Fu un vero e proprio spareggio quello del 17 novembre 1993. A San Siro l’Italia piega i lusitani e vola a Usa ’94
di Stefano Ravaglia
“Ci fa tirare un sospiro di sollievo”. La voce solenne e romantica di Bruno Pizzul tratteggia al meglio, come sempre, quanto è appena accaduto nell’area avversaria. Dino Baggio, ultima stagione da juventino prima di passare al Parma, ha appena bucato Vitor Baia nella porta sotto la tribuna verde. Il gruppo azzurro si abbraccia oltre la linea di fondo, Roberto Baggio ha le braccia alzate e salta di gioia come un bambino. Il suo omonimo ha segnato un gol a suo modo storico: l’Italia si qualifica a Usa ’94. Era stata una partita sofferta infatti, quella del 17 novembre 1993 a San Siro, proprio dove questa sera l’Italia scenderà di nuovo in campo in una partita a suo modo decisiva per restare nella Serie A della nuova Nations League. Venticinque anni dopo esatti, il Portogallo si ripresenta a Milano come quella sera di tanti anni fa: altro calcio, altra Italia, altra epoca. Nella stessa sera in cui l’Inghilterra, a Bologna, coglie una inutile vittoria per 7-1 contro il San Marino (che passa addirittura in vantaggio con tale Gualtieri dopo cinque secondi di gioco, anche lui entrato nella storia) che non le permette di superare in classifica Norvegia e Olanda, venendo così estromessa dal Mondiale, l’Italia ha due risultati su tre per staccare il biglietto per l’America.
Il Mondiale dell’anno successivo sarà il primo disputato negli Stati Uniti: partite a mezzogiorno, umidità al 90% e primi segnali del business-calcio che sostituirà la sacralità del pallone rosicchiando, anno dopo anno, tradizione e romanticismo. Nel gruppo 1 di qualificazione, l’Italia di Sacchi, che ha sostituito Vicini dopo la mancata qualificazioni agli Europei svedesi del 1992, parte con qualche affanno: pareggia 2-2 in casa con la Svizzera e fa 0-0 in Scozia. Portogallo, Malta ed Estonia sono gli altri rivali. Due vittorie con Malta, e poi la vittoria per 3-1 a Lisbona. L’Italia raddrizza il suo cammino, ma la sconfitta in Svizzera del 1° maggio rimette tutto in discussione.
All’ultima giornata, in quel 17 novembre, Italia e Portogallo arrivano a pari punti, 14, in testa al girone. I portoghesi di Queiroz hanno un solo risultato possibile, la vittoria, mentre gli azzurri possono anche pareggiare per qualificarsi al Mondiale americano. San Siro è esaurito, e in Curva Nord compaiono anche gli striscioni del tifo organizzato interista. Sacchi sceglie Pagliuca tra i pali, Benarrivo, Maldini, Costacurta e Baresi in difesa, Stroppa, Donadoni e Dino Baggio con Casiraghi, Signori e Roberto Baggio a cercare la via del gol. Il Portogallo è quello di Rui Costa, di Fernando Couto, di Domingos, bomber del Porto, di Joao Pinto e dell’ex juventino Rui Barros.
Il primo tempo vede una nazionale contratta e impaurita, che avverte la posta in palio. Nella ripresa, Albertini rileva Stroppa e Mancini prende il posto di Signori. Proprio dai piedi di Mancini, dopo pochi minuti dal suo ingresso, parte un lungolinea che serve Dino Baggio: da questi a Roberto, che prova a calciare. Nel rimpallo, l’Italia è fortunata: il pallone arriva di nuovo al centrocampista, che calcia di prima intenzione in rete. San Siro esplode, e quel gol è davvero un sospiro di sollievo. Prima di Ventura, prima della Svezia, San Siro aveva portato bene, in una gara decisiva per la qualificazione al Mondiale. Dopo un paio di minuti di recupero, che all’epoca ancora non venivano segnalati, il polacco Wojicik manda tutti negli spogliatoi. L’Italia ha compiuto il suo dovere: spinta dal pubblico, giocherà i Mondiali americani del 1994. Sacchi, frastornato ma felice, viene intercettato da Galeazzi: “Sono molto contento. Adesso però vado a salutare l’arbitro, mi scusi”. Marco Civoli in tribuna, incalza il presidente federale Matarrese: “A chi dedica questo successo?”, “A mia madre”. I tifosi faticano a uscire dal campo perché vogliono tributare il più a lungo possibile il loro riconoscimento.
Sette mesi dopo, dall’altra parte dell’Oceano, Dino Baggio segnerà ancora un gol fondamentale: quello alla Norvegia, con l’Italia in dieci e sull’orlo del baratro dopo l’espulsione di Pagliuca e la arcinota uscita di Roberto Baggio per far posto a Marchegiani. Dopo la sconfitta con l’Irlanda e il pareggio col Messico nella terza partita, il Mondiale del Divin Codino svolta e diventa un romanzo. Il 17 luglio a Pasadena, però, l’atto finale col Brasile si conclude nel peggiore dei modi. Ma questa è un’altra storia, iniziata venticinque anni fa esatti quando in una sera d’autunno “l’altro Baggio” si prese la prima pagina.