne sa qualcosa Francesco Toldo, protagonista nel celebre derby d’Italia del 2002 tra Inter e Juventus. Sull’1-0 per i bianconeri, l’estremo difensore nerazzurro si getta nella mischia su un corner. La sua presenza crea scompiglio nell’area juventina. Toldo colpisce goffamente il pallone con la coscia, inciampando su Christian Vieri. L’attaccante, steso a terra, completa l’opera spingendo la palla in rete. Un gol rocambolesco, frutto del caos, che Toldo dividerà ufficiosamente con Vieri. L’ importanza di quella rete non sta nella bellezza del gesto.
Accanto ai gol casuali, frutto di mischie e calci piazzati, esiste una categoria di portieri goleador seriali. Specialisti di punizioni e rigori, dotati di potenza e precisione nel tiro. Un ristretto club capitanato dal brasiliano Rogerio Ceni, che in carriera ha segnato 131 reti. Un primato assoluto tra i numeri uno, con cui Ceni si è guadagnato lo status di attaccante aggiunto. Lo seguono leggende come il paraguaiano José Luis Chilavert e il messicano Jorge Campos, ex centravanti convertito a portiere. Sudamericani creativi e imprevedibili, capaci di segnare con regolarità grazie al loro talento sui calci piazzati. Una stirpe di estremi difensori anomali, che uniscono al mestiere tra i pali il vizio del gol. Perché nel calcio, dove tutto può accadere, anche chi meno te lo aspetti può trasformarsi all’occorrenza in goleador.
Tra i portieri goleador, una menzione speciale la merita il colombiano René Higuita. Negli anni ’90, oltre a segnare su rigore, si distingueva per il suo stile spettacolare. Celebri le sue uscite in dribbling e la “parata dello scorpione”, marchio di fabbrica. In Europa, spicca il recordman bulgaro Dimitar Ivankov con 42 gol. Mentre in Champions League il primato è del tedesco Hans-Jorg Butt, infallibile su rigore contro la Juventus con tre maglie diverse (Amburgo, Bayer Leverkusen, Bayern Monaco). Gesti che hanno fatto la storia, accomunando portieri creativi e anticonformisti.
I portieri goleador hanno sempre goduto di fama e fascino presso gli appassionati di calcio. La loro abilità nell’abbandonare i pali per trasformarsi in attaccanti, a volte segnando con regolarità, li rende figure curiose e apprezzate. Ancora oggi questa aura di specialità li avvolge. Nei forum dei videogiocatori, molti cercano di capire come fare in modo che il proprio portiere, anche virtuale, vada a caccia di gol sui calci d’angolo. Segno di come l’idea del portiere che si improvvisa bomber mantenga intatto il suo appeal. Perché vedere il numero uno caricarsi la squadra sulle spalle e correre a segnare ha sempre un che di epico. Gesti che segnano la storia di questo sport, regalando attimi magici capaci di travalicare il rettangolo di gioco. E rimanere per sempre impressi nella memoria degli appassionati.