Walter Sabatini si scaglia contro la gestione dei Friedkin alla Roma e ammette il suo grande rimpianto per aver lasciato l’Inter. Critiche anche per l’addio a De Rossi e il ruolo di Mourinho in giallorosso.
Walter Sabatini, ex direttore sportivo di Roma e Inter, non ha risparmiato critiche nella sua ultima intervista rilasciata a Il Messaggero. Parlando della gestione attuale dei Friedkin alla Roma, Sabatini ha espresso forti perplessità: “Gli stranieri hanno bisogno di tempo per ambientarsi, ma mi pare che i Friedkin non abbiano capito dove sono. Non hanno mai parlato con la gente, ed è un atteggiamento di arroganza insopportabile.” Secondo Sabatini, questo distacco dalla tifoseria potrebbe essere un segnale di mancata comprensione della cultura romana e delle aspettative del club.
IL CASO DE ROSSI: “NON L’AVREI MAI CACCIATO”
Un altro tema toccato da Sabatini è l’addio di Daniele De Rossi alla Roma, una decisione che l’ex dirigente non avrebbe mai preso. “Io non lo avrei mai cacciato. Se tornasse ora, farebbe male sia a Juric che a Daniele stesso. Tornerebbe depotenziato nello spogliatoio.” Sabatini ritiene che richiamare De Rossi sarebbe un errore strategico per la Roma, che dovrebbe evitare di destabilizzare l’equilibrio interno.
SABATINI E IL SUO GRANDE RIMPIANTO: “UN ERRORE LASCIARE L’INTER”
Non sono mancate le riflessioni sulla sua carriera, in particolare il passaggio all’Inter, club che Sabatini rimpiange di aver lasciato troppo presto: “All’Inter ho voluto fortemente Bastoni, ma la cazzata più grande è stata andarmene. Sono stato un coglione incommensurabile, non si lascia l’Inter.” Sabatini ha poi ricordato con orgoglio il lavoro svolto in nerazzurro, ma non ha nascosto il rammarico per quella decisione.
IL CALCIO E GLI ULTRAS: “RISCHIO SOTTOVALUTATO”
Sabatini ha infine toccato un tema delicato, quello del rapporto tra calcio e tifoserie organizzate. “Non ho mai avuto problemi con gli ultras, ma l’ho sempre visto come un rischio. Mi sembra eccessivo il saluto obbligato alla curva: i tifosi vanno rispettati, ma lo stesso vale per tutti gli altri settori dello stadio.” Un monito verso un equilibrio che spesso sembra mancare nel rapporto tra società, giocatori e tifoseria.